
Il 4 novembre del 1921, nell’Altare della Patria, fu tumulato il Milite Ignoto.
Ho un mio ricordo, legato al Vittoriano.
Del mio anno di naia, da settembre 1977 a ottobre 1978, non ho un buon ricordo, è stato un’anno da buttare, io non ho mai avuto vent’anni e a chi oggi, auspica il ritorno del servizio di leva, per “raddrizzare” le giovani generazioni, vorrei solo ricordare che fare il militare, non è solo divisa e disciplina, ma anche solitudine, sottomissione e disperazione.
Feci 650 km, per andare a imparare a marciare e dire signorsì al CAR di Ascoli Piceno, a ottobre fui inviato alla scuola di specializzazione della Cecchignola, a Roma, un’immensa, inutile città militare, a gennaio fui a trasferito a Bologna in un casermone, perso nella nebbia della campagna, qui a marzo, subimmo l’allerta militare dell’esercito, a seguito del rapimento Moro.
A novembre del 1977, ero militare a Roma, nella caserma Emanuele Filiberto, la famigerata SMECA

La mia compagnia, fu comandata per la guardia all’Altare della Patria, io fui tra i prescelti e feci due guardie all’Altare il 19-20 e il 24-25 novembre del 1977
Servivano dieci soldati e un sottufficiale, furono scelti quelli con la statura più alta, si iniziava alle 8 del mattino per 24 ore, con turni di un ora e quattro ore di riposo.
Ci fu un siparietto comico, quando per fortuna, prima di partire, ci fecero provare la divisa da libera uscita, quella che dovevamo indossare durante il servizio di guardia al Milite Ignoto, con i cappotti invernali che erano in nostra dotazione.
Era una scena fantozziana c’era chi aveva un pastrano di due taglie più grandi, da dove non fuoriuscivano le mani, chi come me, aveva le maniche che arrivavano a malapena al gomito !
Un’armata Brancaleone!
Ci fu uno scambio di cappotti, fra doi noi e chi non aveva trovato la taglia giusta fu esonerato dal servizio.
Ricordo ancora il lungo e freddo viaggio, verso il centro città, a bordo dei camion telonati

Disorganizzati, senza aver effettuato delle prove, fummo mandati allo sbaraglio!
Non ci fu impartita nessuna istruzione, di come fare il cambio della guardia, al monumento simbolo della Patria!.
Decine di turisti e spettatori, aspettavano il momento clou della loro visita al Milite Ignoto, pronti con la loro macchina fotografica ad immortalare la scena.
Quando fui di fronte alla guardia smontante, un marinaio, lui già esperto, mi suggerì sottovoce e con la mimica facciale, gli spostamenti da fare…….. fai un passo a destra……. poi avanti…….un passo a sinistra…….. dietro front……. saluto e riposo!

Fummo immortalati migliaia di volte, ricordo in particolare le torme di turisti giapponesi.
Poi c’erano quelli, molti italiani, che si mettevano in posa avendo noi , come sfondo
Per l’occasione, al secondo servizio di guardia all’Altare, portai la mia macchina fotografica, un ferrovecchio che faceva anche foto discrete, ma quel giorno non so che cosa combinai, non misi bene il rullino e così ho il grande rammarico,di non aver un ricordo fotografico di quel 25 novembre del 1977.
Era tassativo restare fermi, immobili, ai lati della tumulazione del Milite Ignoto, per ogni emergenza, potevamo solo premere un pulsante di allarme, posto alle nostre spalle, che faceva suonare un campanello al posto di guardia.

Ricordo il freddo di Roma, nelle ore notturne e quei bracieri sempre accesi ( ma con il buio la fiamma era abbassata) troppo lontani per scaldarci e in piazza Venezia, la pantera dei Carabinieri a guardia del monumento e per controllare noi soldatini.
Forse fu il vitto arrivato scotto e freddo, quella notte gelida, le concause del malore che colpi il mio collega, dall’altro lato, mi pregò di chiamare aiuto, prima di accasciarsi al suolo , premetti a lungo il campanello.
I carabinieri, a bordo della volante in piazza Venezia, accesero quasi subito il faro sopra il tetto dell’auto di servizio, puntandolo contro il posto guardia sguarnito.
Io rimasi fermo, chiesi se voleva aiuto, mi rispose di no e di restare al mio posto.
Continuai ad avere un riscontro vocale con lui, ma ero anche pronto a lasciar posto e fucile per andare a soccorrerlo
Arrivò il capoposto accompagnato da due guardie, una di loro si mise al posto del poveretto che fu sorretto e accompagnato al posto di guardia
Quel faro, puntato su di noi dalla piazza, si spense.
Subito dopo i carabinieri entrarono al Vittoriano e presero il nome del mio collega che fu denunciato.
Qualche giorno dopo, convocato dal colonello della caserma, dovette raccontare la sua versione dell’accaduto.
Finiti i turni di guardia, il solito camion ci riportò alla Cecchignola, passando accanto a due senzatetto, mentre stavano raccogliendo, con un cucchiaio dal cassonetto dei rifiuti, quel rancio freddo e immangiabile, che noi soldati avevamo gettato nell’immondizia.

Quell’anno con le stellette,i miei vent’anni, li conservo in una scatola.
