
U Muaggiun
Sono ritornato a cercare, ciò che rimane di quel muro megalitico, uno dei tanti posti, frequentati da noi bambini degli anni 70, liberi di scorrazzare nei boschi sopra casa o lungo gli argini, non ancora cementati del Teiro.

Di quel muro, lungo il pendio du briccu da Castagna, emergono solo poche pietre, perché è stato quasi del tutto sotterrato, dalla risulta di scavo per il pilone autostradale.
Chissà chi aveva costruito questa grande opera, trasportando pesanti pietre, lungo l’ acclive crinale della collina.

Quella muaggia aveva il profilo a gradoni molto alti, questo particolare, lo ricordo bene perché noi bambini, non riuscivamo ad avere un passo tale, da riuscire a salire, come si fa normalmente con una scala a gradini.
Era largo almeno un metro e seguiva l’andamento del crinale, nella sua parte superiore in prossimità di una strada, se ne perdevano le tracce è molto probabile che le pietre mancanti,sono servite, per costruire a Ca du S. Martin.
Un ipotesi fanciullesca, era che il muro avesse una funzione religiosa e che sulle sue pietre si facessero sacrifici anche umani !
Oggi, visionando una antica cartina della zona, riprodotta in un libro di storia locale è evidente che il muro delimitava in epoca medievale, il mandamento di Casanova, separandolo dalla giurisdizione di Varagine.

Un peccato aver perso per sempre quest’opera storica, frutto del lavoro e della fatica dei nostri predecessori.
Anche questo manufatto, destinato all’oblio è poi scomparso definitivamente, liquidato in fretta e con il cinismo imperante che permea la nostra epoca, con un laconico ” u l’è sulu un muggiu de prie”
U Miraculu di Ersci
Alla base di quel muro megalitico, durante il secondo conflitto mondiale era stata posizionata un’arma antiaerea, la roccia fu scavata per avere un discreta piazzola, alle spalle, ancora oggi visibile, c’è quel che rimane di un’anfratto, in parte crollato, forse un rifugio o la riservetta di munizioni.
In quella piazzola a metà degli anni 60, noi bambini, costruimmo una delle nostre tante capannette, sparse per i boschi.

Ma questo spiazzo creato fra le rocce, a fine anni 80, fu il luogo di atterraggio di un’auto, che volata fuori dalla soprastante sede autostradale, il Viadotto Teiro Nord, si capovolse urtando contro i ersci, querce, sottostanti, le quali rallentarono e deviarono, con la rottura di alcuni grossi rami, la traiettoria della vettura, facendola arrestare in una posizione molto particolare, capovolta con le ruote all’aria.
Ma nonostante quel volo, di almeno sessanta metri, il malcapitato conducente, soccorso dai militi della Croce Rossa, accorsi sul posto, fu estratto da quell’amasso di lamiere praticamente illeso.
Mi sovviene pensare, che quegli alberi, che lo avevano salvato, erano stati oggetto di una disputa tra noi amici, molti anni prima.
Il contendere era, se tagliarli per avere più visibilità o lasciarli a scopo mimetico.
Prevalse la seconda tesi e così quei ersci, scampato il pericolo del taglio, una ventina d’anni dopo, salvarono la vita a quel malcapitato volato giù dal ponte.

Una sorte diversa, subirono gli altri alberelli, in quella piazzola, che non furono risparmiati, ma tagliati e sradicati, per costruire il nostro rifugio, nella dinamica dell’accaduto, questa fu una seconda circostanza favorevole.
L’abitacolo dell auto, che precipitò dal viadotto, fermò la sua corsa proprio dove avevamo costruito la capanetta, e non fu deformato dalla presenza di alberi, perchè eliminati, da noi bambini, molti anni prima,
Poi purtroppo si cresce e si abbandonano per sempre quei luoghi dei nostri giochi e passatempi.
Conservo un bel ricordo di quell’età, sempre alla ricerca di nuove avventure, bosco, fiume e altri posti, oggi irraggiungibili, dopo di noi, solo ruvei e brughe.

Quelle piante, dopo una ventina di anni, cresciute indisturbate, robuste e flessibili, hanno salvato una vita, rallentando la caduta dell’auto, ma anche e soprattutto l’assenza di alberi in quella piazzola, nel punto dove l’auto è atterrata, ha fatto si che l’abitacolo restasse indenne.
Ricordo i giorni seguenti con l’autogru, che recuperava l’auto, c’era una vera e propria processione di persone, che alla vista del posto e conosciuta la dinamica dell’accaduto, gridarono al miracolo!
Come sempre succede quando le cose sono difficili da spiegare, si grida al miracolo.
Se miracolo deve essere, lo si deve a quei ersci, che sacrificarono alcuni rami, per far si che un’essere umano potesse vivere…ma nessuno li ha mai ringraziati.
Fu solo una sequenza di circostanze fortuite, la velocità dell’auto, lo scavo di quella postazione bellica, un gruppo di amici con la fissa di far capannette che determinò il lieto fine di quell’eccezionale accadimento.
Quante cose, concatenate fra di loro, accadono senza che noi ce ne accorgiamo e che rendono imponderabili le circostanze della nostra vita.
