Io non ho mai avuto vent’anni.

Il primo luglio 2005, fu promulgata la legge che aboliva il servizio di leva.

Nella foto, un soldato di leva del 1977, fotografato sulla cupola di S.Pietro a Roma, con il “disco volante in testa”.

Le risorse, di cui aveva necessità l’esercito italiano, per il mantenimento di un contingente di circa 600 mila militari, creava la cosiddetta “economia di guerra in tempo di pace” un corposo sperpero di fondi pubblici.

A vent’anni, non ancora compiuti, sono stato precettato a fare il servizio di leva.

Partii un giorno di settembre del 1977, per un lungo viaggio in treno, strada facendo incontrai tanti ragazzi come me, partiti anche loro per la naia, ragazzi della mia età.

Inquadrati con una divisa, un numero di matricola, i vaccini nel petto, e una medaglietta da tenere sempre al collo con una catenella.

Il CAR ad Ascoli, poi la SMECA alla Cecchignola e infine al 121° Art.CAL Caserma Viali Bologna.

Un’anno vissuto di cose assurde, ripetitive, inutili, persi nelle periferia di grandi città, in gelidi e poi infuocati casermoni, in quella interminabile estate del 1978, fango, polvere e vitto per maiali.

Conservo ancora la scatola di quell’anno con le stellette, il cinturone, le spalline, uno stemma, cartoline e le lettere ad un perduto amore.

Obbligati al signorsì e a sbattere i tacchi, al cospetto di ridicoli, ignoranti e imboscati sottoufficiali, capaci solo di soprusi, nei nostri confronti e di rubar sfacciatamente vitto in mensa e benzina in taniche.

Qualcheduno faceva affari anche con la nostra urina, obbligando tutti quelli di leva, a urinare in un contenitore, da riversare dentro una cisterna, periodicamente ritirata da una ditta.

In questo squallido scenario, anche la triste vicenda nel 1978, il sequestro Moro.

Noi soldatini di leva, senza alcun addestramento, diventati un’inaspettata risorsa, per la Patria in difficoltà, a seguito del dilagare del terrorismo.

Comandati a far da bersaglio, per sorvegliare una caserma, al centro di Bologna, dove erano stati segregati, in via cautelare, politici, militari pluridecorati e chissà chi altro, con le loro famiglie, per protteggere la loro incolumità da possibili attacchi delle Brigate Rosse.

Menti molto raffinate, le stesse nascoste dietro alle Stragi di Stato, sapevano che mai i brigatisti avrebbero sparato a dei soldatini di leva e allora perchè non usare questi intruppati come scudi umani?

A Bologna, due anni dopo, la mia presenza per il servizio militare in quella città, nella sala di aspetto di seconda classe, posto di soldatini, lavoratori e di gente comune, una bomba fascista, non si fece nessun scrupolo e colpì nel mucchio!

Restano i ricordi, di tutti i miei coetanei con me in quell’anno di naia, volti, voci, risate, ragazzi di ogni parte d’Italia, dai mille dialetti del sud, che se parlati velocemente erano per me incomprensibili.

Commilitoni allegri, casinisti, tristi , solitari, violenti, drogati, depressi, prostituti alla Montagnola per quattro soldi.

Serate a stordirsi di vino in un’osteria o in un locale da ballo, ma attenti ai girotondi delle femministe, e lesti a scappare quando la polizia azionava gli idranti davanti a S.Petronio.

Salutar e lasciar qualche lira, alle ragazze di piazza Maggiore, con le braccia nere di eroina.

Un’anno di lunghi viaggi, teste ciondolanti di sonno in un treno, pullman o nella metro e dietro a quei finestrini lo scorrere di città, con le luci della sera, case quartieri, strade, le luci rosse e bianche delle auto in coda, volti di persone, rumore musica, il silenzio delle periferie, molte cose, troppe per un soldatino, in quell’anno con le stellette.

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