Il Sottopasso Rebba

Sottopasso Rebba Antica via del Ferro, si legge in questa targa in ottone, consunta dal tempo, posta in prossimità di un attraversamento stradale, della linea ferrata che era di servizio per il porto di Savona.

Questo sottopasso alto meno di due metri, negli anni, è stato ” responsabile” di numerosi disastri, a seguito della perdita dei carichi, trasportati sopra il tetto delle autovetture, nell’urto contro la struttura del ponte, complici la fretta, distrazioni e dimenticanze, sono andati distrutti molti oggetti.

L’oggetto più a rischio sono le biciclette, che se trasportate sul tetto con l’apposito portabili, ancor oggi finiscono accartocciate contro il Sottopasso Rebba.

Chissà che pezzo di storia, può raccontare quella targa da poco ritornata visibile, dopo il taglio della “lelua”……

Il Sottopasso Rebba

Rebba era un tecnico meccanico, lavorava in una Centrale Elettrica, percorreva ogni sera, di ritorno dal duro lavoro, questo sottopasso.

Un giorno dimenticò di avere fuori sagoma, un carico di tondini in acciaio, era in odor di matrimonio e quel ferro da armatura, gli serviva per la sua costruenda casa.

Li aveva assicurati con una legatura, appoggiati al cassone del motocarro, sporgenti oltre la cabina.

In ritardo per l’ora di cena, affrontò a “spron battuto” la corta discesa, prima di affrontare il sottopasso….fu forte il rumore di accartocciamento del carico di tondini, contro l’arcata del ponte ferroviario!

Una piccola folla, accorsa a seguito del frastuono, per curiosità, temendo il peggio e per prestare soccorso, imparò nuove imprecazioni irripetibili!

Nessuno si fece male e alla fine, l’unico danno fu recato a quel carico di ferro d’armatura, reso inservibile a seguito della “tortagna” che avevano subito nell’impatto contro il ponte.

La cosa poteva finire lì con qualche frase di circostanza, qualche menata de belin ” A te è andeta ben pensa se ti g’heivi un camiun ti caggiovi su u punte!”o ” Nu ti te mancu rutte e corne!” ecc.ecc.

Invece ebbe un seguito, “goliardico”.

Fra colleghi, si era molto propensi allo scherzo, al prendersi in giro e al contrario di oggi, a non prendersi mai troppo sul serio!

Un gruppo di “ingegnose menti forgiate dalla meticolosità e precisione, proprie della mansione a cui erano adibiti e da tutti riconosciute come abili azzeccagarbugli”, ideò e pose, a memoria d’uomo, questa targa in ottone, pregevole manufatto, fabbricato con un ingegnoso procedimento di corrosione acida, per avere le lettere in rilievo lucidate su sfondo nero.

Ricordo le scuse le più assurde, ma anche le più credibili, date all’arcigno nostro caposquadra, per giustificare le assenze dei colleghi, che stavamo costruendo la targa.

Poi è bastato un po’ di silicone e un chiodo d’acciaio per fissarla.

Ancora oggi, consunta dal tempo, ci ricorda un bel momento tra colleghi, fatto di voci, volti, risate.

Bei Tempi

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