U Beo de S.Giacomo

Dicembre 2021

Una mirabile opera idrica, lunga ben 4.800 metri, fu scavata a mezza costa dei versanti, che degradano verso il torrente Arrestra, verosimilmente nel XIV secolo, per irrigare quella grande terrazza naturale dei Piani di S.Giacomo.

A partire da un’invaso naturale, che forma il torrente Arrestra in località Bossareo – Mugiarina, in sponda destra del fiume, fu scavato un beo, canale d’acqua che seguendo i frastagliati contrafforti dei Bric Berlese, Meazze e Beffadosso dopo circa 5 chilometri raggiungeva la zona prativa e coltiva dei Piani di S.Giacomo.

Facciamo un salto indietro nel tempo in quel vasto territorio dai Piani d’Invrea ai Piani di S.Giacomo.

 Fu Maria Del Bosco, che il 9 febbraio del 1192 donava a fra Damiano della Badia di Tiglieto, il vasto comprensorio detto del Latronorio, che comprendeva, la Punta d’Invrea e la valle dello Spurtigiò, perché vi edificasse una chiesa, che sarà poi S.Maria in Latronorio, un convento, ed un’ospedale.

La donazione in realtà fu una dannazione! Troppo arduo debellare il crimine da quella zona malfamata che in alcune carte topografiche dell’epoca era chiamata Sodomia, periglioso anche il navigare in quelle acque con le scorribande dei pirati che avevano un loro covo nell’insenatura del Portigliolo, briganti e malviventi infestavano anche le foreste del Latronorium.

E’ scritto che fu la popolazione locale e degli armigeri al soldo dei Del Bosco che diedero manforte ai monaci e dopo ben diciasette anni di scontri armati, riuscirono nell’intento di rendere più sicuro il Latronorium .

In sponda sinistra dello Spurtigiò, ai Piani di S.Giacomo, preesisteva un eremo/ospizio sulle cui fondamenta fu eretto nel 1100 un Monastero dei Vallombrosiani, dedicato a S.Giacomo. I monaci erano provenienti dal Monastero di S.Bartolomeo del Fossato di Genova

Il nome del santo evoca un probabile punto di accoglienza per i pellegrini in viaggio verso Santiago de Compostela, qui arrivava dopo il ponte della Maddalena, sul torrente Arrestra, una mulattiera.

Il comprensorio Invrea S.Giacomo a metà del 1500 a seguito della guerra fra Carlo V e Francesco I fu soggetto nuovamente a scorrerie dei pirati e il Latronorium diventò ancora una volta rifugio di tagliagole.

L’Ospedale di Pammatone di Genova che aveva la mansione di S.Maria in Latronorio, la cedette in affitto con la formula dell’enfiteusi, al marchese di Invrea a cui subentrò per via parentale il principe Carlo Centurione.

Stessa sorte in sponda sinistra per il Monastero di S.Giacomo in Latronorio che pervenne nelle proprietà Invrea /Centurione.

La Chiesa già in stato di abbandono fu gravemente danneggiata ad aprile del 1800, durante la seconda campagna d’Italia di Napoleone.

E’ da presumere che le grandiosi e geniali opere idrauliche che ancora oggi conducono l’acqua, per uso irriguo, nel comprensorio Invrea e S.Giacomo furono realizzate nel periodo di conduzione del convento del Latronorio da parte dei monaci Cistercensi e dei Vallombrosiani, fondatori del monastero di S.Giacomo in Latronorio e ampliate e perfezionate, dopo il 1500 con l’avvento degli Invrea Centurione.

Sono tre, le grandiosi opere idrauliche che garantivano il fabbisogno idrico potabile e irriguo, del comprensorio di Invrea e S.Giacomo,

U Beo de Gambin, che prelevava l’acqua dall’omonimo rio delle Faje, passando sopra il Muagiun e con un percorso pressochè scomparso, irrigava la zona della Ramognina e poi confluiva nella Valle dell’Arzocco per conferire la sua acqua nella diga dell’Acqua Ferruginosa

U beo de S.Giacomo che prelevava l’acqua dall’Arrestra e la portava ai Piani di S.Giacomo.

E infine il beo dell’ Invrea che prelevava l’acqua dalla Ciusa dove confluiscono il Rio della Ciusa e l’Arenon e la convogliava nel comprensorio d’Invrea.

U beo de S.Giacomo e quello d’Invrea, sono stati sostituiti da tubazioni messe in opera all’interno del canale, un tempo solcato dall’acqua e sono ancora in uso oggi a scopo irriguo/potabile.

 Chi ebbe in primis l’idea, l’intuizione di come rendere fertile quelle zone e poi di essere capace di mettere in pratica e di realizzare quei grandi progetti, furono senza dubbio i Cistercensi e i Vallombrosiani, entrambi questi ordini monastici erano famosi per la padronanza dell’ingegneria idraulica a loro si deve lo sfruttamento dell’acqua corrente, utilizzata negli opifici che sorsero in gran numero lungo il corso dei torrenti nel nostro comprensorio.

Ringrazio Gianpiero Quagliati che mi ha guidato qualche mese fa, presso l’opera di presa, in località Bossarea, qui da un’invaso naturale in sponda destra dell’Arrestra iniziava il Beo de S.Giacomo.

Nel beo, l’acqua scorreva a pelo libero, con una pendenza regolare del 5×1000.

Il canale era soggetto a continue manutenzioni, specie nella parte iniziale, per gli apporti solidi provenienti dall’opera di presa, qui è ancora infissa una pietra che fungeva da scolmatore, erano soventi le occlusioni a seguito di movimenti franosi, che occludevano la condotta con conseguente fuoriuscita di acqua.

Servivano frequenti ispezioni del canale d’acqua, questa attività era effettuata dai figli dei contadini, spesso ancora bambini che risalivano il canale fino all’opera di presa, effettuando operazioni di pulizia del beo.

Solo quando si è al cospetto di questa grande opera ci si rende conto dell’immane lavoro che è stato effettuato!

Scavare un canale erigere i muri di sostegno per aggirare i costoni rocciosi contenere con altri muri gli smottamenti alla base di ripidi pendii, tutto effettuato con la sola forza umana!

 E poi costruire il beo con calce e pietre far scorrere l’acqua mantenendo costante la pendenza per circa 5000 metri!

Con Gianpiero percorriamo un tratto di beo dall’opera di presa fin quasi la località da Mugiarina, lui ha collaborato all’amministrazione del consorzio irriguo dei Piani di S.Giacomo e mi racconta le varie vicissitudini con la necessità di continue manutenzioni, necessarie per mantenere efficienti le tubazioni, in primis il formarsi di bolle d’aria, che bloccavano il deflusso per caduta dell’acqua e non ultimo il fenomeno dell’apparato radicale delle piante che penetrato nelle fessure dei giunti della tubazione, ostruiva la sezione

 Negli anni 71-72 all’interno del canale fu messa in opera una tubazione in PVC del diametro di 125mm.

Nel 1981 per potenziare l’apporto idrico a seguito della lottizzazione dei Piani di S.Giacomo fu posata dall’impresa Bennati con l’ausilio di un elicottero, un’altra tubazione in PEAD del diametro di 90 mm

Il 10 settembre 2001 un furioso incendio devastò tutto l’entroterra della nostra città, della valle Leistra, Arrestra, S.Anna, u Desertu, u Miagiun, Casanova, valle dell’Arsoccu, a Guardia, Vignetta, Invrea S.Giacomo, 80 ettari di boschi e praterie furono ridotti in cenere.

Il Quagliati eseguì il giorno 11 settembre 2001, un dettagliato sopralluogo, per quantificare il danno subito dalle tubazioni lungo il beo di S. Giacomo.

Fu un sopralluogo impegnativo, di difficile accesso, alle opere idrauliche, su di terreno molto acclive e accidentato, innumerevoli tronchi e rami carbonizzati erano riversi lungo il percorso del canale.

Nella sua dichiarazione, è riportato l’esito del sopralluogo, che evidenziò il danneggiamento da incendio, della tubazione in PEAD da 90 mm, che in buona parte aveva resistito, ma erano necessarie almeno una cinquantina di riparazioni, con sostituzione di alcuni tratti di tubazione.

La tubazione in PVC da 125mm, già riparata diverse volte, per la penetrazione di radici all’interno della condotta, dopo circa 1000 metri era interrotta e se ne consigliava la sostituzione.

Oggi il canale è ricoperto, dove possibile, a scopo protettivo, da un sufficiente strato di inerti, per tutta la sua lunghezza e visivamente se ne perdono le tracce.

A Beffadosso è ancora visibile, un altro Muagiun, che manteneva in quota il canale d’acqua, prima dei Cien de San Giacomo

Nel Muagiun, a metà degli anni 70,fu aperto un varco demolendo una parte della  struttura, per la costruzione di una strada di accesso all’impianto di betonaggio, posizionato nella sottostante località del Mulinetto, questa viabilità accorciava di molto il tragitto, per i costruendi viadotti Arrestra e Portigliolo

Da accordi con la proprietà Bennati-Invrea come contropartita la Società Autostrade, costruì una vasca di accumulo di 800 mc, che alimenta per uso irriguo, la località Piani di S.Giacomo.

Ma chi ha, materialmente scavato nella roccia, eretto terrapieni e muri di sostegno, per realizzare queste grandiose opere idrauliche?

Anche in questo caso si è perso la memoria del territorio, ma un è evidente lo strapotere religioso capace di costruire grandi opere, manufatti in pietra opifici canali d’acqua, che hanno permesso di radicare nel territorio del nostro comune molte delle attività che caratterizzavano Varazze, di queste industrie, coltivazioni e delle testimonianze di un passato laborioso e geniale dei nostri avi, non rimane più nulla, scelte politiche, rivoluzioni produttive e di mercato hanno azzerato la manifattura di Varazze.

Badia di Tiglieto

L’ordinamento monastico, prevedeva diverse figure, i monaci erano perlopiù dediti alla contemplazione e allo studio, trascrizione e scrittura, poi c’era la categoria dei conversi che potevano partecipare alla preghiera e alla vita clericale, ma erano illetterati, una categoria che mai poteva ambire ad un ruolo parificato ai quello dei monaci, erano lasciati in una condizione di inferiorità, al servizio dei clerici di rango superiore.

Monastero di S.Bartolomeo del Fossato

La vita lavorativa nei monasteri era organizzata in officine, il cui monaco titolare, ma anche il converso, poteva avere alle sue dipendenze degli aiutanti, che potevano essere altri conversi o aiutanti, inservienti e squatteri, da compensare con poca spesa.

Quando la mole di lavoro era tale, come in certi periodi dell’anno, ad esempio, durante i raccolti o a causa di eventi eccezionali, e queste attività non potevano essere svolte, con le sole figure, presenti all’interno della comunità monacale, allora si attingeva dalla forza lavoro locale, salariati assunti, , che ogni mattina bussavano alla porta del monastero per cercar lavoro.

Ma per difendere l’autonomia del monastero e per ragioni economiche, c’era ancora una categoria intermedia, quella dei famuli, che vivevano all’interno o nelle vicinanze del monastero erano accettati alla mensa dei monaci, dovevano rispettare le regole a loro imposte di castità, di cieca obbedienza e potevano essere espulsi in ogni momento, non percepivano alcun reddito, erano molto spesso dei donati, figli minorenni, affidati ai monaci dalle famiglie, perché fossero educati con l’esempio del Ora et Labora, ma anche a seguito di un qualche evento soprannaturale o magari per una grazia ricevuta.

In mancanza di testi storici testimonianze ecc. oggi non si può affermare che un simile sistema gerarchico fosse presente anche presso il monastero di S. Giacomo.

Conclusioni

Oggi per noi Homo Ludens, queste grandi opere, possono sembrare incredibili irrealizzabili, senza il supporto della tecnologia, non abbiamo più memoria, neanche di un passato recente, quando i nostri vecchi, dau sciumme da un boscu e da e fasce, tiavan sciu de niè de figgi.

Solo se si percorre anche solo un tratto di questo canale d’acqua, ci si rende conto dell’enormità di questa opera, costruita in anni di duro lavoro, in certi punti, chi era a costruire i sostegni in pietra del canale, doveva essere assicurato con corde, per non precipitare nel vuoto, i grandi massi, erano aggirati o spaccati sul posto, gli unici attrezzi erano mazze, punte, picco e pala

E poi una storia vecchia come il mondo, sempre attuale anche ai nostri giorni, chi ha scavato e tirato su muri di pietra, chi si è spaccato la schiena in Val Leistra, era tutta povera gente, bestie da soma a camallò e impillò de priee poi chi doveva mantenere il canale pulito da terra erbacce e tamponare le falle erano i bambini già in età da lavoro, per un frugale pasto serale, consumato nella mensa del monastero, cantando le lodi del creato.

Ringrazio Gianpiero Quagliati per la sua cortese disponibilità, le notizie tecniche e storiche del Beo di S.Giacomo, le foto e gli articoli di giornale pubblicati a seguito dei devastanti incendi del 2001 e 2007.

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