
Pe arrivò ai Armuzzi, se passa da U Punte du Rian dell’Ommu Mortu.
Il toponimo è raccapricciante! Sembra quasi voler dissuadere il viandante dal suo camin !
Quell’ommu mortu, si riferisce ad un episodio tragico, di cui si è perso memoria
Ma l’ambiente e uno di quelli più suggestivi del nostro entroterra.

U Rian dell’Ommu Mortu, è un susseguirsi di cascate e laghetti con un bel rumor d’acqua, udibile ben prima di arrivare alla sua vista.


Il Rian dell’Ommu Mortu e’ oltrepassato da un bel ponte ad arco, con annessa edicola votiva, dalla precaria stabilità (impressionante la sua pendenza destinata a sicura rovina!).

Questa località e’ chiamata degli Armuzzi, il toponimo deriva da armuzzu, arma, armisu, armussi, ovvero in dialetto volgare, riparo sotto roccia o capanno di montagna.

In questo ambiente molto antropizzato, sono presenti, in una zona impervia, immersa nella vegetazione, una serie di anfratti e ripari rocciosi, con notevoli presenze di muretti e “muggi de prie” testimonianze di antichissimi insediamenti umani, a mio parere non sufficientemente indagati.

E’ necessario procedere con prudenza visto il tappeto di foglie che nasconde alla vista buche e pietre sconnesse, in certi punti ci si accorge di camminare sopra a degli spazi vuoti.

Grandi terrazzamenti, canali per lo scolo delle acque, recinti per animali, mura di delimitazione e difesa, un tempo imponenti, ridimensionati dalla solita razzia di pietre, pratica comune in ogni zona dove erano i più antichi insediamenti umani.
La materia litica non mancava e questo è il nesso con quella che è la caratteristica principale di questo lembo del nostro entroterra: i manufatti in pietra cascine, abitazioni, ponti, strade, muri.
Da E Rocche altro toponimo di questa zona, si intravvedono nella vegetazione, oramai spoglia, in questo periodo dell’anno, ruderi di case, cascine ed essiccatoi per castagne, ne ho contato una decina di questi edifici, ma altri devono essere da qualche parte, persi nel bosco.
Ognuna ha il suo nome che deriva da chi l’ha costruita o abitata a Ca du Maggiu a cascina du Brascian ecc.

Questa zona gronda d’acqua, sono molteplici le vinvagne d ‘equa che erano convogliate verso l’Arpiscella dau u surcu du Gua.

Oggi è l’acquedotto di Savona che ha la concessione idrica e fa pervenire l’acqua captata, nella grande vasca sopra l’Alpicella, nei pressi di un telone blu, al disotto del quale giacciono, chissà per quanto tempo ancora, i resti del “Niccio du Bruxin” diruto a dicembre 2020.

Oltrepassato il ponte, ancora una cascina, sulla strada e altri terrazzamenti con edifici fagocitati dalla lelua.
Sarebbe bello e molto importante, ricordare il nome di tutti questi manufatti, perché non si perda la memoria, di questi insediamenti e del lavoro di generazioni, che qui hanno tratto il loro sostentamento e cresciuto dei figli.
Mi meraviglio, al cospetto di questo gruppo di case in pietra, di buona fattura con i loro intonaci colorati, tutte costruite seguendo l’andamento della carrareccia, questo denota l’importanza che doveva avere questa via di comunicazione .
In effetti non molto tempo fa, questa era la direttrice più veloce, per chi proveniva da Vase e doveva oltrepassare per commerci o altro il giogo dei Giovi.
Questa strada, una Via del Legno, trovava la sua naturale prosecuzione, verso Fo Lungo, costeggiando il fiume Teiro e mantenendo grosso modo, la stessa altitudine, raggiungeva il Giovo.
La costruzione di altre viabilità, nuovi commerci , ma soprattutto lo sconvolgimento economico e sociale perpetrato dai due conflitti mondiali, deposero per il decadimento e lo spopolamento del nostro entroterra,delle sue strade e delle sue abitazioni.

Restano questi diruti edifici, in memoria di chi, anche agli Armuzzi,aveva radicato la sua famiglia, tiò sciù na nio’ de figgi e sciàppo’ a schenna a cavò o a taggiò e rubelò di erbui.
Chi ha spianato u pra da Bellafia e costruito quella bella casa, colorata di rosa? Chi ha dissodato quel terreno e formato quei due enormi cumuli di pietre, risulta di un massacrante lavoro di bonifica, per rendere questo terreno coltivabile?
Chi ha anche manutenuto costantemente in buona efficienza, la “stra da lese” nome derivato dal più importante mezzo di trasporto, utilizzato nel nostro entroterra ?
Lese carighe de legnu, che da sti bricchi arrivavan a Vase, per esse travagiè da e ciunne e sere a nastru, dai banchè de Teiru pe fo de toe, taggiè cieghè e incioè dai meistri du Ciantè.

Se si osserva il selciato di questa antica strada, si può scorgere il segno lasciato dalle “lese” che hanno consumato i spigoli delle pietre .
Siamo al cospetto del severo del Bric Voltui, forse una licenza dialettale del termine voltaprie, voltatufiu volta pietre, volta tufo, oppure derivare dal termine voltor avvoltoio falcone, preferisco la seconda ipotesi, anche perché i versi di alcuni rapaci in volo, mi hanno tenuto compagnia durante tutto questo tragitto.
Sul Bric Voltui ho ambientato un mio racconto/leggenda.
Dopo la Ca da Bellafia, proseguendo la strà da lese, si arriva all’area di sosta del Piccolo Ranch, ma prima si incontrano altri toponimi
La strada passa al disopra de Prie di Furni, poi con un’irta salita oltrepassa la Rocca da Giusa e il Pizzu da Rocca, si arriva d un pianoro denominato Cian de Beiru, che spiana la strada nel grande prato de Cianzausu, continuando si oltrepassa lo stagno dove nelle serate estive gracida la Rana Temporaria, la rana rossa del Beigua e si arriva presso la bella ed attrezzata area pic nic,del Piccolo Ranch, già Cian de Moie

In questo lembo del nostro entroterra, l’elemento liquido, la fa da padrone, laghetti, rian, prese d’acqua, rigagnoli da guadare “smogge” con le inconfondibili tracce lasciate dagli ungulati.

Questa escursione, evidenzia, ancora una volta, che dove c’era abbondanza di acqua, un sentiero e poi una strada, l’uomo nelle diverse epoche, vi si è radicato e lì ha modificato l’habitat, per le proprie esigenze, costruendo cascine, abitazioni, ponti, strade, muri.
Itinerario consigliato, in auto verso la Ceresa,al bivio si prende a sinistra la strada per l’ex cava dei marmi, si parcheggia l’auto al secondo bivio ( quello dove ci sono dei grandi massi squadrati) e si prosegue a piedi per la strada di sinistra in leggera discesa, al successivo bivio si prosegue a destra verso il fabbricato dell’acquedotto.

Dopo una breve salita si arriva ad un valico dove la roccia è stata tagliata per allargare la sede stradale.
Ora il sentiero spiana e poi sale qui si incontrano le prese dell’acquedotto,si arriva agli Armuzzi attraversando U Punte du Rian dell’Ommu Mortu, restando a debita distanza dall’ edicola votiva pericolante da dove anche la Madonnetta per “precauzione” è stata tolta o trafugata.
Si prosegue, incontrando ancora diverse case e cascine e in circa 45 minuti si arriva all’area attrezzata del Piccolo Ranch.
Ringrazio per loro gradite informazioni i sig. Aldo Caviglia e Giovanni John Ratto.
