
Qui entra in ballo il carattere proprio dei Liguri, una loro virtù è quella di non lasciarsi abbindolare e circuire da addobbi e parolai, e fra di loro nella loro lingua, tradotta in zeneise dissero “Questi chi ne stan cuntandu de musse”
I capi popolo degli Armuzzi presero tempo e quella carovana fu costretta a fermarsi.
A questo punto,l’attenzione fu rivolta verso quella bestiassa che nessuno aveva mai visto e manco ne conosceva il nome.
Il nome dell’elefante era Abul Abbas, ma per tutti divenne Abestiassa.
L’elefante approfittò della sosta per ingoiare alcuni di quei ricci di castagne che erano sul selciato di quella mulattiera.
E lo fece con quel quinto arto che hanno i pachidermi, suscitando la curiosità e l’interesse di quei ragazzi, che restando a debita distanza, guardavano con gli occhi sgranati, quello strano animale
U preve di Armuzzi, avvisato da un solerte cristiano, arrivò trafelato dal suo eremo e al cospetto di quel prete, arrivato da chissà dove, con tutti quei paramenti cristiani, si inginocchiò ed esclamò “Il Papa!” e così fecero anche gli uomini che erano lì presenti, gli fu mostrata quella pergamena e non è dato sapere che cosa comprese, ma rivolto alla sua gente la fece inginocchiare e recitar delle preghiere.
La carovana e l’elefante, ripresero il cammino, ma giunti nei pressi da Ca de Paggia, quella povera bestia, orba da famme, prese con la proboscide, alcuni ciuffi del tetto di paglia, di quell’abitazione!
A questo punto, tutti i convenuti scoppiarono a ridere, con grande disappunto del manente, che aveva in affitto quella dimora, costruita con la tipologia delle case celtiche.
Visto che alla bestiassa, piacevano le castagne, perchè non dargli quelle che avevano raccolto?
Ratis, era il nome della famiglia di un ragazzo, già avvezzo a far lavori da adulto, rapido nelle decisioni e nel comprendonio, fu lui, che diede delle castagne al conducente, per quella bestiassa
Il conducente, a testa fasciò, sorrise e mise quella manata di castagne, sotto la proboscide dell’elefante.
L’animale prese quel cibo e se lo portò velocemente in bocca, poi colpì, delicatamente, diverse volte con la proboscide sulla schiena del conducente, come a voler ancora castagne.
Ma quell’uomo, dai modi bruschi, pronunciò parole in una lingua mai sentita e per tutta risposta, prese a bastonare quella povera bestia, battendo violentemente con un grosso bastone, sulla proboscide dell’elefante, che arretrò di qualche passo.
A questo punto quei ragazzi presero a cuore la sorte di quella Bestiassa e dalle ceste, vennero prelevate manciate di castagne e gettate lungo quella stradina, tutte raccolte con la proboscide e mangiate dalla bestiassa.
Isacco con un cenno ordinò al conducente di lasciar fare, era un modo come un altro per ingraziarsi quella gente ancora spaventata dagli armigeri e dall’elefante.
Ratis fu il più coraggioso di tutti e offri lui stesso le castagne all’animale il quale come per ringrazialo gli posò delicatamente la proboscide sulla testa.
In breve tutti i ragazzini, fecero a gara a offrir castagne e quelle ceste furono dimezzate del loro contenuto!
Si stava facendo buio, l’avanguardia armata, accompagnata da gente del luogo aveva compiuto un giro di ispezione e fu scelta la zona della Ceresa per il pernottamento della carovana.
A bestiassa fu legata ad un’albero di castagno.
Dalla cassa in legno, che portava sulla schiena l’elefante, fu estratta una grande tenda con le effige carolingie, che proteggeva dal freddo notturno e da eventuali intemperie, l’animale.
Dai basti dei muli, furono estratte le tende e tutto l’occorrente per allestire l’accampamento
A questo punto gli uomini degli Armuzzi, furono avvisati da Isacco, di tener lontano le donne dall’elefante, perché essendo maschio e con quella proboscide, nessuno sapeva che cosa poteva combinare.
Le donne, dopo aver cucinato una discreta quantità de suppa cun pan staliu e fasciò, furono allontanate in malo modo, da quell’accampamento, senza dar loro spiegazioni.
Fu allestito una grande tavolata e acceso un grande falò dove sopra na ciappa furono cotti conigli, polli e selvaggina, la diffidenza dei Liguri, si tramutò in festeggiamenti per quella bella gente arrivata da chissà dove.
Per paura di avvelenamenti, Isacco invitò tutti i presenti a quel banchetto
In breve, complice il nettare di bacco, fra gli abitanti degli Armuzzi e i componenti di quella carovana, si creò un bel momento di convivialità.
Ragazzi e bambini fecero le ore piccole tutti intorno a quella Bestiassa a quel povero elefante, fu offerto di tutto, anche dei limoni, che l’animale sputava con grande divertimento dei bambini più piccoli.
Le donne erano rimaste sole in casa, gli uomini a bisbocciare e i loro figli a trastullarsi con l’elefante
Forse ci fu una galanteria o uno sguardo d’intesa, con una donna e così, uno di quei carovanieri, con circospezione si eclissò da quella baldoria, dirigendosi verso le abitazioni di quella povera gente, e quella notte non fece ritorno all’accampamento.
continua
