
I Cantieri, un’altra Storia
Serafino e Piero furono testimoni del passaggio epocale, legno- metallo, ma ancora prima ci fu un’altra “rivoluzione” sempre nell’ambito dei materiali, con l’utilizzo dei multistrati marini, disponibili in molteplici spessori dimensioni e molto più prestanti dei piallacci di legno massiccio.
La sagomatura delle tavole, per lo scafo, era una tecnica tramandata da generazioni di maestri d’ascia, grossomodo i procedimenti erano sempre gli stessi, modificati, resi meno gravosi tramite nuovi sistemi di riscaldamento ecc.
Il momento clou, era quello dell’estrazione delle tavole di fasciame, dal cilindro dove erano immerse, a bagno maria, che aveva lo scopo di elasticizzare le fibre legnose per la successiva operazione di fissaggio du fasciamme alle “stamanee”
Da secoli, questa operazione era perpetrata e tramandata, nei cantieri della nostra città, era quello il momento più importante, spettacolare e delicato della lavorazione dell’opera viva dello scafo, bisognava far veloci per fissare quelle toe fumanti, rese elastiche dal bagno maria, alle stamanee, in modo da fare assumere au fasciamme la piega dello scafo.
Per un attimo, tutti i lavori si fermavano, in religioso silenzio, le tavole estratte, dal cilindro, calde fumanti, da ustionarsi, erano velocemente, trasportate, a seconda della loro lunghezza anche da 4 o 5 operai, a piè d’opera, dove tutto era già stato predisposto per la loro ricezione, fissate subito sulle orditure dello scafo con i morsetti, per dare la giusta e definitiva piega alle tavole e poi fissate definitivamente tramite chiodi di rame e colla.
Non è possibile elencare in un solo post tutte le trasformazioni, che ha dovuto subire una manifattura dedicata esclusivamente e secolarmente alla lavorazione del legno, per passare in tempi rapidi all’utilizzo dell’alluminio per lo scafo e le strutture portanti.
Si può comprendere grossomodo, la complessità del lavoro in un cantiere navale, descrivendone per grandi linee l’organizzazione. Per chi avrà la cortesia e la pazienza di leggere questo post, sarà come fare un salto indietro nel tempo, quando ancora tutto “era fatto in casa” non delocalizzato o soggetto a tagli o a sub appalti come succede oggi.
Ma una doverosa premessa è d’obbligo, con la chiusura dei Cantieri e di tutte quelle attività manifatturiere, che erano presenti nella nostra città, non solo si sono persi definitivamente centinaia di posti di lavoro, professionalità e capacità imprenditoriale, ma è venuto a mancare alla nostra comunità quel tessuto sociale, fatto dal ceto operaio, che significava in primis solidarietà, lavoro sicuro, buoni stipendi, per dodici mesi all’anno.

continua
foto Archivio Storico Varagine
