
Na ca in mesu a un boscu cumme u ghe ne tante-
Questa casa è come quelle che si possono trovare nei nostri boschi e come tante altre, sta per essere inglobata, fagocitata dalla natura, instancabile, nella sua opera di riprendersi quello che l’uomo gli aveva strappato cento anni fa
Un baccu da funsi u l’è posò a na miaggia.
Mi affaccio ad una porta spalancata, all’interno è tutto buio nero come la notte, serve tempo per abituarsi alla mancanza di luce.
Quando la vista ritorna mi svela un ‘ambiente dove regnano sovrane la polvere e le tele dei ragni, che hanno avviluppato ogni cosa, sembra che tutto sia stato abbandonato, improvvisamente e i tanti oggetti d’uso quotidiano, sono ancora lì, pronti ad essere usati da un momento all’altro.

Un furnu di voi de buttiggia quattru careghe e na toa pe fo bisboccia.
Un forno vuoti di bottiglie e quelle quattro sedie, stanno a testimoniare di momenti di convivialità, vissuti fra queste mura, ancora solide ed eterne come tutti i manufatti in pietra e calce.

Ma nella bella stagione si stava bene insieme in una tavolata sotto a quel pergolato quasi del tutto crollato
Oggi tutto tace e anche in questo luogo è arrivato il silenzio delle storie e delle cose perdute per sempre.
Non c’è più amore per la nostra terra, per questa casa, perchè lo abbiamo perso?

La porta con il buco per far passare il gatto a caccia di topi.
Un fienile annesso alla proprietà, con le tavole di castagno, vecchie, di cento anni, contorte dal tempo, annerite dal tannino che comunque le protegge dagli insetti.

E che cosa si nasconde sotto quel cumulo di fieno arso dal sole con quella forma strana?

Erbui de uive fighi e scesce stranguè da lelua e poi tante fasce….cumme in tutti i nostri bricchi, perse in ti ruvei e in mesu a e brughe, prie che nesciun posia ciù

