
Ci vollero 3 giorni di cavalcata ad Aleramo, per circoscrivere questa zona del Piemonte, il Monferrato,cavalcando un destriero ferrato con quattro mattoni,

Tre giorni, non bastano per chi cumme mi u l’arive da u mo, per districarsi in questa zona, incisa da chilometri di stradine curve e saliscendi che portano a paesini e piccole borgate, in un suggestivo ambiente, con i filari di vite a perdita d’occhio e in questa stagione, belli da vedere con gli stupendi colori, nelle loro infinite varianti verde giallo e rosso.
E chi u l’arrive da Vase, abituato a vedde u mo, fatalmente si perde, in questo dedalo e sbagliar strada, vuol dire fare lunghi giri a vuoto, per poi ritrovarsi al punto di partenza.
Passo in mezzo a gruppi di case sparse e paesi avvolti in una nebbiolina, che offusca la vista di queste colline, ancora assonate, non c’è anima viva in giro, nessuno a cui chieder informazioni e pochissime le auto in corcolazione.
Telefono a Giovanni Ratto, che sono giunto a destinazione, almeno così mi ha detto il navigatore, indispensabile strumento di geolocalizzazione, impensabile arrivare in strada Praiotti a Nizza Monferrato, senza la guida di Google e pazienza se l’obbiettivo è ancora lontano 500 metri, l’importante è essersi districati, in quella immensa ragnatela viaria del Monferrato.
In questa zona sono pochi i filari di vite, qui prevale la coltivazione del cardo gobbo e in questo periodo si stanno ricoprendo le piante di terra, per prepararle all’inverno, nella cosiddetta fase di imbiancamento che rende la parte commestibile di questo vegetale, più morbida.
E’ l’inizio di una bella giornata, trascorsa con Giovanni Ratto, sempre cordiale e di buonumore, con i racconti del suo lavoro della sua vita in California, lui come molti altri giovani del nostro entroterra, molti nativi dell’Alpicella, emigrati in cerca di lavoro negli States, ma si parla anche dell’attualità delle cose che accadono in Italia e negli Stati Uniti.

Maya, una cagna, razza Shar Pei fa buona guardia e compagnia.

Una bella giornata, corroborata da una buonissima polenta, fatta con farina macinata al momento, condita con funghi e accompagnata da vino rosso.

La casa di Giovanni, si trova sopra una delle tante colline, tipiche del Monferrato. In un edificio distaccato c’è il ricovero attrezzi e laboratorio, una porta immette nel retro, dove all’aperto in un grande recinto, razzolano un centinaio di galline, al cospetto di una grande e suggestiva ex miniera di sabbia.

Entro nel recinto e subito sono attorniato da una marea di pennuti, che mi accompagnano a far alcune foto in questo insolito giacimento.

Qui lavori di generazioni di minatori, hanno asportato un’ingente quantità di inerti e scavato delle gallerie.


In una di queste, trovo alcune incisioni e una nicchia che sembra essere un tabernacolo, questa grotta era forse adibita per cerimonie religiose, visto anche l’incrocio degli scavi laterali che determinano una pianta a forma di croce.

Giovanni mi parla di alcuni rilievi effettuati con una particolare strumentazione all’interno di questi cunicoli

All’aperto la nebbia sui colli, limita la visibilità, ma da quassù nelle terse giornate invernali, si spazia dal Monviso, alla pianura Padana, Monte Rosa e al Monte Beigua.
Come in tutte le dimore di campagna, non manca nulla, per ogni tipo di attività dal mulino per macinare i cereali, agli attrezzi per ogni disparato impiego e per ogni lavoro.
Il lavoro, sempre presente nella vita di Giovanni, anche alla base della motivazione del suo trasferimento, dopo il ritorno in Italia, in questa terra de Munferra’
Ho conosciuto John Ratto, tramite i social, lui è venuto a conoscenza del mio interesse per l’entroterra e per il lavoro delle generazioni passate troppo o per niente ricordato e durante una visita parentale a Varazze, mi aveva prestato una pila di libri di storia e di cultura, della nostra città e della Liguria.
Oggi ho riconsegnato quei libri, da dove ho preso alcuni spunti per dei miei racconti.

Impossibile, in un post solo, parlar della vita di un ragazzo, classe 1937 che all’età di 17 anni, il 30 ottobre del 1954, partì da Genova con la sua famiglia a bordo della motonave Cristoforo Colombo e dopo nove giorni di mare e tre giorni di treno, arrivò ad Oakland in California, attraversando quegli insoliti immensi paesaggi, tra grandi cimiteri di carcasse d’auto, mandrie di mucche pianure sconfinate.
Poi l’attraversamento delle montagne rocciose, con quel treno funzionante a gasolio, sottoposto all’arrivo a Denver, ad un “treno lavaggio” per togliere tutto quel nerofumo appiccicato ai vagoni.

Il 12 novembre 1954, ci fu l’arrivo alla stazione di Oakland, con tutti i nostri parenti, già in terra americana, ad accoglierci ….questa è una parte di storia narrata da John Ratto, scritta nel suo bloc notes, che mi ha affidato, per poi un giorno farne un libro, che racconti la sua storia, comune a tanti altri giovani come lui dell’Alpicella e delle Faje, quella di un ragazzo, che lasciò la sua terra, amici, parenti e un amore giovanile, per emigrare negli States, per inseguire un sogno, poi divenuto realtà di realizzazione e di sicurezza economica.
Ringrazio Giovanni, della sua cortese ospitalità, della bella chiacchierata che abbiamo fatto e dell’opportunità che mi ha dato, affidandomi il suo manoscritto, di raccontare un altro pezzo di storia della nostra comunità.
E’ giunta l’ora del ritorno, mi ero prefissato un altro itinerario magari più corto, attraversando Acqui Terme, ma il navigatore implacabile, mi devia per l’A26 di Alessandria Sud, itinerario meno complicato dalle curve, tutto sommato una buona scelta, visto anche il mio stato fisico, con un persistente raffreddore in peggioramento.
Strada facendo ripenso alle parole di John, Giovanni nostro concittadino in quella lontana California, terra natia oggi di molti dei loro discendenti.

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