
Il mare fa da sfondo alla bella azienda agricola di Germano Gadina, qui nei pressi da Ca Russa, residenza in passato del mezzadro.

Da quassu si gode di uno strepitoso panorama, al cospetto di ampi terrazzamenti coltivati e di una grande serra, altre zone incolte sono in fase di ripristino con il taglio della vegetazione.
Anche sui contratti di mezzadria, questa località e denominata Pian del Tonno, che potrebbe essere un toponimo, derivante da un’inflessione dialettale che bisognerebbe correggere con Timmu, cioè timo, ma interrogate alcune persone, residenti da sempre in questa zona confermano il nome a questa zona pedemontana, Cian du Tunnu.
In una carta topografica del 1850 vi è la dicitura Pian del Tonno ma Tonno è anche quel tratto di costa oggi denominato Baia del Corvo

Questa è zona di crescita spontanee di molte piante aromatiche timmu, carnabuggia, spersia. Adiacente a questo podere, c’è la rinomata località della Vignetta, decantata per le sue primizie, anche lei fronte mare e protetta dai venti di tramontana dal Briccu de Rive anche Briccu da Gobba.
La vecchia proprietà du Cian du Tummu era dell’ing Carlo Passega, forse un legame parentale con l’omonimo ingegnere idraulico che a metà dell’800, progettò il sistema di bonifica nel ferrarese. Questa eventuale parentela, spiega il geniale sistema, di raccolta dell’acqua piovana e sorgiva per uso irriguo, che riusciva a colmare due grandi vasche sufficienti a soddisfare il fabbisogno d’acqua per le colture del Cian du Tummu.
In un contratto di mezzadria del 1936, tra il sig. ing. Carlo Passega e il mezzadro Ghigliazza Antonio, stipulato tl 14 luglio del 1936 sono citati i confini del fondo coltivabile, lo stato in essere al momento del contratto e tutte le varie condizioni della mezzadria, la concessione dell’uso della casa, l’allevamento del bestiame e l’obbligo da parte del mezzadro di tenere pulito il bosco, utilizzando come contropartita la legna per uso proprio.
Seguono alcune contabilità, dove si evince che il mezzadro alla fine dell’anno era sempre debitore nei confronti del proprietario.
Interessante l’elenco delle colture e l’estimo del podere affidato al nuovo mezzadro.
La parte del leone la facevano i carciofi con ben 4164 esemplari! 2069 cavoli di vari, tipi 62 viti, 1801 mq coltivati a pomodori peperoni melanzane e fave, 31piante da frutto, ulivi che producevano 85 kg di olio, due mucche, una vitella, 8 galline e 8 conigli. Il totale come da valore di perizia era di £ 5.493

Ci eravamo accordati, io e Germano, in una precedente visita alla sua azienda, per la ricerca della sorgente che tramite una tubazione in ferro, portava l’acqua per uso potabile e irriguo al Cian du Timmu.
Partiamo armati di roncola e cesoie, che si riveleranno ben presto essere attrezzi, insufficienti, contro lo strapotere della natura!

Superiamo le lunghe canalizzazioni in pietra, che tagliano trasversalmente il fianco della collina e che raccolgono ancor oggi, anche se in parte dirute, le acque piovane che scendono a valle, convogliandole e regimentandole, tramite alcune caditoie, facendole arrivare nella grande vasca di raccolta, nei pressi da Ca Russa.
Seguiamo il sentiero, fino a che la vegetazione ne occlude la vista, decidiamo di dividerci per continuare la salita, ma è quasi impossibile avanzare, fra le eriche, il lentisco, rovi, ginestra e alberelli di pino, bisogna fare attenzione anche alle profonde buche scavate dall’acqua, che nascoste dalla vegetazione rappresentano un pericolo.

Ad un certo punto la pendenza è troppo accentuata e decidiamo di spostarsi lateralmente, ma arriviamo ad un punto dove la vegetazione è talmente fitta, che riusciamo a galleggiare camminando sopra di essa.
Riflettiamo più volte a voce alta che forse era meglio bersi una birra seduti in un bar, invece che essere qua in questo ginepraio!

Il nostro armamento è decisamente insufficiente, qua servono dei decespugliatori a disco o a catena e una motosega !
Ma questa è la tanto decantata macchia mediterranea un’incredibile varietà di specie vegetali che formano una biodiversità unica in Italia e forse nel mondo.
In questo pendio du Munte da Guardia la vegetazione è. particolarmente rigogliosa, ci sono belle rigogliose delle canne, segno che dal punto di vista idrico, le piante sono ben appagate e infatti siamo nella direzione giusta dell’Equa di Funtanin, perché troviamo uno spezzone di tubo in ferro.
Ma ancora non si riesce a proseguire sulla verticale e mentre scendiamo per raggiungere una parvenza di sentiero, un capriolo adulto, intento nell’abbiocco pomeridiano, scappa via saltellando, lui molto più a suo agio nel proprio habitat.

Ci fermiamo, prima di affrontare un altro ripido pendio, questa volta fatto di sole pietre, ora possiamo controllare lo stato delle nostre epidermidi, io con innumerevoli graffi sugli avambracci e sul dorso delle mani, Germano, in braghe corte, scorticato da far sangue!

Risaliamo ancora, dove troviamo un canale con alcune pozze d’acqua, qui la vegetazione è finalmente più rada, anche per la presenza di grandi alberi di pino e rovere.

La vista da quassù e strepitosa, sembra di toccare mare e cielo con un dito.

In questa stupenda posizione denominata dai Funtanin, è stato edificato un sistema di terrazzamenti, occlusi alla vista, con notevoli muri a secco di buona fattura, ancora perfettamente integri, su questi pianori al disotto degli alberi di ersci, uivi, rue, mimose e qualche fico, cresce rigoglioso un fitto sottobosco, evidenza di un buon approvvigionamento idrico.

A capo di queste fasce, che facevamo parte di una grande azienda agricola, di proprietà dei Marchesi d’Invrea, si incontra una cascina diruta, probabile dimora di qualche mezzadro, rifugio e deposito attrezzi.

Seguiamo l’andamento di un terrazzamento e nei pressi di una crosa, ritroviamo un tratto di tubazione, che ci indica ancora una volta, la direzione dove trovare a Vinvagna di Funtanin, ma anche un’enorme groviglio di rovi al cui interno si cela la fonte e molto probabilmente una vasca di raccolta dell’acqua, da dove si dipartiva la tubazione che poi arrivava al Cian du Tunnu.
Ma per affrontare i “cavalli di frisia dei rovi” serve altra attrezzatura e abbigliamento adeguato.

Si decide per il ritorno, da effettuare, imboccando a lato dei terrazzamenti, il sentiero che scende dalla Guardia, gira intorno au Briccu da Gobba e arriva alla Vignetta, ora lo scenario è molto panoramico, da cartolina.

Il percorso è molto acclive, solcato dall’acqua piovana e dalle bici che scendono dal Monte Grosso.
Questo percorso è molto gettonato dagli escursionisti, e accorcia il tragitto che sale ai 406 metri della Guardia.
Alla nostra destra la stretta valle du Rian da Moa.

Un’albero di pesche, con i frutti prossimi alla maturazione, ci avvisa che siamo arrivati alla Vignetta, zona di orti, di ville di primizie stagionali e de articiocche
Arriviamo au Cian du Tunnu, che è quasi ora di cena, non prima di un paio di birre offerte dall’amico Germano, che ringrazio per la bella escursione, con lui ho condiviso, l’impari lotta con la macchia mediterranea e gli incomparabili scenari, mare e monti di questo suggestivo angolo della nostra città
