
Al pianoro di S.Lorenzo, arrivava la mulattiera che proveniva dai Posi, i Peccetti e Cian de Saccun, da qui si dipartivano due strade in salita, le cosidette Muntà di Orbi per l’Arpiscella, raccontata nel mio U Pe du Diau e quella in direzione delle Faie, denominata a Muntà da Cappeletta, oggi via Primavera.

Mi è capitato di percorrere, qualche anno fa, nel periodo invernale, questa muntà, che prosegue per poi confluire, nella soprastante via Poggio Appropriato il nome Primavera, la natura in questo lembo di territorio era già in fase avanzata, con delle belle fioriture di mimosa.

Oggi dell’originale via Primavera, che si diparte al termine dell’asfalto, solo un tratto è percorribile, con grande difficoltà per l’eccessiva crescita della vegetazione, ruvei, freisce, gasie, frasci, serveghi, mimose e tante brughe, poi si arriva alla gigantesca voragine, della frana che proprio qui, il 23 novembre del 2019 si è staccata dalle pendici du Posu, trascinando a valle migliaia di metri cubi di terra e pietre, nella sottostante via Campomarzio, travolgendo centinaia di alberi e grandi massi, cancellando la strada da e verso le Muggine.
Solo se si arriva al cospetto del fronte franoso, ci si rende conto dell’entità di questo enorme distacco, una porzione di collina non c’è più.

Tutto il nostro entroterra e’ un fragile territorio, che sta lentamente, inesorabilmente scivolando a valle.

E’ necessario curare e monitorare le nostre colline, che sono a rischio ad ogni nubifragio, quasi sempre, nel periodo autunnale, quando sulle nostre zone si abbattono tempeste con eccezionali portate d’acqua.
Purtroppo ci siamo abituati al continuo stato di emergenza o far sempre interventi urgenti. Non esiste una pianificazione, a livello regionale, per la tutela del nostro entroterra e di prevenzione, se ne parla soltanto, ma poi in pratica, sono cose difficili da realizzare, mancano sempre i fondi le risorse ecc. e allora non si fa nulla, per mettere in sicurezza questi territori.
Ma ci si lamenta sempre dopo, da buoni italiani, di non aver fatto niente.

Eppure se solo ci addentriamo in un bosco, come quello che sovrasta via Primavera, si scopre che qualcheduno, tutto questo lo aveva già previsto molti anni fa e pur con le limitatezze tecniche del suo tempo, ma con un grande e immane lavoro, aveva posto in essere dei rimedi o almeno mitigato gli effetti dell’acqua di dilavamento.

Che questa era una zona a rischio de sbigge, ben lo sapevano quelli che molti anni fa in questi boschi, da dove traevano il loro sostentamento, avevano eretto una quantità enorme di muri a secco, anche con pietre di grandi dimensioni, creando dei terrazzamenti, il cui compito primario era di contenimento e di salvaguardia da eventuali frane.

Ho voluto documentare il lavoro fatto da generazioni di nostri concittadini con le foto allegate a questo post, muagge de prie a perdita d’occhio e alcune pose, basamenti in pietra dove erano caricati con pesanti fardelli i muli o le schiene degli uomini.

I surchi, altra indispensabile opera idraulica canali per regimentare, trattenere e far defluire le acque, che sarebbero risolutivi anche oggi specie quando i pendii sono molto acclivi come in questa zona.

Posto de piccapria, cave di pietra la materia prima non mancava, alcune cascine in zona, servivano per gli attrezzi e per il riposo dei cavatori, ma anche zona di coltivazioni, qui favorite dalla presenza di fonti e dal clima mite. anche nella stagione fredda, non ultimo un grande panorama con vista dell’alta valle Teiro e in fondo l’orizzonte del mare, questi furono i fattori che determinarono degli insediamenti umani in questa porzione di territorio.

Peccato per il sole che crea isole di luce e confonde i contorni delle cose da vedere in foto. Appena sopra a Muntà da Cappelletta si trova una cosa insolita, un gigantesco ciappun de pria, uno scivolo naturale , stranamente delimitato nella parte bassa da un muro di notevole spessore, forse eretto per dare stabilità al megalite, oppure molto probabilmente per chiudere la cavità, che formava la grossa pietra, e creare, un riparo sotto roccia, la cui entrata, laterale oggi è occlusa dalla terra, altre dimore dello stesso tipo sono nella zona soprastante, detta delle Agugiaie.
