

Le batterie costiere della Punta d’Invrea sono inglobate nella scogliera, mimetizzate nella macchia mediterranea, qui particolarmente rigogliosa con dei bellissimi esemplari di succulente, agavi e fichi d’india.

Ma la meraviglia delle biodiversità in questo lembo di Liguria, comprende tutto lo scibile della flora mediterranea, mimusa, zenestra, lentisco, innumerevoli esemplari di parmetta, pin da pinò , un belu cipresso, ersci e molte altre piante di cui non conosco il nome.

Impressionante lo strapiombo da cui si intravvede una latrina “bellavista”

Suggestivo il panorama verso il mare aperto, visto da queste opere militari

U Scoggiu d’Invrea, con le pinete e uno scorcio del Lungomare Europa, dove si intravvede la galleria dei Pescuei.
Sotto di noi la piccola insenatura di Santu Cristo o Spiaggia della Marchesa.

Erano tre le batterie costiere di Punta d’Invrea, che facevano parte del Vallo Ligure, una di queste non è piu visibile, dovrebbe essere oltre una recinzione, da cui si intravvede un’abitazione.

Una ventilata possibilità, di sbarco alleato in Liguria, propugnata dallo stesso Churchill, fu propedeutica alla costruzione di grandi opere di difesa, passiva e armata, in ogni altura, promontorio e spiaggia, dell’intero arco ligure

Per realizzare queste opere, la Todt si avvalse del lavoro di prigionieri di guerra, di imprese e manodopera locale.
Dopo un paio d’anni, fu quasi completato il Vallo Ligure, che comprendeva bunker, casematte, batterie e piazzole.

Sulle spiagge fu eretto un muro antisbarco, dispositivi anticarro e i tobruk piccoli bunker, numerosi i POC Posto di Osservazione Costiera, alcuni di questi avevano sistemi di rilevazione trigonometrici ed erano anche centrali di tiro, in collegamento radio, con le batterie costiere e in questo tratto di litorale, era stabilito un contatto, con il treno armato, che si celava in una delle gallerie tra Vase e Arbisoa.
Tutti questi presidi sono stati costruiti in cemento armato e sono ancora ben conservati, nonostante l’incuria e lo stato di abbandono in cui versano, dalla fine del conflitto, volutamente dimenticati, invasi dalla vegetazione, come voler cancellare quel brutto e triste periodo con la seconda guerra mondiale che ha insanguinato tutto il mondo.

A mio parere, invece andrebbe preservata anche la memoria materiale dell’ultima guerra, solo quando si è al cospetto di queste grandiose opere in calcestruzzo, si ha la misura dell’enorme dispendio di risorse energie e di vite umane, perpetrato da un folle regime, quando nel 1943 sentendosi oramai braccato e in difficoltà su tutti i fronti, ancora si ostinò a costruir forti bunker, casematte e anche ridicoli deterrenti, contro lo strapotere delle forze alleate, deturpando, modificando per sempre uno dei più belle regioni della Patria, quella Patria troppe volte menzionata, ma solo per mandare al massacro generazioni di giovani, in una guerra inutile e ingiusta.
Le batterie di Punta d’Invrea, molto probabilmente erano armate con il cannone antiaereo Flak 38 di fabbricazione tedesca.

All’interno della piazzola, nel muro perimetrale circolare sono presenti otto vani adibiti a riservetta.

Il parapetto alto un paio di metri, offriva protezione ai serventi al pezzo, che in caso di necessità, potevano trovar riparo, in un locale adibito a rifugio, a cui si accedeva tramite una breve scalinata.
Sotto alla batteria centrale, è presente, ma interdetto all’accesso, il locale del Punto di Osservazione e direzione di tiro, di Canuin d’Invrea.
Consiglio l’approccio a questa zona solo se esperti escursionisti, adeguatamente equipaggiati, diverse sono le difficoltà e i pericoli, visto la quasi impraticabilità della zona a causa della vegetazione e agli inquietanti strapiombi a picco sul mare.
