di John Ratto

Prefazione di Giuan Marti
Furono le comunità contadine e dell’economia del bosco, che fornirono tante troppe giovani vite, immolate per quella cosa, impropriamente chiamata patria., intere famiglie, travolte dalle conseguenze di una guerra inutile, che portò solo morte e miseria in un territorio fragile come quello del nostro entroterra.
Anche padri di famiglia che lasciarono le loro case, la famiglia, gli affetti, per andare a combattere una guerra contro altri loro consimili, anche loro contadini e boscaioli.
Carne da macello, scampati ai primi anni di guerra ma destinati a sicura morte quando iniziò la campagna di Russia, colti dalla disperazione, alcuni di loro non esitarono ad amputarsi le dita di una mano o farsi estratte tutti i denti, pur di continuare a vivere e veder crescere i loro figli.
Furono tre le ondate migratorie a partire da metà 800 dall’Italia verso l’America del nord e latina.
I parenti e conoscenti, già oltre oceano, nel secondo dopoguerra, potevano garantire lavoro e benessere a chi voleva seguire il loro esempio, abbandonare i paesi natii, per migliorare le condizioni di vita di figli e famiglia,
Giovanni Ratto, ha scritto questa “Storia comune ma non tanto”, che racconta di un ragazzo come tanti, partito, anni fa da un paesino dell’appenino ligure.
E’la storia di un ragazzo, classe 1937 che all’età di 17 anni, il 30 ottobre del 1954, partì da Genova con la sua famiglia a bordo della motonave Cristoforo Colombo e dopo nove giorni di mare e tre giorni di treno, arrivò ad Oakland in California, attraversando quegli insoliti immensi paesaggi, tra grandi cimiteri di carcasse d’auto, mandrie di mucche pianure sconfinate.
è descritta una bella giornata, trascorsa con Giovanni Ratto, sempre cordiale e di buonumore, con i racconti del suo lavoro della sua vita in California, lui come molti altri giovani del nostro entroterra, molti nativi dell’Alpicella, emigrati in cerca di lavoro negli States, ma si è parlato anche dell’attualità delle cose che accadono in Italia e negli Stati Uniti.
Prima di congedarmi, mi ha affidato il suo block notes, dove ha scritto questa storia, per essere digitalizzata e mi ha autorizzato alla sua pubblicazione, da effettuare a puntate sui social.
Una Storia Comune ma non tanto.
di John Ratto
Prima parte.

Giovedì 21 ottobre 1937, al fischio della sirena di mezzogiorno, in uno dei paesini più anonimi dell’appenino ligure, nasceva un bambino molto affamato (e questa caratteristica lo accompagnerà per tutta la sua vita!)
Terre di contadini, terre tanto povere, che non si sapeva che cosa erano i rifiuti e gli unici scarti, finivano nel concime.

Terre povere e povera gente, eravamo tutti accomunati in questa condizione sociale e non si sapeva di esserlo.
La vita in quel paesino era molto semplice, la gente si accontentava di niente, ma nel resto del mondo stavano mutando gli scenari.

Il mondo intero cercava di uscire da una grave crisi economica e si stava preparando, inconsapevolmente, ad un’altra grande guerra.

Le tristi conseguenze di quella guerra che divampò negli anni 40, arrivarono anche in quel paesino sperduto dell’Appenino e cambiarono la vita, anche a quel bambino, sempre troppo affamato.
Quel bambino, con l’innocenza della sua età, non poteva rendersi conto del dramma che incombeva, aveva appena due anni, quando suo padre fu richiamato alle armi.
Erano molti i papà, che dovevano lasciare la propria famiglia, i propri affetti, la propria casa, per andare a combattere, una storia comune come tante.

Il conflitto lasciò devastazione e miseria, molti se ne andarono da quella Patria che tanto lutti aveva creato.
Fu così che nel 1946, anche quella famiglia, fece richiesta di emigrazione negli States.

In quegli, anni in Italia, nel secondo dopoguerra, iniziò la ricostruzione, si ritornò a lavorare la terra, ci fu il boom dell’edilizia e nei numerosi cantieri c’era molta richiesta di mano d’opera, soddisfatta dall’apporto di lavoratori del nostro entroterra.
Quel bambino cresceva, in questo nuovo clima sociale, di speranza per il futuro, ricorda le prime innovazioni tecnologiche e i primi oggetti del consumismo, come la radio, presente in ogni casa e qualche anno dopo i primi grandi televisori.
I parenti, che erano emigrati in America, mandavano dei pacchi, con i prodotti, dalla California e quel ragazzo ricorda ancora, lo strano odore di quegli imballaggi d’oltreoceano.

Oramai zuenotto, imparò a ballare e ad avere le prime cotte, come si diceva una volta.
E a quella domanda di emigrazione, nessuno pensava più, chissà che fine aveva fatto e dell’America ci si ricordava solo, all’arrivo dei pacchi.
Aveva preso a frequentare una ragazza, stava bene con lei e insieme facevano progetti per il futuro.
Ma nei primi mesi del 1954, arrivò quella lettera dal consolato degli Stati Uniti, con il nulla osta all’emigrazione.
Fu un fulmine a ciel sereno! Proprio ora che aveva quel giovane amore!
Ma il ricordo della miseria, patita dalla sua famiglia, nel periodo bellico, era ancora viva e in famiglia, mica si chiedeva l’opinione di una moglie e tanto meno di un figlio.
Era la fine di ottobre del 1954 quando quella famiglia, si imbarcò sulla motonave Cristoforo Colombo, per la rotta Genova-New York.
continua
foto dal web e Archivio Fotografico Varagine
