A Ca Russa de Tascee

Quando c’è un’allerta meteo e arrivano come in questo periodo dell’anno, violenti nubifragi, qualcosa del nostro entroterra, frana, sprofonda o sparisce e con esso, se ne va’ un altro pezzo della nostra storia, quella recente o antica di mille anni, sparisce per sempre alla vista e poi dalla memoria, di una comunità, che dedica ben poco tempo e risorse per preservare il suo passato e il suo entroterra.

Con questo pensiero, sono andato dalla Ca Russa de Tascee, prima che salga l’acqua del fiume, prima che sparisca qualche altra cosa della storia di Varazze.

Arrivati in località S.Anna, si attraversa il ponte de Tascee, si lascia l’auto bici o moto e si scende, solo se si è escursionisti esperti, sul greto del fiume.

Edicola votiva presso il ponte de Tascee

Ho scattato molte foto prima di arrivare alla casa rossa, foto del Teiro e dei suoi laghetti, con un’ acqua limpida, che ti viene voglia di farci un bagno e poi di sdraiarti sopra una ciappa o sopra la rena, che il fiume accumula nelle zone di stanca, a fo asciugò e osse,

Lago de Preustin

Ma quello che mi attrae e stupisce sempre, ogni volta, sono i manufatti di pietra su pietra. Come quella casa rossa, dirimpettaia alla cartiera da Riva, miracolosamente ma stabilmente infissa su di una roccia, dalla sapienza umana, di chi avrà scrutato, magari per anni, una piena, dopo l’altra del fiume e deciso che quella casa l’avrebbe costruita proprio lì, attaccata ad quella roccia del Teiro, convinto che mai e poi mai, la furia delle acque l’avrebbero trascinata via!

Avrà utilizzato le pietre, di quella vecchia cava li’ vicino e poi tanto sudore e tanta fatica, ogni pietra la mano dell’uomo a incastrarla, spezzarla, adattarla e poi a fargli la camicia di calce, finire poi, con la tinteggiatura di un bel rosso scuro con le rifiniture bianche .

A Ca Russa

Forse una sfida verso la natura o verso chi, avrà osteggiato e dileggiato una simile bizzarria, chi sarà mai stato quel pazzo costruttore? Ma lei oggi è ancora lì, eretta, anche se oramai rudere, a ricordare chi l’aveva edificata, molti, troppi anni fa, in un altro mondo quello di una società la cui economia era basata quasi esclusivamente sulle risorse del territorio e con le attività lungo l’asta del Teiro.

Serviva terra da strappare alla collina de “Tascee” e una casa “rubava” troppo terreno alle coltivazioni. E allora ecco spiegato il perché, di tante edificazioni in posti scoscesi, impervi o poco soleggiati, anche perchè, in casa si stava ben poco, si partiva presto e si rientrava tardi la sera per un boccone e “pe daghe na schenò da seia a matin”.

Qui ci sono, in grandi quantità quella che reputo la mia “passione”, i muri in pietra di fiume e di cava, in questa zona sono possenti e vista la loro tipologia molto antichi.

Mi è solito pensare, chi erano le persone che li hanno costruiti che sono riusciti a posare in opera veri e propri macigni, ma di loro si è persa la memoria , nessuno sa chi erano e come sono state le loro vite.

Persa per sempre la memoria antica, stiamo perdendo anche quella più recente. Come il luogo dell’eccidio di Emilio Vecchia, si sa che lo avevano trucidato sul greto del fiume in questa località “de Tascee” e che quelli della S.Marco, avevano lasciato per un giorno intero, il suo corpo legato ad un albero a vista e a monito di chi passava sulla strada soprastante in direzione del Pero.

Mi raccontò il “Furmine” in una delle nostre chiaccherate sul Ponte Nuovo, di quella mattina del 24 novembre del 1944, mentre, insieme alla sorella transitava a piedi in direzione di Pero e S.Martino, udì delle voci alterate, provenire dal greto del Teiro e sporgendosi dal muretto della strada, vide dei militari che stavano legando una persona ad un’albero, per paura di esser visti, il Furmine e sua sorella si allontanarono, ma sentirono distintamente, i colpi di un’arma da fuoco, erano quelli che stroncarono la vita del giovane partigiano.

Una persona, uno che ha vissuto quel tragico periodo, Alessandro Risso “Penolle” parlando della guerra mondiale e dell’uccisione di Emilio Vecchia mi disse che fu fucilato davanti alla casa rossa, legato con un cavo da telefono, ad una verna, un’albero di ontano, cresciuto sul greto del fiume davanti alla Ca Russa. Questa versione dei fatti mi è stata confermata anche dalla signora Adriana Pisano, che abita alle Tascee nelle vicinanze della Ca Russa.

Su quell’albero, a guerra finita, fu affissa una targa commemorativa, persa e non più ritrovata, quando la pianta fu sradicata e portata via dall’eccezionale piena del fiume nel 1968

Eccomi nuovamente qua una seconda volta a far qualche foto a questo rudere, costruito solidamente sopra una roccia del fiume, quanta storia è passata sotto a queste finestre! Quante cose avrà sopportato questa casa, non solo i rombi di guerra, ma anche tutte le piene disastrose del Teiro. Ma chi l’ha costruita sapeva il fatto suo e questa casa è ancora ben aggrappata alla sua roccia!

Su questa pietra si basa il muro maestro della Ca Russa

Ora regna l’incuria e il degrado naturale, di un manufatto, destinato alla rovina, presto la vegetazione la fagociterà del tutto. Ma a Ca Russa de Tascee deve essere un luogo della memoria, per noi e per le future generazioni!

Nelle foto il probabile itinerario con le ultime cose che avrà visto, se era cosciente, quel giovane di vent’anni, prima di essere trucidato, dalla barbaria nazifascista: A “Cappella de S.Anna” e “Tascee” il lago di “Preustin” a diga e u “beo” e quella Ca Russa.

I suoi aguzzini lo stavano trascinando, lungo questa “fascia” verso il luogo prescelto per la sua fucilazione, sfinito dalle torture a lui inflitte nel luogo di prigionia che era al Pero in località Ca-Dana.

Legato mani e piedi all’albero dopo la fucilazione, fu lasciato lì, perché il suo cadavere fosse visto e essere da monito a chi transitava lungo la strada soprastante o erano arrivati a S.Anna, dopo che si era sparsa la voce dell’uccisione di Emilio Vecchia molto conosciuto in città.

Fu un’inutile barbaria uccidere un ragazzo di vent’anni, ormai la guerra era persa, ma un regime comandato da un pazzo criminale, continuava a uccidere chi combatteva per la Libertà dal fascismo e mandava a morire in nome della patria, tanti giovani mai più ritornati dalle loro famiglie.

L Italia aveva un’esercito dove erano arruolati a forza perlopiù contadini e boscaioli, perchè di buon comando e già avvezzi ad una vita tribolata.

Emilio Vecchia fu legato ad un ‘albero, che è poi cresciuto alto massiccio imponente, come è stata la guerra di liberazione!

Solo un’eccezionale piena quella del Teiro nel 1968 è riuscita a sradicarlo ma era già un’albero vecchio e malandato, altri alberi in questo punto dell’alveo del Teiro sono cresciuti e resistono da tanti anni alla furia dell’acqua, altri invece languiscono soffocati dall’edera, nessuna mano ha tagliato eliminato dal tronco di tanti alberi, quest’arbusto inutile infestante mortale, come lo è stato il regime fascista, che ha avvinto in un’abbraccio di odio e di ideologia di morte il nostro paese e pensare, che come per l’edera, anche per l’ideologia fascista basta poco, solo reciderla sul nascere.

Il 25 Apile di quest’anno, l’Anpi sez. di Varazze ha voluto commemorare il sacrificio di Emilio Vecchia, portando dei fiori, presso la Ca Russa de Tascee

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