A l’è finia a Scoa!

Per gli alunni della Scuola Primaria, dell’Istituto Comprensivo Nelson Mandela di Varazze e Celle, sono gli ultimi giorni di scuola.

A questi ragazzi, che stanno affrontando l’ultima settimana di lezioni, prima delle vacanze estive, dedico questo mio scritto, narrando gli ultimi giorni dell’anno scolastico 1966/67 classe 3A della Scuola Elementare Statale di Varazze, tratto dal mio racconto “Olio di Oliva e Cotone”

“A l’è finia a Scoa!”

La fine dell’anno scolastico 1966/67 della Scuola Elementare Statale classe 3 sezione A, fu ricco di sorprese e di colpi di scena.

Il maestro titolare, per cause non note, fu costretto a lasciare la cattedra sostituito da una supplente.

Era una ragazza molto giovane, sorridente e dai modi gentili, forse quella era la sua prima supplenza e quindi era all’oscuro di quello che stava per accadere….

Noi ragazzi, degli anni 60, eravamo degli scavezzacolli, di madrelingua zeneise, sempre in giro a combinar guai.

Prima dell’obbligo scolastico, passavamo le giornate a far capanette nei boschi, nel Teiro a pescare anguille o a far strage di mungagi, le bisce d’acqua, ci scorticavamo le ginocchia per rincorrere un pallone in un polveroso campetto di terra e pietre.

Nel mese di giugno, per i ragazzini del sciu da Teiru, iniziava la raccolta di materiale combustibile per i falò di S. Giovanni e di S.Pietro

In questo periodo dell’anno, in bici, si arrivava fino a S. Martino, dove con la bella stagione, erano iniziate le nostre razzie di frutta, perché lungo quella strada c’erano le ciliegie mature!

A scuola eravamo costretti, dalla severità del maestro Camiciottoli, a star seduti fermi e in silenzio.

Quelle ore, erano interminabili, il maestro aveva una sua visione del mondo civile, per lui esisteva solo l’obbedienza e la disciplina.

Si stava in classe, con l’incubo di prendere delle bacchettate sulle mani o sul groppone e poi di subire altre punizioni, come quella di restar delle ore in piedi dietro la lavagna, oppure con i “pensi” da fare a casa, paginate di quaderno, dove era scritto, anche per cento volte ” quando il maestro non è in classe si fa silenzio”

Nel mondo come siamo messi oggi con le punizioni corporali? https://www.vanillamagazine.it/la-bastonatura-antica-punizione-corporale-ancora-in-uso-in-tutto-il-mondo/

Ma in noi aleggiava lo spirito di ribellione. Eravamo come i cavalli selvatici appena domati, che quando ”sentono” l’inesperienza, di chi ha le redini in mano, ritornano allo stato brado.

Non ricordo “chi l’inse” ma le penne a sfera, furono presto trasformate in cerbottane e i chicchi di riso, presi di nascosto dalla mamma, in cucina, diventarono i nostri proiettili.

Ben presto infuriò una vera e propria battaglia, le sedie furono usate come scudi, anche le tende delle finestre erano ottimi ripari, nella foga della battaglia, ogni mezzo era lecito, per ripararsi, non fu risparmiata neanche la cattedra.

La povera malcapitata maestra, cercò inutilmente di farci smettere, ma erano vane le sue suppliche, tentò anche di sequestrarci le penne, ma senza esito, le penne con un veloce passa mano, sparivano alla sua vista.

Al suono della campanella, il pavimento della classe, era completamente cosparso di riso, lasciammo la povera maestrina in lacrime, mentre cercava di mettere ordine agli arredi di quell’aula.

Il giorno dopo, con i rifornimenti fatti nella dispensa di casa, riprese con vigore la battaglia del giorno prima.

Ma i bidelli, avevano avvisato la direttrice, di quel tappeto di riso, che ricopriva il pavimento della nostra classe.

La Direttrice la sig.ra Dagnino ci fece una ramanzina, rimarcando il nostro mancato rispetto, verso la maestra, che nonostante tutto ci difese.

Noi ragazzini, che già paventavamo chissà quale punizione anche corporale, restammo spiazzati, dalle parole della supplente e istintivamente, forse per riconoscenza verso quella giovane maestrina, placammo quel rigurgito selvaggio, da troppo tempo represso e così ritornò la pace, nell’aula della classe 3A

Una classe elementare maschile degli anni 60, in alto a sinistra Camiciottoli con i maestri Cavalleri e Damele

Con il ritorno del maestro titolare e dei suoi modi perentori, l’ordine e la disciplina furono definitivamente ristabiliti!

Nella scuola anni 60/70 sul registro di classe, accanto al nome dell’alunno c’era il mestiere del papà.

Ad un bravo insegnante, poco importava il ceto sociale della famiglia di provenienza degli alunni,

Ma quell’ ultima colonna del registro, poteva creare disparità e ingiustizie.

La promozione non era cosa semplice e già dalle elementari, era normale avere in classe dei compagni più grandi di tre o quattro anni.

Qualche bambino era stato bocciato, per le troppe assenze.

Capitava a quei ragazzi che all’età di diedi, dodici anni erano già inseriti nel mondo del lavoro e aveva poco tempo per lo studio.

Non c’era nessuna tutela e nessun tipo di aiuto, per le famiglie monoreddito e con molte bocche da sfamare.

Una mattina di giugno, il nostro compagno più “anziano” Tommaso, portò a scuola una nuovissima “Pecos Bill” una bella riproduzione di una colt, con il manico in simil-avorio, ambita da tutti noi bambini, vista nei film western all’Oratorio.

L’aveva comperata con i frutti del suo lavoro.

Mentre Camiciottoli era alla lavagna, si alzò dalla sua sedia e gli puntò la pistola alle spalle, tenendola stretta tra le mani, ci fu un brusio generale, il maestro si voltò di scatto e restò impietrito…. le pistole giocattolo, non avevano ancora, per legge il tappino rosso sulla canna.

Per una frazione di secondo, quel maestro odiato da tutti, pensò che era arrivata la sua fine.

Ma a questo punto il nostro compagno, abbassò la pistola, il maestro gli prese bruscamente quell’arma giocattolo, la chiuse a chiave in un cassetto della cattedra e cacciò Tommaso fuori dalla classe.

La pistola gli fu consegnata, a fine anno scolastico, il cui epilogo per lui, fu un’altra bocciatura.

Tommaso non tornò più a scuola.

foto in b/n Archivio Fotografico Varagine

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