A Ca di Scopellin

Un secolo, fa chi transitava da Valoia, S.Luensu o vegniva da Muntò di Orbi, per a Muntà da Cappelletta, in direzione delle Faje, arrivato au cianellu de Campumarsu, udiva distintamente dalla soprastante zona de Gruppine il ritmico martellare dei piccaprie, provenire dalla omonima cava di ofiolite.

Qui sei o sette scoppellin, perlopiù di origine piemontese, nel periodo invernale, sgravati dai lavori du gran e da vigna del basso Piemonte, convenivano in questa zona, molto acclive ma ampiamente terrazzata, dove avevano la concessione pe sciappò e prie, specializzati nella realizzazione de prie pe i recanti de che e de ciappe da strada, quelle con le striature trasversali, antisdrucciolo, calpestate e consunte dall’uso, presenti in ogni centro storico delle città di mare, tra cui via Roma, nella grande Genova, che era il più importante committente di Scopellin de Gruppine

E prie de Gruppine sono presenti anche nel primo monumento, edificato a Quarto, in onore dell’Eroe dei Due Mondi.

Non si hanno altre notizie, di questa attività, quando ebbe inizio, né quali furono i contratti di concessione e nulla dei paesi di provenienza degli scalpellini.

A memoria del loro lavoro, ci hanno comunque lasciato uno dei più belli manufatti in pietra, presenti oggi sul territorio di Varazze, la Ca di Scopellin un capolavoro a suo tempo esibito con orgoglio a riprova della loro maestria.

Oggi chi arriva al cospetto di questa costruzione, in parte diruta, si accorge di essere in presenza di una tipologia di costruzione diversa dal solito, le pietre sono mirabilmente squadrate e recano incisi sulla superfice le striature che fungono da decori, incise con una precisa diagonale, perfetti, feti cun punta e massetta e tanta bravua.

Di fronte a questo vero e proprio capolavoro litico, è grande il disappunto di averne perso la memoria di quella che era un’eccellenza del nostro entroterra.

L’appuntamento con Gianluca Venturino, è a Campomarzio nei pressi della sua abitazione, ai piedi dell’imponente frana che il 23 novembre del 2019, si è staccata dalle Gruppine, ed è rovinata a valle, trascinando grandi massi travolgendo ogni cosa, anche un rustico di sua proprietà, furono solo alcuni alberi di alto fusto sopra la sua abitazione, che fecero da scudo a pietre e fango scongiurando la probabile distruzione della casa.

Tragedia vissuta in diretta da Gianluca quella sera alle 19.30, quando era uscito per controllare gli scoli dell’acqua, durante quell’infinito eccezionale temporale, si accorse anche al buio, che l’intero monte stava lentamente scivolando a valle evidenziato dal visibile spostamento di alcuni manufatti, di una grande cisterna in plastica per la raccolta d’acqua e di una baracca in legno che erano finiti addossati insieme a terra e pietre, ad un grande albero, che resistette per qualche minuto all’enorme pressione, per poi cedere di schianto

Gianluca riuscì miracolosamente a mettersi in salvo, ma il suo telefonino cadde nel fango, si mise allora ad urlare con tutte le sue forze alla mamma e sorella che erano rimaste in case di uscire di scappare di mettersi in salvo, perché la massa d’acqua fango e pietre stava per travolgere ogni cosa, ma per fortuna o per caso, l’enorme frana aveva oramai terminato la sua furia distruttrice, fermata definitivamente, grazie anche ad alcuni alberi divelti e trasportati dalla massa terrosa, che si misero di traverso al contatto con quegli alberi di alto fusto che sovrastano la casa di sua proprietà, formando una rudimentale diga, scongiurandone così la sicura distruzione.

Acqua e fango riuscirono comunque a distruggere la piscina che era nel giardino di casa e ad invadere gli interni.

Ascolto questo racconto e so per certo che cosa si prova quando succedono queste tragedie le stesse sensazioni e rischi da me vissuti, il 4 ottobre del 2010 quando via Scavino divenne un fiume in piena a seguito dell’esondazione del rio Riva e ci mancò un nonnulla per avere un più tragico bilancio con delle vittime , poco o nulla è stato fatto o si prevede di fare per scongiurare il ripetersi di un altro dramma similare.

Io a distanza di dieci anni ancora passo insonni le notti di pioggia a controllare il deflusso dell’acqua lungo via Scavino.

Gianluca qualche tempo fa si era offerto per accompagnarmi a vedere la Ca di Scopellin, gli telefono, visto la giornata ventilata e con sole velato, chiedendo se era possibile andare a vedere la casa, mi risponde affermativamente e ci accordiamo per l’ora.

Conosce molto bene questo territorio dove e nato e risiede, a Campomarzio, possiede alcuni immobili nuovi o ristrutturati, nella zona di S.Lorenzo, attualmente in vendita e un grande rustico, con un bel progetto per fare un agriturismo.

Per prima cosa decidiamo di fare un sopralluogo ai punti di distacco delle tre distinte frane.

Arriviamo con l’auto al termine di via Belvedere, la naturale prosecuzio della Muntà da Cappelletta, qui ci addentriamo in un fitto bosco misto, di castagni pini e con le incredibili eriche arbore, veri e propri alberi, mentre il selciato della mulattiera è colonizzato, in questo periodo dalle felci, sono le quattro del pomeriggio ma nel folto di questo bosco, sembra già arrivato il crepuscolo, avanzare in mezzo alla vegetazione è molto faticoso, molti i fusti di alberi che giacciono a terra, occorre scegliere bene di volta in volta quale gavigno de ruvei e brughe affrontare, per non restare bloccati, girovaghiamo per un po’ nel bosco e troviamo i resti di una teleferica con il cavo ancora in tensione, le carrucole e i portalegna .

Seguendo una bozza di sentiero, arriviamo sopra una balconata sotto di noi il dirupo, dove è ben visibile l’imponente distacco di uno strato di 3 o 4 metri di montagna che è scivolato in basso. Gianluca mi fa notare un gruppo di alberi, che hanno “camminato” per un centinaio di metri, per poi formare un boschetto più a valle, questa parte di frana pur essendo molto vistosa, non è quella che ha provocato il disastro, ma lungo la stessa direttrice, oltrepassato un boschetto, c’è stato un secondo fatale distacco, composto da terra e fango e grandi massi ha tranciato la tubazione dell’acquedotto.

Questo ulteriore apporto di acqua ha contribuito a innescare la grande frana che è rovinosamente precipitata a valle, in un determinato punto è visibile lo strato di roccia, molto acclive, che ha fatto da scivolo naturale a questo enorme smottamento.

Con i miei kg in sovrappiù, scendo e poi risalgo la ripida Muntò da Cappelletta, oggi via Primavera, una antica strada vicinale , dove il selciato è lastricato cun prie posè de costa e tutto il tracciato è delimitato da muri in pietra e altre pietre, infisse con la stessa tipologia di un sentiero megalitico, un’altra mirabile opera dell’ingegno e della fatica umana.

Questa viabilità permetteva di raggiungere da Valloia e da S.Luensu, le soprastanti località delle Faje, munte Grippin e proseguire oltre verso il Beigua, le sue praterie e boschi, per la fienagione, per il taglio e trasporto della legna, pascoli e commerci.

Seguendo a Munta’ da Cappelletta, arriviamo al cospetto di quello che stavamo cercando!

L’imponente cava di ofiolite e la Ca di Scopellin.

La costruzione è in parte diruta, invasa dalla vegetazione e colonizzata, anche al suo interno, da specie arboree.

Mancante della copertura, la casa è alla mercè delle intemperie e al degrado del tempo, un portale è già crollato, ma la solidità della casa e’ evidente e sembra non ci sia il rischio di ulteriori crolli.

E’ una classica casa colonica, con la parte ad uso abitativo, sopraelevata, accessibile tramite una scala esterna, ha le pareti interne intonacate ci sono i fori dei legni per il tavolato del pavimento e la nicchia per il lume, il vano a piano terra, diviso da un muro, era adibito a stalla, nel sottotetto invece erano probabilmente stoccati fieno e paglia.

In aderenza a questa abitazione vi è forse la parte più antica di questo complesso, quasi del tutto crollata, qui verosimilmente era effettuata l’attività dei scalpellini, con la squadratura e la scalpellatura ad uso ornamentale o antisdruciolo delle pietre cavate per uso stradale, ma anche sculture a bassorilievo e altre decorazioni a richiesta del committente, oppure per diletto in un momento di svago.

Questo ambiente doveva essere, sufficientemente ampio ma era soprattutto al riparo dalle intemperie.

La Ca di Scopellin è una bella testimonianza del lavoro, dell’abilità e delle capacità tecniche, un indubbio patrimonio storico delle arti e mestieri da preservare.

A questo punto con Gianluca facciamo una constatazione di fatto, poco sopra a Ca di Scopellin, c’è il punto di distacco, del terzo movimento franoso, che anche qua ha divelto piante e fatto rotolare massi, un seppu de castagnu, e’ stato capovolto e trasportato a poca distanza dal rudere……. in altre circostanze se invece da Ca di Scopellin ci fosse stato che so….. un luogo di culto….. si penserebbe subito ad un miracolo!

Un’intercessione divina che ha fermato la frana, prima dell’immane disastro, salvando quei ruderi e magari questo luogo sarebbe diventato, oggetto di devozione, avrebbe attirato torme di visitatori, pullman anche dall’estero!

Ma niente di tutto questo accadrà, a chi può interessare questa storia, appartenente al mondo del reale, quello da Ca di Scopellin?

D’ altronde mica erano dei santi quei piccapria, ma solo della povera gente come tanti di cui, colpevolmente, abbiamo perso la memoria.

Chi erano quelli che qui avevano lavorato con ogni condizione meteo, faticato tribolato, per portare a casa la pagnotta a delle bocche da sfamare?

Ma così vanno le cose in questo nostro strano paese, della Ca di Scopellin fra qualche anno nessuno si ricorderà più, finirà fagocitata dal bosco e i suoi muri e quelle pietre scalpellate ad una a una da na man d’ommu, ritorneranno a far parte di uno dei tanti muggi de prie, che si trovano senza nessuna spiegazione nei nostri boschi.

Vorrei citare arrivati alla fine, una frase di Paolo Cognetti, che descrive molto bene a mio parere come dovrebbe essere l’approccio a questi luoghi, pensare e provvedere alla loro conservazione dovrebbe essere parte di una comunità che vuol conservare la sua storia, strade cascine muri di pietra, tutti dotati di una propria sacralità, dove generazioni di nostri concittadini e non, ma sempre esseri umani, si sono spezzati la schiena, per lasciarci un mondo migliore

“……….serve che queste voci continuino ad esistere, nei nostri tempi di conformismo imperante, tecnologico, capillare. Ci ricordano, perlomeno che cosa ci viene amputato senza che ne sentiamo dolore, così anestetizzati: eliminare le zone di silenzio dalla nostra vita è come abbattere gli ultimi boschi per costruire dei supermercati, come radere al suolo una montagna per farci passare una strada. Servono esploratori che esaurite le terre sconosciute, vadano a cercare in quelle dimenticate, tornino ai luoghi che l’uomo abitava e ora non più. Un paese fantasma, una fabbrica abbandonata. Che cosa c’è lì, dove tutti sono andati via?” Un amore che nessuno si ricorda”. Servono libri che mettano in salvo quell’amore” Paolo Cognetti.

Gianluca mi fa partecipe di un aneddoto che gli aveva raccontato suo papà. Ad una quota più bassa della cava, nella zona di Campomarzio in una casa ancora oggi visibile dove, si era accasato un valente fabbro, u Fero’, al servizio in toto per gli Scalpellin de Gruppine e per tutti quelli che lavoravano la terra e che avevano bisogno di rinnovare, affilare o riparare l’attrezzatura da scavo, da taglio o da spacco.

Quest’uomo, di cui non si conosce il nome, diventò con il tempo una persona di massima fiducia dei scalpellin a tal punto, che il commitente, per non sobbarcarsi un discreto tragitto in salita fino alla cava, lasciava il pagamento, per i lavori effettuati, al fabbro.

Ma un giorno ricevuti quei soldi destinati a quelli che si erano ciecamente fidati di lui, sparì dalla circolazione, qualcheduno disse che la cosa era stata pianificata e che con i soldi carpiti ai Scopellin de Gruppine u Fero’ si imbarcò per l’America e non fece più ritorno in patria!

Con questo racconto tramandato da generazioni si conclude questa bella escursione sciu e su da Muntà da Cappeletta.

Si sta facendo tardi, ringrazio Gianluca della bella escursione effettuata e delle cose che grazie a lui ho potuto ammirare , insieme abbiamo condiviso un intero pomeriggio a ritroso nel tempo.

Ringrazio anche Vittorio Mantero, comproprietario della Ca di Scopellin, per ulteriori notizie avute, utili per completare questo post.

Lascia un commento