A Seisentu

Storie de zueni, de Sciu da Teiru

Durante l’escursione, sul monte Zucchero, mi sono imbattuto in quel che rimane di una gloriosa Fiat 600 prima/seconda serie, costruita presumo negli anni dal 1955 al 1958.

Dell’auto, cannibalizzata di tutto quello che poteva essere smontato, rimane solo uno scheletro, completamente arrugginito. Chissà chi erano i padroni di quell’auto e fino lì, chi ce l’ha portata, c’è arrivata con le proprie forze?


La Fiat 600, negli anni 70/80, era l’auto del papà, prestata ai figli, freschi di patente, per le loro prime scorribande, spesso, questa paterna cessione, era fatale per la carrozzeria e la meccanica dell’auto.


Nei fine settimana, quest’auto ceduta ai figli scavezzacolli freschi di patente, subiva una brusca metamorfosi, da utilitaria usata in settimana per recarsi al lavoro o a far compere, diventava un bolide cittadino ed extraurbano capace di sfrecciare ad alta velocità con stridii di gomme e motore su di giri, vettore di scorribande giovanili.


Come quella domenica mattina, quando io, Gianluigi e Roberto, partimmo da Sciu da Teiru, la mattina presto, per una giornata, sulle nevi di Prato Nevoso, un viaggio già avventuroso per chi imboccava negli anni 70 la micidiale Savona Torino .


L’auto una Fiat 600, era del papà di Gianluigi. Dopo Frabosa, una forte nevicata in corso, sconsigliava il proseguo del viaggio, soprattutto con un’auto come la nostra priva di catene a bordo.
Ma si sa coraggio e incoscienza a vent’anni non mancano mai e riuscimmo nell’impresa!


Le auto ” una volta” avevano dei veri paraurti, solidi in robusto acciaio cromato e così io e Roberto, in piedi sul quello posteriore, facevamo peso, per dare aderenza alle ruote.
Mentre l’auto avanzava abbastanza veloce fra sbandate e slittar di ruote io e Roberto aggrappati alla “bagagliaia” provammo l’ebbrezza della tormenta di neve, con l’aria gelida che entrava da ogni parte del nostro scarso equipaggiamento sciistico.


A volte quando le ruote comunque slittavano e l’auto non avanzava, ci coordinavamo verbalmente, con l’uno due e tre! Saltando insieme sul paraurti, aumentavamo l’effetto presa, delle ruote, su quel cospicuo strato di neve.
Quella gloriosa seicento fu una delle prime auto che arrivarono a Prato Nevoso quella domenica mattina.


Ma altrettanto infido fu il ritorno Gianluigi, perse diverse volte il controllo dell’auto in quella discesa, ma per fortuna nostra e dell’auto, le montagne di neve ai lati della strada attutirono quei colpi.
Un paio di giorni dopo il papà di Gianluigi rimase a piedi con la seicento per la rottura di un semiasse……..


Sempre di domenica, questa volta con un’altra Fiat 600, quella del papà di Giorgio, eravamo in direzione di Sassello, per andare a vedere una gara di motocross, insieme a noi Gianni, appassionati come tutti di fuoristrada tutte e tre avevamo lo stesso tipo di motorino, il Gilerino 50cc!


Arrivati sul rettilineo dei Giovi, tamponiamo a causa di una brusca frenata, l’ auto che ci precedeva.
Ci fu lo scambio di nominativi e i dati per la pratica dell’ assicurazione. Pochi i danni subiti dalla robusta 600 solo il parafango risultava schiacciato. Ma alla ripartenza, la ruota anteriore destra, quando si sterzava, toccava nel parafango.

Che fare? Decidiamo di raddrizzare il parafango per allontanare quella lamiera piegata dalla ruota.
Proviamo a far leva con un palo, trovato ai bordi della strada, ma la robusta lamiera non si raddrizza e allora….. brillante idea!


Trovate delle corde nel cofano dell’auto leghiamo il paraurti, al vicino palo in legno della linea elettrica, che correva di lato alla strada ……Giorgio va alla guida e innesta la retromarcia………
Vai tiraaa tiraaa!!. Ancora! Prendi un pò di rincorsa dagli dei colpi! Dai che va!..vai! vai!
Fermaaaaa ! Belin il palooo fermaaaaa!!.

Tutti intenti a guardar il paraurti, nessuno fece caso al palo della luce, che si stava pericolosamente inclinando!!


Per anni, arrivando sul rettilineo dei Giovi, non si poteva non notare, la stranezza di un palo di sostegno, di quella linea elettrica, vistosamente inclinato, verso il centro strada.
Il palo fu lasciato lì per molti anni, in quella posizione e ogni volta che si passava era lì a testimoniare il ricordo quel maldestro tentativo.

Riuscimmo comunque nell’intento e la gomma ora sfiorava appena il parafango quando l’auto faceva una curva stretta.

E poi c’era lei la mitica 600 famigliare era del papà di Antonio ed Angelo a volte era ad aspettarci quando uscivamo dalle scuole elementari.

Caricava tutti i bambini che abitavano Sciu da Teiru fino au Pasciu, eravamo in tanti tutti seduti stretti, U Rudina faceva diverse fermate per farci scendere.

Lascia un commento