Quellu Muggiu de Prie

Inizio questo racconto dall’epilogo de na bella giurno’ dopo la degustazione di due abbondanti coppe di gelato a Cogoleto, il disappunto di una multa per mancato pagamento del posteggio della mia vecchia Panda.

Il gelato è stato una gratificazione, dopo tuttu u cadu patiu sciu da un briccu! Ma anche per aver, verosimilmente, risolto un quesito, relativo ad un misterioso muggiu de prie, in te l’Aniun.

E’ stata la giornata più calda di questo periodo, con il termometro che segnava 27° alle nove di mattina!

Ma era già stato tutto prestabilito, da qualche giorno, ci eravamo accordati per far questa escursione, con Francesco Canepa, venerdì 27 maggio.

Volevamo fare un sopralluogo in località Custò, serviva avere una conferma sul campo, del tracciato dell’antica strada romana l’Emilia Scauri che raggiungeva il Castrum romano del Parasio, l’odierno colle di S.Donato….ma non solo….

L’Emilia Scauri era la prima viabilità degna di questa parola, che raggiungeva l’insediamento romano e il primitivo nucleo abitato che diventerà poi la nostra città.

https://quellisciudateiru.wordpress.com/2021/10/20/lemilia-scauri/?fbclid=IwAR3rVeG6X0hgtD-7w0m5xsJZaU-1hTpbDpf6PDVeEg_aQaF_F1FgqRfRAh0

In un precedente post, avevo descritto il probabile tracciato dell’Emilia Scauri, sulle pendici dell’Arenon, a scendere verso il torrente omonimo, con l’impossibilità di proseguire, in sponda sinistra, a causa dell’eccessiva vegetazione e dei sconvolgimenti di questa parte di territorio, con la discarica della Ramognina e l’inquinamento cronico dell’Arenon.

A farmi desistere definitivamente , dall’intento, era stato anche un branco di cinghiali, che sul greto del torrente si cibava di plastica.

Avevo evidenziato, la strana presenza, di molte pietre ai lati della strada che scendeva il pendio est dell’Arenon, era il sedime, divelto, a seguito dell’erosione dell’acqua piovana, che aveva di fatto reso instabile quel ciappin de prie, fatto costruire dai romani.

Nel Medioevo, con la costruzione del ponte della Maddalena, dai Muinetti, la viabilità per Varagine, da collinare divenne litoranea.

Questa primaria grande via di comunicazione, che raggiungeva gli albori della nostra città, perse importanza e di conseguenza venne meno l’opera umana, per manutenere in efficienza la strada, l’acqua completò l’opera di dissesto, sconquassando il sedime e rendendo impraticabile il percorso lungo le pendici dei bricchi.

Chi continuò ad usare questa viabilità, pose rimedio all’impraticabilità di questo percorso, liberando l’ex strada romana dalle pietre.

Ma qual’era il percorso dell’Emilia Scauri, nel territorio del nostra città?

La strada romana, che scollinava da a Custò, doveva affrontare il guado dell’Aniun, le pendici del bricco omonimo e i versanti du Briccu di Gruppi e da Custea.

Si possono cercare e trovare le tracce della via romana, a partire dalla Fornace, in località Costata, una strada sterrata interpoderale, scende rapidamente e dopo un tornante, arriva in una zona prativa.

A questo punto, lasciando alla nostra sinistra la bellissima e ben conservata fornace di calce poi di mattoni, si attraversa il rio di Costata, al cospetto di un poderoso muro e subito si incontrano le tracce di una viabilità, resa evidente dallo scavo, che taglia in due un grande masso con la canonica larghezza romana di 2,40 m.

La strada poi prosegue in discesa, sorretta da un muro in pietre, arriva in una zona pianeggiante e a questo punto se ne perdono le tracce, qui è presente la risulta, di un grande movimento di terra, effettuato con mezzi meccanici, che ha cancellato ogni traccia di sedime della strada romana.

Guadato l’Aniun, l’erba alta e la notevole vegetazione, ostacolano la ricerca della strada.

 Raggiungiamo una zona con ampi terrazzamenti, al cospetto in alto, del rudere da Ca de Gambin, qui ci sono alcuni muggi de pria, isolati.

Sopra ad un pianoro, c’è senza un’apparente motivazione, un imponente, enorme accatastamento di pietre annerite dal tempo.

Anche se fagocitato dalla vegetazione, in questa zona c’è un bivio, a destra l’abbozzo di una strada, in leggera discesa, che correva parallela all’Aniun, mentre a sinistra si stacca netta un’altra viabilità, che incide le pendici du briccu di Gruppi e poi prosegue, per arrivare a Custea, in vista del mare.

La viabilità romana, descritta in alcuni articoli di storia locale è quella che raggiungeva a Custea passando pe u Briccu di Gruppi.

 Quell’impressionante ammasso di pietre, alla base del bricco, è il sedime dell’Emilia Scauri, prelevato, trasportato e impilato accuratamente, per essere magari utilizzato, in una edificazione, mai effettuata.

E lecito, a questo punto, ipotizzare l’esistenza di due viabilità, una, quella primitiva che scendeva dalle pendici dell’Arenon, soggetta ai capricci del meteo e dell’Aniun e abbandonata perché insicura e troppo soggetta ad erosione e crolli.

 Per ovviare al problema e avere una viabilità più sicura, fu scelto un altro percorso, più lungo, che arrivava alla Custea , lontano dalle esondazioni dell’Aniun

Non esistono documentazioni o riscontri, da parte di studiosi e storici ecc. che possano confermare l’ipotesi delle due strade, costruite dai romani o da chissà chi, che passando per bricchi arrivavano al Castrum Romano del Parasio.

L’antropizzazione di questa parte del territorio di Varazze è notevole, con imponenti terrazzamenti e diverse edificazioni, Franco scopre la presenza dei resti di un’altra strada, che in sponda sinistra, costeggiava l’Aniun, in direzione del mare.

E’ mezzogiorno, ci sono ampie zone ombreggiate che danno refrigerio e dove mangiamo quattro slerfe di foccaccia, Franco ha portato una bottiglietta di vino, fa un caldo esagerato ma un paio di bicchieri di vino, non si possono rifiutare!

L’Aniun scorre a due passi, ci si potrebbe rinfrescare dal caldo, ma l’aspetto inquietante di tutta quella plastica e rifiuti e dichissachecosa, sconsiglia vivamente un contatto con l’acqua.    

In questo pianoro e da una posizione sopraelevata,  basta spaziare con lo sguardo e si rendono visibili le testimonianze di un lavoro incessante e massacrante, di chi traeva sostentamento per i propri famigliari, nel coltivar la terra, allevar animali.

E chissà cos’altro facevano, in un tempo ancor più remoto, quando questo territorio era una foresta, il Latronorium, terra di briganti e de taggiague.

 Il pendio dei bricchi di Gruppi, de Gambin e da Custo’, che si bagnavano nel greto dell’Aniun sono stati spianati, resi coltivabili, con mascee e terrazzamenti un’ampio spazio era di pertinenza della fornace, altri per una probabile zona di interscambio, per chi doveva proseguire il viaggio a dorso di mulo.

Sulla sponda destra dell’Aniun c’era il cantiere, della costruenda Emilia Scauri, noi se viaggiatori a ritroso nel tempo fossimo capitati nel vallone dell’Arenon, avremmo visto qualche centinaia di anni dopo Cristo, una moltitudine di persone, perlopiù schiavi, ma anche operai specialisti, addetti alle più svariate mansioni, c’era chi doveva scavare nel fianco del bricco, formare la base  con schegge di pietre e cocci di mattoni, i residui della fornace, poi serviva la perizia e l’esperienza, di chi sapeva posare le pietre di taglio, per favorire l’aderenza degli zoccoli in salita.

Ma non era finita, le strade costruite lungo i pendi, durante le piogge, diventavano veri e propri torrenti d’acqua, che si insinuava fra le pietre rendendole instabili e allora, bisognava intervenire, con un lavoro costante di manutenzione.

Verosimilmente questo era un capolinea, fin qui potevano arrivare i carri, ma la prosecuzione del viaggio era a dorso di mulo, troppo ripida e stretta la strada da Custea.

Poi la storia di quel grande popolo che dominò il Mediterraneo, le Gallie, la Britania ecc. finì. Secoli di dominio romano, anche nel territorio della nostra città, ci hanno lasciato evidenti testimonianze del loro passaggio specie tra questi bricchi, ma dovevamo averne più cura in passato, oggi è maledettamente tardi!

Tutto sembra oramai destinato all’oblio, fra qualche anno, la natura avrà fagocitato anche quellu muggiu de prie.

Anche nella muntò da Custea, nessuno più si premurò di far la dovuta manutenzione, l’Emilia Scauri divenne definitivamente na mulaioa, una strada per muli e tutte quelle pietre, preziosi materiali da costruzione, furono utilizzate per costruir case, terrazzamenti, anche una chiesa, e chissà che cosa dovevano diventare quellu muggiu de prie in quel prato vicino all’Aniun.

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