
Anche quelli Sciu da Teiru primma o poi han piggiou un treno pe Sanna
Come non pubblicare le foto e scrivere un mio resoconto, dopo aver visto le immagini e aver letto il bellissimo libro “Celle e la Ferrovia” in immagini d’epoca 1859-2006. Disegni di Dino Cerisola, Grafica Antonio Ferro, Note Flavio Nebiolo, Ricerca Storica Luigi Venturino

Il libro mi è stato dato, in visione, da Monica Badano e Piero Perata, titolari della tipografia SMA di Cogoleto, che ringrazio di cuore, per avermi dato un’altra opportunità, di conoscere aspetti inediti o dimenticati, accaduti nella nostra città e anche di quelle limitrofe . Grazie!

Il successo turistico delle nostre cittadine rivierasche, iniziato nei primi anni del secolo scorso lo si deve alla ferrovia…… non solo per la rapidità degli spostamenti, ma anche e soprattutto per i bellissimi scorci di paesaggio, che si potevano vedere dai finestrini di un treno che transitava a bordo mare.

Cent’anni fa un viaggiatore in una carrozza ferroviaria, oltrepassata Genova Voltri in direzione di ponente, avrebbe distolto e abbandonato sopra il sedile il libro che con tanto interesse stava leggendo, per ammirare panorami di incomparabile bellezza, apparire e scomparire ad ogni galleria, specie quegli scorci di natura, che si possono ancora ammirare oggi, del Lungomare Europa, una scogliera, un arenile, le macchie di colore della ginestra o dell’erica, boschi di piante grasse, palme e poi come non ammirare gli imponenti manufatti, le gallerie scavate nella nuda roccia o rivestite con milioni di mattoncini e ancora le poderose massicciate a protezione dai marosi e le pregevoli muraglie con archi in pietra.
E quei piccoli caratteristici paesi di pescatori, attraversati dal treno, dove si poteva scrutare fin dentro le case, dirimpettaie alla ferrovia.
Io e quelli della mia generazione, studenti a Savona, siamo stati gli ultimi fortunati utenti della Ferrovia Litoranea, ad assaporare quelle sensazioni, non sempre così belle, ma comunque spettacolari, come quando, specie nel tratto Varazze Albisola, nelle fredde giornate invernali, il treno fendeva le onde delle mareggiate, che si frangevano sui binari, non di rado, se casualmente era rimasto un finestrino semichiuso, l’acqua entrava nello scompartimento, con urla e disappunto di chi si era bagnato.

In seguito, la presenza dei binari in mezzo alle case, i numerosi e pericolosi passaggi a livello il rumore ecc, non furono più tollerati e fu progettato ed eseguito, lo spostamento della ferrovia a monte, a binario doppio con la costruzione di scomode e decentrate stazioni ferroviarie.

Nel 1977 fu attivata la linea da Varazze fino alla nuova tribolata stazione di Mongrifone a Savona, da quel giorno, niente più panorami di incomparabile bellezza, apparire e scomparire ad ogni galleria.

Nei primi anni del 900 l’immagine più suggestiva di Celle, era il promontorio della Crocetta, dominava la città, era la classica foto cartolina, il castello, quella chiesetta arroccata sulla scogliera, la spiaggia sottostante con i turisti già al mare….. anche quel 10 giugno del 1940.

Quel giorno affacciato in piazza Venezia il duce spezzava reni a destra e a manca, portando un povero paese arretrato confuso dalla retorica convinto a bastonate e olio di ricino, verso una catastrofe umana mondiale
Passarono le prime tradotte cariche di soldati che andavano verso il confine francese, ordine del regime, serviva avere almeno un migliaio di morti, da portare in dote al duce, per avanzare qualche pretesa al tavolo della resa di Francia.

Cantavano, ridevano, quei giovani soldati, ignari di quello che era stato ordito a loro insaputa, canti, slogan e dichiarazioni d’amore, urlate da un finestrino, quando avvistavano qualche bellezza al mare o delle ragazze nelle strade delle cittadine attraversate dai treni.
Già dalle prime avvisaglie, si capì quanto fosse impreparata la nostra marina, tanto glorificata nelle poderose sfilate, vanto del regime, e volutamente tenuta lontana dalle acque della nostra regione, il 13 giugno non si accorse dell’arrivo di una squadra navale francese, che prese a cannoneggiare i depositi costieri di Vado Ligure, Zinola, Legino la zona industriale di Savona e Albisola, la città di Genova, fu risparmiata a seguito dell’intervento delle batterie costiere, che colpirono, senza affondarla, una nave francese.
L’unica risposta, furono alcuni siluri lanciati a vuoto dalla vecchia torpediniera Calatafimi, in questo scontro a fuoco, fu ingaggiato anche il treno armato nascosto nella galleria Castello ad Albisola, con grande e menzoniera enfasi fu data la notizia di questo primo vittorioso, scontro armato.
I treni armati, furono l’unica arma temuta dagli alleati e di conseguenza le località dove stazionavano, diventarono bersagli da bombardare.
Quelle tradotte, transitate baldanzosamente verso la Francia, tornarono mestamente indietro, cariche di feriti e bare. Furono circa 1200 i morti italiani durante “l’attacco infame”.
Nei paesi di mare, iniziarono ad arrivare gli sfollati, provenienti dalle città, si incrementò il fenomeno della borsa nera, si commerciava olio per avere la farina dal basso Piemonte, il sale era ricavato da improvvisate saline.
Quando la sirena dell’allarme aereo, posta sul campanile del convento di S. Maria della Grotta, iniziava a suonare, tutti si rifugiano nelle gallerie di S. Sebastiano o della Crocetta.
A questo punto i treni, anche ad allarme terminato, dovevano rallentare perché l’entrata in galleria doveva essere ispezionata da un ferroviere, che con la lanterna, doveva assicurarsi che nessuna persona fosse rimasta all’interno.

L’accesso alle gallerie, fu proibito e per far rispettare questo divieto, furono posizionate delle garitte, con le sentinelle che presidiavano l’ingresso.
Fu costruito un rifugio antibombe, presso l’hotel Excelsior e posizionate due batterie contraeree dislocate a Pecorile e nella Pineta Bottini.

Le colonie dei Milanesi e dei Bergamaschi visto il loro privato accesso alla linea ferroviaria, furono adibite ad ospedale e identificate con due grandi croci, dipinte sulle facciate, le Colonie Bergamasche, furono adibite nel corso del conflitto a prigione e centro di smistamento di antifascisti e renitenti di leva, verso il campo di sterminio di Mauthausen.
Gli abitanti di Celle e delle altre città rivierasche, cercarono i più disparati espedienti per tirare a campare, ci si abituò come fosse cosa normale all’economia di guerra e alle notizie che trapelavano dai vari fronti.
Nella vicina Varazze, sfilavano i giovani avanguardisti e il Grand Hotel era sede di feste e banchetti, in onore dell’alleato tedesco nei mesi estivi ci fu, nelle città costiere, il ritorno anche se in forma ridotta, di quel primordiale turismo estivo.

Ma le cose precipitarono dopo l’8 settembre, la guerra era finita persa per le potenze dell’asse dopo la disfatta in Africa e in Russia, specie per l’Italia un povero paese mandato allo sbaraglio, impreparato, disorganizzato, capace solo di contar dei morti, ma in un rigurgito di vana onnipotenza, per paura di un ventilato sbarco alleato sulla riviera di ponente, nelle nostre città fu incrementato il reclutamento anche di giovanissimi da addestrare per forgiare un’improbabile stirpe di eroi, furono dislocate ingenti truppe nazi fasciste, costruite imponenti muri antisbarco, con uno sperpero di finanze pubbliche.
Nella primavera del 1944 la V armata che era sbarcata ad Anzio, riprese ad avanzare sfondando la linea Gustav, Roma venne liberata restò solo la Linea Gotica a difesa delle pianure del nord Italia.

Si intensificarono i bombardamenti a partire dal 6 agosto tutta la nostra regione fu sottoposta a incursioni aeree, fino ad arrivare al fatidico 12 agosto 1944 quando alcune squadriglie di bombardieri B24 bombardarono Savona, Albenga, Vado e Varazze, ad Albisola nell’intento di colpire il treno armato, occultato nella galleria Fighetto, provocarono una strage di civili.

Gli aerei, provenienti da una base aerea in Corsica, sorvolarono le alture di Pecorile e poi con un’ampia virata, scaricarono le bombe, colpendo per una tragica concomitanza un treno passeggeri, che stava cercando rifugio proprio nella galleria Fighetto, una bomba perforò la volta della galleria e colpì le prime carrozze, morirono sette persone.
Il 15 di agosto del 1944, gli angloamericani sbarcarono in Provenza, mentre la V armata era ancora, per poco, impegnata a superare la linea gotica.
Arrivò il 24 aprile, la guarnigione tedesca di stanza a Celle, ripiegò verso Levante, per unirsi agli altri reparti dislocati a Varazze e insieme raggiungere le fortificazioni del Giovo Ligure.

La galleria della Crocetta, era stata minata per coprire la fuga e i tedeschi erano pronti per farla saltare, ci fu una trattativa con vari esponenti cellaschi, perché fosse risparmiata la chiesa della Crocetta, che era proprio sulla verticale del tunnel ferroviario, la situazione degenerò, quando le truppe tedesche convinte dell’inutilità di quella distruzione e in procinto di lasciare Celle senza dar seguito ai loro propositi, ebbero la notizia dell’uccisione di un loro commilitone.

A questo punto l’interprete italiano fu preso come ostaggio, riuscì poi a fuggire, i tedeschi ritornarono alla galleria Crocetta, collegarono i detonatori che nel frattempo erano stati messi fuori uso, fecero brillare le cariche e di quel bellissimo panorama ottocentesco, del promontorio della Crocetta, quando, la nuvola provocata dalla potente esplosione si diradò, non rimase più nulla.

Termina qui il resoconto, della lettura di questo libro, che all’inizio descrive i primordi della linea ferroviaria che transitava fra le case di Celle, dopo la parentesi della guerra con la distruzione della Crocetta, la lettura del libro continua e parla della ricostruzione, arriva ad un passato più recente con la nuova ferrovia, sono citati dati, fatti, luoghi, molto interessante.
La distruzione della Crocetta fu perpetrata per vendetta e per frustrazione.
Oggi le distruzioni continuano, non fanno rumore, ma deturpano cementificano, stravolgono paesaggi e centri urbani, in una folle rincorsa al massimo profitto, nulla sembra poter fermare questi scempi.
le foto del tratto ferroviario oggi Lungomare Europa sono dell’Archivio Fotografico Varagine.
