Oiu d’Oiva e Cutun

La foto del 14 marzo del 1960, mi ritrae a spiaggia, in un pomeriggio di fine inverno . D’estè s’andava a spiaggia cun paletta secchiello…oiu e cutun.

Tratto da” Olio di Oliva e Cotone” di Giovanni Martini

Cotone e olio di oliva, era la dotazione accessoria, ma necessaria, per chi andava a spiaggia, negli anni 60/70 e serviva per la pulizia della pelle, dal catrame, presente a piccole chiazze in acqua e depositato dalle onde, sul bagnasciuga e su tutte le spiagge della riviera.

A Genova Multedo, era in piena attività, il terminal petrolifero e le navi cisterna, che avevano scaricato il greggio, con il favore della notte, versavano impunemente in mare le acque di lavaggio delle cisterne.

A questo punto è necessario una n.d.r. sull’uso universale a scopo medicamentoso dell’olio di oliva.

Negli anni 60/70, questo unguento miracoloso, era usato per lenire ogni sorta di lesione cutanea o disturbo del metabolismo, ad esempio per i temibili “vermi”intestinali, che stranamente in quegli anni, infestavano tutte le interiora della popolazione, sopratutto quella giovanile, facendo la fortuna dei guaritori itineranti, porta a porta.

Gli interventi, erano effettuati a domicilio, massaggiando i ventri dei pazienti, erano “segnati”, con una miscela di aglio e olio, intonando versi religiosi o parole incomprensibili, il trattamento a volte era ripetuto a distanza di un paio di giorni.

I guaritori erano ricompensati al termine della liberazione dai vermi, con un offerta in natura, più spesso pagati con moneta cartacea.

In caso di scottature, la cute lesionata, doveva essere ricoperta d’olio e mantenuta al caldo!

Si consigliava addirittura di tenere la parte scottata a debita distanza sopra una fiamma!

Se poi, ad essere colpito era l’occhio, con la comparsa di un semplice orzaiolo, allora il rimedio era quello di appoggiare l’occhio su una bottiglia e guardare all’interno dove naturalmente doveva esserci dell’olio.

I temuti “orecchioni” erano curati, versando nel dotto uditivo un cucchiaio d’olio tiepido, aromatizzato cun un pò de spersia, maggiorana.

Conversando con la sig.ra Lina classe 1927, lei ricorda anche un’altro metodo, a cui era stata sottoposta da ragazzina, per estrapolare questa malattia, la testa del paziente, era infilata in un sacco, stretto con un laccio al collo, questo sacco dopo qualche minuto, a rischio del soffocamento del poveretto, era estratto velocemente, richiuso a palla e gettato da una scala, così facendo si ammazzava lo spirito malefico, che si era impossessato del malcapitato..

La sig.ra Lina racconta anche il trattamento da fare in caso di insolazione, sopra la testa del paziente, si poneva un piatto, con un poco di acqua e qualche goccia d’olio, se l’olio si diluiva voleva dire che il colpo di sole era stato debellato.

Le malattie dell’apparato respiratorio, erano curate, con il serio rischio di scottature, tramite degli impacchi di semi di lino bollenti avvolti in panni di stoffa e appoggiati sullo sterno,oppure con inalazioni di vapori di infusi diìell’onnipresente sambuco o foglie di eucaliptolo questo è forse l’ultimo rimedio ancora in uso oggi.

Poi c’era lo spauracchio di tutti noi bambini……………..in caso di escoriazioni, la disinfettazione, era effettuata con il terribile “spirito” alcool denaturato, molto più doloroso delle ferite subite.

Finito il supplizio dello spirito, la ferita era trattata con l’applicazione di polvere di penicillina, questo scongiurava il proliferare di batteri, ma dopo un paio di giorni quel medicamento provocava la formazione di spesse e orripilanti croste, che esageravano la gravità della lesione.

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