Quell’odu de legnu

Ho respirato legno da bambino, legno in lavorazione, che si vedeva brillare in controluce, trasformato in riccioli o segatura, quando la pialla, la toupie o la sega a nastro spianavano, contornavano o tagliavano le tavole.

Sono stato un bambino fortunato!

Potevo avere tutti i legnetti che volevo, presi fra gli scarti di lavorazione, costruivo fucili, archi, anche per i miei amici e le barchette da varare nel fiume e poi quella meraviglia del deposito dei riccioli di legno! In un angolo del locale falegnameria, dove fare i tuffi come al mare!

Mio papa’ insieme ai miei zii, avevano una falegnameria, alla fine di via Montegrappa,

In questa zona della città, negli anni 60/70, erano tre le falegnamerie in attività, tutte dedite alla costruzione di serramenti.

Sono stato fortunato ad avere un papà, che mi ha insegnato molte cose, l’amore per il legno è una di queste.

Il falegname e stato il lavoro della sua vita, era un uomo capace di trovar soluzioni per ogni cosa.

Sono state molte le cose fatte insieme cun u Gino.

Da ragazzino seguivo mio papà sul lavoro, mi piaceva accompagnarlo e gli davo una mano, quando c’era da posizionare: porte, barcuin, ciamblane, bastetti, zucculetti e curriman, nei palazzi appena ultimati.

Ricordo l’eco e il rimbombo dei rumori, durante il montaggio delle porte, a causa degli ambienti vuoti.

Quando eravamo lontani da casa, per mezzogiorno, ci portavamo u pignattin, quello classico con i due scomparti, per un primo e un secondo piatto, fatto riscaldare a bagnomaria, sopra un fornello ad alcool, ma se avevamo solo dei panini, allora mio papà comprava una bottiglia di Coca Cola, di quelle in vetro grande.

Mio padre, mi ha insegnato a riconoscere i vari tipi di legni, dalla loro venatura dal colore e anche dall’odore, che anche a occhi chiusi si possono riconoscere.

La bellezza del legno è nella sua fibra, che viene esaltata dal tempo che passa, quando le fibre chiare, perdono consistenza e le fibre più scure emergono dalla massa legnosa, con contorte linee in rilievo.

Le essenze legnose, come il tannino, presente in quasi tutti i legni, con il tempo assumono sfumature bellissime.

I primi miei restauri, furono un paio di cassapanche di mia proprietà, che erano in realtà ex contenitori di cereali, dove erano conservati i cereali, grano, granoturco, la crusca ecc. il coperchio aveva un bordo, che garantiva una sorta di sigillatura e li preservava dai topi e dagli insetti.

Sono costruite in tavole di castagno, il coperchio a volte poteva essere in abete, come il fondo o i fianchi.

Questi contenitori, erano di solito ubicati nelle cantine o nei magazzini delle case di campagna, con il tempo la polvere, l’unto dell’olio applicato per protezione, hanno scurito il legno.

Dismesse, come contenitori, per i cereali, erano usate come porta legna o per riporre degli indumenti, non più in uso, posizionate negli ambienti domestici e pitturate con vernici all’olio, di solito di colore bianco.

Una di questi contenitori, da me restaurato, aveva un’abbondante strato di pittura all’olio.

Per rivedere il colore e le venature del legno, è stato necessario, effettuare una pulizia radicale della cassapanca, con l’asportazione tramite attrezzi e con prodotti chimici, degli strati di pittura.

A seguire, successive lavorazioni di stuccatura, levigatura e incollaggio delle giunzioni allentate.

A questo punto la cassapanca ritorna al suo stato originale, ma ha perso la cosa più bella, la patina e anche quei segni, sulla sua superficie, che fanno parte della storia dell’oggetto.

Si può porre parziale rimedio, con una tinteggiatura, color noce o castagno, che scurendo il legno, esalta i contrasti cromatici delle fibre.

Per trovare la tonalità giusta della tinta, è necessario eseguire delle prove, nelle parti nascoste del manufatto, necessaria prima della la finitura, utilizzare un turapori o una vernice isolante, seguita dalle operazioni di verniciatura o ceratura.

Un consiglio valido per oggetti come questi, anche se non di pregio, ma che hanno comunque avuto la loro storia è quello di osservare attentamente ogni particolare, ad esempio all’interno di una di queste cassapanche, ho rinvenuto dei disegni a lapis, probabilmente fatti da qualche bambino, chissà chi e quando.

Mi sono premurato di conservare questi disegni.

Poi naturalmente è necessario, fare sempre delle foto, prima, durante e a lavoro ultimato.

Come ultima cosa, va messa la data e il nome di chi ha fatto il restauro, in una parte non in vista.

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