A Nevea de Prie Russe

25 maggio 2020.Oltrepassato il prato delle felci, sempre proseguendo in discesa, si arriva ad un boschetto di faggi, Francesco è sicuro che la zona è questa e dopo alcuni minuti di ricerca, eccola “A Nevea de Prie Russe!”

E’ più grande di quello che mi sarei aspettato di vedere, ha le forme di una cisterna, con un diametro di almeno tre metri la profondità stimata, visto il tappeto di foglie e terra presenti sul fondo, sarà non meno di cinque metri.

In alto ben conservato è visibile il canale di immissione della neve, manca una porzione di muro, demolito in tempi recenti, per estrarre un toro caduto all’interno della neviera, l’opera muraria non è stata più ripristinata e così oggi è possibile scendere, lungo la discesa, creata per far uscire l’animale e raggiungere il fondo.

Dal basso si notano altri particolari, l’ottima esecuzione della muratura e i fori lasciati nei muri, che erano funzionali a sorreggere una scala in legno, solitamente nelle vasche, costruite per approvvigionamento idrico, erano posizionate delle pietre sporgenti, che fungevano da scala, ma nella neviera, probabilmente, avrebbero ostacolato l’utilizzo della copertura mobile in legno e paglia.

Mi meraviglio sempre di fronte a dei manufatti in pietra, ma questo è veramente mirabile, dalle dimensioni ragguardevoli, immagino l’immane lavoro fatto per costruire questa cisterna, in primis lo scavo che per ovvie ragioni doveva essere molto più grande, delle dimensioni finali e poi le pietre trasportate e messe in opera a secco, dopo aver costruito una struttura circolare con pali infissi nel terreno, come armatura.

Chi erano gli uomini, quelli che l’hanno costruita? Dispiace aver perso la trasmissione generazionale storica di quest’opera, meritevole di valorizzazione e soprattutto da conservare per il futuro, un altro patrimonio del nostro entroterra!

La neviera de Prie Russe è una tipica neviera dell’appenino ligure, dove la neve, compressa e immagazzinata, restava in attesa della stagione calda, quando serviva per la conservazione degli alimenti e per uso medico.

Il trasporto della neve come raccontato dagli anziani era effettuato tramite “le corbe” da trasportare a spalla fino alla sottostante “stra de lese”, le corbe erano rivestite all’interno con la “natta” il sughero dell’omonima località di Celle, che fungeva da coibente per ritardare lo scongelamento, portata in piazza alle Faje era caricata sui carri e trasportata in città.

L’usanza di impiegare neve e ghiaccio, delle nostre montagne, per raffreddare le bevande sulla tavola delle famiglie più facoltose e per la conservazione delle cibarie nei conventi, era divenuta piuttosto comune in Liguria soprattutto tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo.

Il commercio della neve a Genova era un’attività importante, al punto che nel 1625 la città di Genova applicò un’imposta sull’importazione della neve.

A Genova c’erano diversi magazzini di stoccaggio di questo bene un antica usanza che ha lasciato come ricordo il nome a una via del centro storico della città, il Vico della Neve.

A questo punto per il ritorno raggiungiamo l’ex strada Faje Prato Rotondo o quel che rimane di una bella viabilità panoramica non eccessivamente ripida, percorsa innumerevoli volte in sella alla mia montain bike, un tempo era possibile raggiungere Prato Rotondo anche in auto, con un fuoristrada o con un’auto “da battaglia”.

Oggi la strada a seguito di frane e dilavata dall’acqua è percorribile solo a piedi.

Ringrazio Francesco Canepa, amico, collega e del 58! che mi ha accompagnato a vedere questa opera testimone silente, abbandonata in un bosco ma significativa del lavoro e della storia delle nostre genti.

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