A Bananea

Tratto da “Olio di Oliva e Cotone” di Giovanni Martini

Da bambini, arrivati sulla battigia, si sceglieva con cura il posto dove stendere gli asciugamani, bonificando l’area dal catrame, dalle pietre più grosse e dai bastoncini di legno, arenati sulla riva era questa l’unica rumenta che c’era sulle nostre spiagge .

La plastica, non aveva ancora invaso l’habitat marino e costiero, ed erano tutte cose naturali, quelle che un bambino poteva, con sua meraviglia, trovare, catrame a parte, in riva al mare.

Elenco delle cose che si potevano trovare negli anni 60 su una spiaggia:

Ossi di seppia, tappi di sughero, qualche galleggiante per rete, ossa di pesca e albicocca, bastoncini da ghiacciolo, piume di gabbiano, gusci vuoti di mitili, vari tipi di conchiglie, innumerevoli pezzi di legno portati dai fiumi e scortecciati dall’acqua, il tutto avvolto dai ciuffi di posidonia che formava anche dei curiosi gomitoli, quella oggi del tutto scomparsa, come anche le belle conchiglie di murice.

In questo scenario l’unico rifiuto, rimasto uguale fino ai nostri giorni sono i mozziconi di sigarette.

La merenda era portata da casa, ma a volte si faceva il bis, quando passava il venditore di krapfen e cocco.

Ricordo il suo “krapfen caldiiiiii la noce di coccooo” si sentiva questo inconfondibile richiamo, ancora prima di vederlo, spuntare in lontananza, con il grande contenitore bianco dei krapfen, sostenuto a tracolla e in una mano il secchio d’acqua con all’interno i pezzi di cocco.

A volte la mamma ci comprava il krapfen, anche questo però aveva un aspetto e un gusto diverso dagli odierni.

https://it.wikipedia.org/wiki/Krapfen

L’origine del krapfen non è certa ma è consumato in molti stati con i più svariati nomi, a Varazze era presente in spiaggia già nei primi anni del secolo scorso.

Anno 1925 – Zio Giuanito con un collega nei anni di venditori di Krapfen sulla spiaggia

I krapfen degli anni 60, erano schiacciati, deformi, forse non erano proprio di giornata, impilati allo stretto nel contenitore pieni di zucchero, unti d’olio, ma il gusto era buono.

I krapfen hanno una prerogativa specifica, quando hai finito l’ultimo morso e ti sei leccato le dita, pulendole dallo zucchero, dopo qualche secondo, ti assale una sete bestiale!

Allora come un oasi nel deserto, per sconfiggere la nostra sete da krapfen, sul molo del Teiro c’era la “Bananea” soprannome dato a Lidia Celi, perché è stata una delle prime “besagnine” a vendere le banane al mercato.

Anche quelle diverse da oggi, più piccole maculate e dovevano essere consumate nell’arco di un paio di giorni

Lidia Celi per tutti “a Bananea”aveva il banco al mercato della frutta e verdura, in Ca-Braghe, con le cassette addossate alla base del muro di sostegno del ex edificio scolastico.

La ricordo come era, agli occhi di un bambino, di grande corporatura, sempre con una fascia intorno alla fronte che nascondeva i capelli e gli dava un aspetto quasi esotico, anche per merito della sua perenne abbronzatura.

Il suo chiosco era situato a metà del molo del Teiro, la parte aperta per le vendite, era rivolta verso la spiaggia di ponente, una parte era cabinata e nascondeva agli occhi dei curiosi, una piccola cucina, corredata di bombola e fornello a gas, dove erano preparati i pasti per chi si alternava al bancone.

Non c’era il frigo e le bibite erano tenute al fresco, grazie al ghiaccio di “Scìappapria” portato da un garzone con la tipica bicicletta da trasporto.

Erano famose le sue granite, confezionate sul posto, rompendo con un punteruolo le liste di ghiaccio, per poi poterlo passare nella macina, dove era ridotto in poltiglia e mescolato con i vari sciroppi, anche questo era mantenuto a bassa temperatura grazie ai blocchi di ghiaccio di Schiappapietra.

La Bananea aveva un carattere burbero e non tollerava tante pretese e decideva lei quale colore dei ghiaccioli vendere, poi eravamo noi ragazzini a scambiarci i ghiaccioli.

“Bambino come lo vuoi il ghiacciolo” ” Arancio?” ” Prendi questo al limone è buono uguale!”

Era consuetudine finite le scuole, durante le vacanze estive, fare qualche lavoretto, si aiutavano gli adulti di solito i parenti e questo ci faceva sentire grandi e guadagnare anche qualche soldino.

Presso il chiosco il lavoro non mancava e i nipoti, Giuseppe ed Ester si alternavano al bancone, ed era loro compito esclusivo, quando il sole era scomparso dietro la croce di Castagnabuona e la gente aveva abbandonato l’arenile, raccogliere le bottiglie di gassosa, aranciata e Coca Cola, lasciate sulla battigia.

Raffaella e Ester Petrini ritratte sulla zattera.

Nella famiglia della Bananea, albergava lo spirito imprenditoriale. Varazze, nel mese di agosto era “invasa” dai “bagnanti” erano molte le iniziative per intrattenere i turisti, qualche anno dopo il genero e suo fratello, costruirono una zattera, l’intento era quello di attrarre i bagnanti, per fare le foto, a tale scopo fu anche ingaggiata una piccola scimmia e la foto scattata insieme al primate e il mare sullo sfondo, poteva benissimo essere spacciata per qualche luogo a sud dei tropici!

Questa iniziativa ebbe un buon successo e quelle foto con zattera e finta palma si possono trovare negli archivi fotografici.

Per rendere la cosa ancora più selvaggia fu assunto un pitone anche lui da immortalare in foto, ma licenziato dopo che aveva provocato momenti di panico, in spiaggia, a seguito di una sua fuga.

Gli affari andavano bene perchè non offrire ai nostri gentili ospiti qualcosa di peso?

E cosi’per un certo periodo fece la sua comparsa anche un’elefante e grande fu l’interesse per questa novità!

Alla sera il bestione, era custodito in una stalla a S.Pietro era un’attrazione anche per l’entroterra, e arrivava gente da ogni dove per vederlo.

Ringrazio Ester Petrini, che mi ha raccontato di sua nonna “a Bananea” e per la gentile concessione a pubblicare alcune sue foto .

foto in b/n Archio Storico Varagine

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