Cian da Munega

Sarà capitato a tutti, osservando un oggetto, pietra o nuvola che sia, scorgere con sorpresa al loro interno, figure di oggetti, animali o sembianze umane.

La scienza spiega questo fenomeno, come un riconoscimento inconscio, attuato dal nostro cervello, che estrapola figure già note, anche se sono contenute nel vapore acqueo di una nube o tra le rugosità di una roccia.

Questa abilità ha un nome, si chiama Pareidolia visiva ( in zeneise ” mepo’devedde) è soggettiva, ed è molto sviluppata, ad esempio nei giocatori di scacchi, che riescono a riconoscere rapidamente, alcune situazioni di gioco, ma è presente anche in radiologia per la diagnosi degli esami e in tante altre attività umane dove serve essere concentrati.

Famosa la visione di un gigante dormiente, ben visibile percorrendo l’autostrada in direzione Ventimiglia che ha dato il nome all’abitato di Orco Feglino.

Questo fenomeno, si rivela, anche osservando questo menhir.

Arrivati ad una certa distanza da questo monolito si intuisce il perché del toponimo Cian da Munega in effetti c’è molta somiglianza, con la sagoma di una monaca, dalle generose dimensioni, vista di spalle e con quella leggera pendenza, è come se fosse in movimento, forse in fuga perché disturbata dalla nostra presenza.

Altre figure si rivelano, guardando una foto di questa roccia, c’è chi vede un agnello portato in spalla sinistra della monaca, ma anche il volto di un bambino dall’altra parte.

La storia du Cian da Munega

Nel 1941 Garea, segnalò l’esistenza di un menhir in località Salice e della presenza nei suoi dintorni di notevoli testimonianze di insediamenti umani, furono ritrovati alcuni manufatti, consegnati poi alle autorità comunali.

Questi reperti, analizzati qualche anno dopo da Mario Fenoglio, ispettore di zona della Soprintendenza furono attribuiti alla fine dell’età del bronzo, inizi età del ferro, il megalite fu dichiarato un bene archeologico e così salvato da sicura distruzione a seguito della costruzione del raddoppio autostradale.

Per preservare questo bene fu modificato il tracciato di questa infrastruttura e nei pressi del megalite, furono costruite due scale di accesso con un’area adibita a parcheggio.

Oggi l’area è completamente rivoluzionata dalla presenza dei due rami e dal casello autostradale, dalla strada del Salice e da alcune abitazioni, è possibile che altri reperti archeologici che sempre sono presenti nell’area dove sono infissi dei monoliti, siano spariti durante i lavori di queste infrastrutture e degli insediamenti abitativi.

Nell’area adiacente al menhir, oggi si possono notare antichi terrazzamenti, in buono stato di conservazione, ma di fatto tutto è lasciato all’incuria con le canne e alcuni rovi che stanno colonizzando quest’area.

Un altro bene della nostra città dimenticato, come molte altri pezzi di storia di Varazze.

I menhir sono spesso associati al movimento degli astri nel nostro caso, l’azimut del suo profilo allungato è risultato da studi e misurazioni effettuate, orientato, verso il sorgere della Luna piena nel solstizio estivo.

Due cippi autostradali e una recinzione, che preclude l’accesso per una visione ravvicinata della “munega”, ci indicano che il menhir e di proprietà dell’A10.

Il menhir è abbandonato, quasi fagocitato dalla vegetazione

Una testimonianza storica primitiva, una curiosità particolare del nostro territorio citata anche sulle cartine turistiche è di fatto lasciata al suo destino d’oblio.

Mancano le risorse e non porta niente in tasca a nessuno. Ma le attrattive di un territorio, a mio parere non devono essere sempre legate al costi/benefici.

Servirebbe per segnalare le tante attrative presenti sul nostro territorio, un minimo di cartellonistica, e perché non utilizzare i codici Qr poco invasivi, molto pratici, come quelli utilizzati nel centro storico di Genova per descrivere opere d’arte, siti storici/archeologici, palazzi storici e curiosità?

Sarebbe una bella iniziativa, a mio parere, rivolta soprattutto a noi nativi in questa belliissima città, per mantenere vivo l’interesse verso il nostro passato, un tentativo, sempre a parer mio, per recuperare un po di quella memoria locale di cose anche quelle semplici dei nostri vecchi che stiamo o abbiamo perso.

Un’attività che deve essere effettuata, sempre pe cuntu me, e perchè no dagli alunni del comprensorio scolastico della nostra città?

A Catte au Cian da Munega

Lascia un commento