
Quando ho pubblicato l’elenco delle chiese, del territorio del comune di Varazze, ho scritto che non era e non poteva essere, un resoconto esaustivo e completo dei luoghi di culto religioso, altri potevano celarsi, a mia insaputa.
E’ così è stato, dopo aver letto il mio post sulle Giescie de Vase, con un suo post, Giovanni Ratto (John Ratto), mi informava, che nella zona del Bin, località a metà strada fra Alpicella e Faje, dell’esistenza di un anfratto naturale, chiamato la Giescia dei Tanizzi.
Non potevo non andare a cercarla!

Ho allertato telefonicamente, il mio collega Piero, che abita nella località Vallerga, dirimpettaia all’abitato di Alpicella e guarda caso, lui aveva dei parenti nella località Carega, poco lontano dai Tanizzi e mi risponde che conosce bene quei posti, per esserci stato da ragazzo e recentemente con suo figlio, sa dove si trova la Giescia.

Detto fatto, lo stesso giorno della telefonata, nonostante il cielo minacci pioggia, ci avventuriamo, lungo un pendio, molto acclive, contrassegnato da molteplici carcasse, di alberi caduti, causa vento o soffocati dall’edera,( questa pianta parassita sta piano piano sostituendo l’apparato fogliare degli alberi nei nostri boschi)

I tronchi abbattuti, sono di discrete dimensioni, anche difficili da oltrepassare, il sottobosco di foglie secche, rese umide e scivolose dalla pioggia, che inizia a farsi insistente e il pendio molto accidentato, obbliga a cercare in continuazione, rami, e piccoli alberi da usare come presa, per riuscire a stare in piedi, nonostante questa accortezza, faccio un bel ruzzolone, senza conseguenze fisiche, me la cavo con solo, lo stampo della terra sui pantaloni.
Non bisogna fare molta strada, per trovarsi al cospetto di un enorme blocco di scisto, colonizzato dal muschio e dal capelvenere, poi oltrepassate questa parete rocciosa e altre carcasse di alberi, si arriva al cospetto di una meraviglia della natura!

Piero mi guida verso l’entrata della Giescia dei Tanizzi, superando ancora un’ultima pianta sradicata, ci si trova all’interno di una grande spianata di forma rettangolare, con diverse piante cresciute aggrappate alle rocce, con un piccolissimo strato di terra per l’apparato radicale.
La Giescia dei Tanizzi è delimitata sui quattro lati, da rocce colonizzate, anche qua, da muschi e capelvenere, con una parete alta almeno una decina di metri.
Da questo gigantesco monolito, chissà quando, si è staccata un enorme porzione di roccia, di forma perfettamente rettangolare, che è scivolata per una decina di metri verso valle, formando in questo modo, un’ambiente che lascia sbalorditi per il suo regolare perimetro, fa subito pensare ad un’opera umana, visto la linearità delle pareti, che delimitano questo anfratto.

Ma è stata la forza della natura forse un movimento tellurico, l’acqua che si è insinuata tra le crepe di questa strana roccia, fatta a strati come se fosse un muretto a secco, poi il ghiaccio, che ha creato delle fessurazioni, provocandone il collasso.
Un’ambiente molto suggestivo megalitico, frequentato, forse abitato, dai nostri antenati, molte sono le testimonianze della presenza umana, nell’entrata verso valle, sono discrete le tracce di un cumulo di pietre, probabile residuo di un muro, che chiudeva questo accesso.
Altre pietre fanno da base alla seconda apertura, quella che molto probabilmente era la porta di accesso alla Giescia dei Tanizzi.

L’ambiente esterno è cosparso di piccoli terrazzamenti, muri a secco come per delimitare alcune zone, questa è un’area poco studiata o forse sconosciuta non analizzata da chi studia gli insediamenti umani.
Ma chi erano queste persone, che qui costruirono dei manufatti e trovarono rifugio nella Giescia dei Tanizzi?
Si possono fare diverse ipotesi, poteva essere una dimora fissa dei primi abitanti del nostro entroterra o saltuaria di qualche tribù errante, forse un rifugio per lebbrosi o di chi era contagiato dalla peste.
Ci fu un periodo, dove in questo recinto naturale, erano radunati degli animali.

Due gigantesche pietre piatte, formano una specie di ponte, che attraversa un rio, insieme a Piero, le sistemiamo, usando delle pietre come spessori, scongiurando per il momento, una sicura rovina di questo ponticello.
Ma perché questo luogo è chiamato Giescia dei Tanizzi?
Forse si svolgevano delle messe o altri culti religiosi?
Tutto può essere, questa apertura tra le rocce, può tranquillamente contenere almeno un centinaio di persone, ed è fattibile e relativamente facile, costruire una copertura, ancorando delle travi in legno tra le rocce e poi altre come tamponamento per proteggere le persone, qui convenute, dalla pioggia e dal freddo.

Oppure molto più probabilmente le persone si ritrovavano per pregare in questo luogo per qualche motivo, non tramandato dal passaparola generazionale o semplicemente perché questo luogo così suggestivo e megalitico ispirava la devozione cristiana e prima erano forse dei culti pagani ad essere qui officiati.
C’è un’altra ipotesi, è probabile che la Giescia dei Tanizzi fosse un lazzareto, dove erano confinati i lebbrosi arrivati al cospetto degli antoniani della chiesa dell’Alpicella, che potevano con la carità cristiana e i loro unguenti, lenire le pene di quei poveretti.
Sarebbe interessante indagare anche sul toponimo Tanizzi, forse una parola composita, nell’idioma dialettale.
Tanussu, in ligure, è riferito agli abitanti della città di Loano, chissà forse una famiglia ingauna si era insediata in questa porzione di territorio.
Potrebbe anche derivare da un’assonanza dialettale, con la parola canizzi, soffitto di canne, che in questo caso supportato da lunghi legni, poteva fungere da tetto e offrire riparo in mezzo a queste rocce.

Un tetto per proteggere il bestiame, fu costruito nel corso della seconda guerra mondiale, per tenere all’asciutto e ben nascoste, mucche e maiali che potevano essere requisiti dai nazifascisti.
In questo luogo, forse furono benedetti gli animali qui rifugiati, come la tradizione vuole, il 17 gennaio festa di S.Antonio.
L’allevamento del bestiame era fonte di sostentamento per la gran parte della comunità dell’Alpicella.
Sempre depredata, dalle soldataglie di passaggio.
La Giescia dei Tanizzi non è da annoverare nella conta delle chiese di Varazze, manca di quei simboli che la identificano come luogo di culto, anche se non è da escludere l’officiazione di riti religiosi

Assolutamente sconsigliato avventurarsi senza una guida, in questo luogo, sbagliando il punto di entrata nel bosco, si rischia di arrivare, al bordo superiore della Giescia dei Tanizzi, con il rischio di cadere nel vuoto.

Voglio ringraziare chi ha reso possibile questa descrizione di un luogo suggestivo, poco conosciuto del nostro entroterra. Giovanni Ratto ( John Ratto) e il mio collega Piero Sala, che mi ha accompagnato in questo suggestivo luogo.
Nota dell’autore
Gli articoli sono di libera fruizione e possono essere utilizzati in copia, previa comunicazione e citando la fonte, in alcun modo ne deve essere modificato il testo.

complimenti.. bel reportage!!
"Mi piace""Mi piace"
Grazie!
"Mi piace""Mi piace"