Un Kettenkrad a Arbisoa

Sviluppato inizialmente come mezzo da trasporto leggero per le truppe aviostrasportate, l’Sd.Kfz 2 “Kettenkrad” era un piccolo veicolo con la parte anteriore simile ad una motocicletta, caratterizzato per il manubrio e per la ruota centrale, e per la parte posteriore progettata per adottare un struttura cingolata a 6 ruote.

Il Kettenkrad poteva trasportare 2 uomini, oltre al conduttore, oppure trasportare materiali e munizioni. Grazie al suo motore Opel 4 cilindri in linea di 1488 cm³ con distribuzione a valvole in testa e raffreddamento ad acqua , lo stesso dell’ auto Opel Olympia , poteva raggiungere una velocità massima di 70 Km/h.

Per mezzo del suo gancio posteriore era capace di trainare sino a 450 Kg di materiale ma anche cannoni anticarro di dimensioni contenute. Il Kettenkrad si dimostrò ottimale per trasportare carichi e uomini su terreni difficili come quelli sabbiosi del Nord Africa o fangosi della steppa Russa.

Più tardi, dal 1944 in poi, venne anche impiegato per la movimentazione sulle piste di volo dei caccia a reazione Messerschmitt Me 262 e dei bombardieri a reazione Arado A-234.

Un Kettenkrad ad Albisola

.Negli anni 80, ritorno’ in voga, una storia raccontata qualche anno prima da chi, diceva di aver visto due esemplari di Kettenkrad sulla spiaggia di Albisola, negli anni di fine guerra nel 44/45, intenti ad effettuare delle esercitazioni militari.

Dov’erano finiti quei mezzi cingolati? Alla viglia del 25 aprile ci fu un fuggi fuggi generale, i tedeschi non avevano avuto il tempo necessario o la voglia di caricare e portar via quei pesanti trattori e poi per farne che cosa?

Questo voleva dire solo una cosa, poteva non essere infondata, la notizia che quei mezzi militari, non erano mai usciti da Albisola. Magari abbandonati all’oblio da qualche parte, dove furono visti per l’ultima volta ma ancora sull’italico suolo.

Una testimone, qualche anno prima, aveva detto di aver visto uno strano trattore, con un manubrio da moto, trainare un vomere nel greto del Sansobbia, stava lavorando al dissodamento di uno dei tanti orti estivi, che prolificavano, nella bella stagione, nell’ampio alveo del fiume.

Nel periodo autunno/inverno, gli orti invece erano abbandonati alle piene del fiume, ma gli attrezzi e le macchine da arare o fresare, ricoverati in baracche al sicuro dalle piene del Sansobbia magari nei pollai in mezzo alle galline e ai conigli.

Ma dove poteva essere quella baracca, che celava almeno una, di quelle pregiate macchine dell’ingegno tedesco, profuso per gli eventi bellici? Un pregiato e ambito oggetto di culto, per gli appassionati collezionisti di residuati bellici?

Era possibile il suo abbandono nell’alveo del Sansobbia, per l’esagerato consumo di carburante per un guasto o semplicemente perché era finita l’epoca degli orti nei fiumi?

Ci fu un mini consulto fra un ristretto gruppo di esperti in militaria, concordi, che il Kettenkrad se c’era, doveva trovarsi celato proprio in una delle tante baracche/pollai, molte di queste abbandonate negli anni dai besagnin, che un tempo curavano gli orti estivi nell’alveo del torrente Sansobbia.

Due persone decisero di affrontare l’impresa della ricerca, ma fu scelto un brutto periodo dell’anno, il mese di giugno!

Quando la vegetazione, aveva già invaso e occluso alla vista, molte cose, e gli insetti erano nel pieno della loro energia, alzati in volo dopo la schiusa di milioni di uova intruppati in sciami pronti alla lotta per la sopravvivenza, anche a spese di due incauti esseri umani, che nel pomeriggio di un infuocato giorno di giugno, erano scesi nell’alveo del fiume per cercare il mitico Kettenkrad.

foto Piera Bernardis

Furono divelte alcune recinzioni e controllato l’interno di alcune baracche/ex pollai, dove c’erano ancora gli attrezzi zappe, badili e zappette canne usate come tutori per le tomate e tanta altre cose e anche tanta rumenta.

Ma del cingolato tedesco nessuna traccia ne’ indizio, uno dei due il più giovane, in preda al “furor da tesor nascosto” una patologia che colpisce sovente, chi si autoconvince di essere sulla pista giusta per far una grande scoperta, non si fece scrupolo di scassinar lucchetti e aprir porte di baracche e ripostigli!

foto Piera Bernardis

Ma nelle case vicine i rumori e presenze insolite nel vicino Sansobbia, avevano allertato e fatto abbaiare dei cani da guardia e anche allarmato qualcheduno, che ora alla finestra o su terrazzo stava scrutando con curiosità quell’oceano di canne, pensando forse a qualche facile preda da bracconare…. oppure..ma saranno mica quei ladri che riescono in pieno giorno a svaligiare gli appartamenti? Ecco dove si nascondono quei maledetti! Meritano proprio una bella lezione!

foto Piera Bernardis

Due persone perse in un mare di canne, acqua, alghe, rovi, pietre e terra, in un assolato pomeriggio di giugno, già grondanti di sudore, pieni di graffi da rovi, punture di insetti e con degli attrezzi da scasso in mano, quali scuse possono raccontare, al cospetto di inferociti cittadini, assetati di giustizia sommaria? Gli raccontano la favola del Kettenkrad?

Fu l’esperienza e lo spirito di sopravvivenza del più anziano dei due, che ebbe il sopravvento, decisero di abbandonare le ricerche, non senza qualche parola di troppo e raggiungere alla svelta una posizione di sicurezza.

Finì così la prima e ultima ricerca dei Kettenkrad di Albisola.

Resta il dubbio, ma saranno mai esistiti i Kettenkrad, ad Albisola? Se la risposta e affermativa, allora qual’è stata la loro sorte?

Diverse le ipotesi la più probabile è quella della rottamazione, negli anni 50/60, non esisteva il mercato di auto e moto d’epoca e al termine della loro vita meccanica, i veicoli a motore erano ancora una risorsa e venduti a peso ferro a uno dei molti raccoglitori/rottamatori, famosi per raccogliere ogni ben di Dio abbandonato dagli umani, sceglievano cosa tagliare con il cannello per il riciclo del ferro e che cosa bruciare per eliminare quello senza valore.

Molti oggetti invece erano stoccati in grandi baracche vecchie cascine, che come grandi empori erano in attesa di potenziali clienti, spesso immigrati per lavoro in cerca di arredi, per la loro casa.

A maggior ragione chi avrebbe rischiato delle sanzioni pecuniarie perché adoperava un mezzo militare? Dove lo aveva preso perché non lo aveva consegnato alle autorità?

Alcuni rottamatori giravano con i loro autocarri anche nei paesi dell’entroterra dove era più facile nascondere ogni cosa fu così che molti esemplari di auto e moto militari e non, che sarebbero oggi ambiti dal mercato dei mezzi d’epoca, finivano invece nell’altoforno.

Nelle nostre campagne si poteva anche celare, il classico tesoro spesso idealizzato con l’auto o la moto nel fienile, sotto un cumulo di fieno o paglia contrattata e comprata per poche lire dagl’ignavo contadino che l’aveva custodita per qualche decina d’anni.

E per finire perché non pensare che il Kettenkrad, sia ancora lì nell’alveo del Sansobbia,in qualche baracca fagocitata dalla natura? Ma che cosa rimane di un mezzo meccanico dopo 75 anni?

Oggi sarebbe ridotto ad un ammasso informe, completamente eroso dalla corrosione, ma sicuro riparo e nido di animali selvatici, un riciclo naturale che come sempre compie la natura quando abbandoniamo un nostro manufatto in un bosco nel mare o fra le canne di un fiume. Un nuovo uso, di quello che fu un pregevole manufatto dell’industria bellica tedesca, una pregiata macchine dell’ingegno tedesco.

A questo punto alla fine di questo post voglio esprimere il mio personale elogio a tutti quelli che appassionati di auto e moto d’epoca, con passione e non comuni capacità tecniche, hanno riportato o conservato in efficienza, veri e propri pezzi di storia da ammirare in una sfilata o all’interno di un’officina.

la moto nelle foto è la mia BSA WM20 del 1943

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