A Gea de Puntabella

Puntabella a Vase e Capo Mimosa nel comune di Cervo, sono due bei nomi per denominare l’inizio e la fine della Riviera delle Palme.

Il bel nome di Puntabella non disattende le aspettative, dalla grande area di sosta si ha un’impagabile vista verso la sottostante scogliera e il mare aperto .

Ma se viaggiatori nel tempo fossimo capitati da queste parti un secolo fa non avremo fatto caso alle bellezze naturali.

La presenza di una grande cava di pietre dove era prodotta la rinomata Gea Neigra de Puntabella avrebbe attratto la nostra curiosità.

La roccia era staccata dal blocco tramite esplosivo e poi sminuzzata a colpi di mazza da decine di piccaprie un lavoro massacrante reso ancor più faticoso dalla particolare durezza di questo affioramento di serpentino .

L’uomo nelle sue attività modifica, spesso deturpa, l’ambiente e anche a Puntabella lo ha fatto, prima spianando una montagna sostituita poi con una vistosa discutibile cementificazione.

Le proprietà dei marchesi dell’Invrea comprendevano anche questa zona, dove fino agli anni 40/50 era in attività una grande cava di serpentino.

Gianni Vernazza mi racconta dell’esistenza di questa cava che produceva principalmente a gea grossa per la ferrovia.

Un’ingegnoso sistema permetteva di scaricare la ghiaia direttamente nella sottostante sede ferroviaria, facendola precipitare nella scarpata di Puntabella, e poi convogliata in una tramoggia fissata a quattro piloni in cemento.

Erano così riempiti i vagoni del treno merci che sostava tra le due gallerie Forno e S.Giacomo.

Oggi proseguendo a piedi seguendo il muro che delimita l’Aurelia versu Vase, si arriva all’apice di questo spuntone di roccia da dove la vista spazia a 360° verso il mare aperto, davanti a noi il parco e il Castello d’Invrea, alla nostra destra lo spettacolare ponte ad arco dell’A10 e sottostante fratello minore dell’Aurelia che scavalca il torrente Portigliolo

Numerose le vicende storiche che si sono succedute in questo biglietto da visita della nostra città.

Qui gli ingegneri stradali romani, si arresero alla sola vista del scoglio d’Invrea e scelsero la via dei bricchi per arrivare a Ad Navalia

Naturale confine sud del Latronorium, la decantata selva oscura che avviluppava il fondovalle dell’Arenon, terra di briganti e di animali selvatici, luogo infido e pericoloso, che forse ha ispirato il sommo poeta, per comporre il cantico dell’Inferno.

Terre inospitali ottimi nascondigli per briganti e pirati che proprio alla foce del Portigliolo avevano i loro covi.

Dall’alto di Puntabella, si notano in basso i resti di quella zona malfamata, che divenne poi una piccola borgata, con una famosa fabbrica di gallette per marinai.

Oggi questi edifici storici sono invasi dalla rumenta e dimenticati da una comunità, distratta e poco interessata alla sua storia.

Visibile dal greto dello Sportigliolo i resti del ponte, di epoca medievale che rivoluzionò e rese più fruibile la viabilità in direzione della nostra città.

Qui sbuca l’Invrea l’ex galleria del treno scavata nel serpentino d’Invrea pietra compatta e impermeabile.

La grande curva parabolica è stata testimone/causa di innumerevoli incidenti stradali e di qualche grazia ricevuta, una di queste resa materiale dall’edificazione di un pilone votivo.

Ma questa è un’altra storia che sarà oggetto di un prossimo post.

Ringrazio Gianni Vernazza per le notizie storiche di questa zona della nostra città.

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