Lillo

La storia di Lillo, deve essere vista nel contesto degli anni 70, dove il randagismo nelle nostre città di mare, era ancora tollerato, nonostante il DPR n°320 promulgato nel 1954, che recitava “I cani catturati perché trovati vaganti, devono essere sequestrati per il periodo di 3 giorni. Trascorsi i 3 giorni se nessuno li reclama, devono essere soppressi con metodi eutanasici ovvero concessi a istituti scientifici di ricerca ecc.”

A partire dal 1991, con l’introduzione della legge 281, i cani randagi non vengono più soppressi o ceduti per la sperimentazione, ma detenuti in un canile.

Quando quest’ultima legge entrò in vigore, il randagismo nei centri urbani, era già scomparso da qualche anno.

La motivazione era la possibile diffusione della rabbia canina, ma serviva anche avere un maggior decoro urbano, per le nostre città di mare, votate al turismo.

E cosi a poco a poco sparirono quelle variegate bestiole.

Per maggiori approfondimenti allego questo link.

https://www.kodami.it/la-vera-storia-della-lotta-al-randagismo-in-italia/

Lillo

Il 9 luglio del 1975 fui assunto nella ditta Edilizia Cristoforo Colombo Calcestruzzi e visto i miei studi di meccanica, reclutato presso l’officina di riparazioni mezzi da cantiere, camion, ruspe ecc.

Nell’area dell’impianto di fornitura calcestruzzo, tutt’ora visibile al Mulinetto, in sponda destra dell’Arrestra, nel territorio del comune di Varazze, erano di casa, la lupa Lilla e Flop, uno spinone, ex cane da caccia di Mario, il capo cantiere.

Un vecchio balordo can da suppe, però sempre presente quando la cagna Lilla, andava in calore.

Dal loro accoppiamento, era nato Lillo, un meticcio esteticamente mal riuscito, una grande testa in un esile corpo.

Ma aveva grandi occhi buoni.

Era di pelo nero, con la pancia bianca, magro e sempre affamato, ogni tanto spariva per qualche giorno e nessuno sapeva che fine aveva fatto.

Si capiva però che frequentava cattive compagnie, quando ritornava presso l’impianto di calcestruzzo, con il pelo arruffato, pieno di ferite a stento rimarginate e zoppicante.

Aveva il suo branco di cani randagi, da cui ogni tanto si staccava per far visita alla madre la lupa Lilla, sempre prodiga di leccate per le ferite di quel figlio vagabondo.

I cani randagi, negli anni 70, erano innumerevoli e si coalizzavano a formare piccoli branchi, di razze variegate, ma aventi grosso modo, la stessa stazza fisica.

Erano le conseguenze, di vere e proprie orge, fra canidi, praticate impunemente nella pubblica via.

Alla vista di quelle sconcerie, i bambini erano strattonati dalle loro mamme e allontanati in fretta, per evitar domande imbarazzanti e risposte evasive.

Era un vero e proprio mercimonio e per ogni cagna, uno stuolo di clienti.

A seguito dei variegati accoppiamenti, il risultato era un bestiario infinito di cani di tutti i tipi dai mille colori, a zampa lunga, corta, testa grande o piccola molteplici tipi di orecchie ecc..

Dall’aspetto fisico, a volte bizzarro, si riusciva a risalire alle fattezze dei genitori.

L’icona di quell’era libertina, era il lupotto, un simil pastore tedesco, a zampa corta.

Tutto sommato a Lillo era andata bene, aveva ancora la mamma e a differenza degli altri consimili, anche un papà.

Flop era domiciliato nell’abitazione di Mario, poco distante dall’impianto.

Quando arrivava con il suo incedere lento, da consumato tombeur de femme, era per saltare in groppa alla Lilla.

Quella povera bestiola di Lillo, scondinzolava all’arrivo del suo papà e voleva partecipare anche lui a quei carnali festeggiamenti, ma al secondo morso ricevuto, si ritirava guaendo di dolore.

Era la mascotte dell’impianto tutti volevano bene a quel bastardone dal pelo nero, con gli occhi buoni e ingenuo, lo si faceva felice con un pezzo di pane.

Un giorno Lillo ebbe il suo momento di gloria, che ci fu raccontato da una persona presente, sul posto dell’accaduto, quando l’impianto era fermo per riposo settimanale

Il titolare aveva un bellissimo Boxer, muscoloso, con il suo bel pelo lucido, abituato agli agi di una villa e a far fuori almeno due ciotole di buon cibo ogni giorno.

Per allenarlo al combattimento fra cani, un giorno lo portò presso l’impianto di calcestruzzo.

Con l’intento dichiarato, di farlo combattere contro Lillo, considerato come un vuoto a perdere.

Il boxer fu aizzato e avanzò minaccioso abbaiando.

Era uno scontro impari, il boxer bellissimo, in forma, con i muscoli a fior di pelle e con il doppio del peso corporeo dell’altro.

Lillo magrissimo e cagionevole di salute, aveva sulla carta, poche chances, forse la sua vita grama di stenti e fame, stava per finire quel giorno.

Si azzuffarono, ma il combattimento durò pochissimo, solo un gran polverone e poi un accorrere precipitoso per dividere i contendenti.

Lillo, forte della sua esperienza di strada, con una sola e veloce mossa, aveva mirato ad un punto vitale del rivale.

Aveva afferrato il boxer per il collo, lo aveva atterrato e stava per finirlo a morsi, il boxer, in preda ad uno schock, era fermo immobile a terra in balia di Lillo.

Il titolare portò via il suo cane, con una grossa lacerazione al collo, per una visita urgente dal veterinario.

Troppo ghiotta quella notizia per non essere divulgata, la segretezza durò ben poco e divenne in tempo reale, di dominio pubblico.

Il cane degli operai aveva battuto il cane del padrone!

Lillo fu premiato con un’abbondante dose di cibo e tante carezze!

Qualcheduno mise al collo della povera bestiola, una grossa e pesante rondella d’acciaio che fungeva da medaglia.

Lui con la testa bassa per il peso che aveva al collo, ci guardava con i suoi occhi buoni, come dire che cosa ho fatto per meritare tutto questo?

Seppi qualche anno dopo, che aveva finito la sua esistenza, ormai cieco e sordo, finendo schiacciato sotto ad un camion.

Ciao Lillo.

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