U Tesou de Roccaguardioa

L’Albero della Libertà

Nei primi giorni di aprile del 1800, tutto il nostro entroterra, fu coinvolto e sconvolto dai combattimenti fra le truppe francesi di Napoleone e quelle dell’alleanza austro ungaro-piemontese.

I resoconti delle battaglie ingaggiate tra i due eserciti, sono ben documentati negli archivi storici, ma anche sul web.

Questo racconto, evidenzia un aspetto comune di tutte le guerre, i saccheggi.

Il generale Massena, geniale generale nizzardo, sotto il comando di Napoleone, nella seconda Campagna d’Italia, era un fautore della guerra di movimento, dove l’esito di ogni battaglia poteva essere determinato dal prevedere e precedere rapidamente le mosse del nemico.

Questo, era reso possibile da un continuo controllo del campo di battaglia e delle vie di comunicazione.

Massena stesso effettuava a costo e a rischio della propria vita il sopralluogo del territorio oggetto della battaglia.

Durante la battaglia di Munte Crusce di Castagnabuona avvenuta i giorni 9-10 aprile del 1800 Massena, di ritorno verso le sue postazioni, provenendo dal rian Rianellu, dopo aver ispezionato il versante ad occidente dei Favari, arrivato dalla chiesa di S.Roccu. si accorse che la corda della campana, penzolava fuori dal piccolo campanile a vela.

Al generale bastò questo strano particolare, per intuire che gli abitanti del posto, avevano suonato la campana per inviare dei segnali al nemico.

In preda alla collera, ribattezzò la borgata con il nome di Castagnamarcia!

Ma questa non era una novità, tutta la chiesa e il clero, erano nemici giurati dei francesi e soprattutto del loro capo, Napoleone Bonaparte, che era considerato, alla stregua del demonio, perché aveva osato confiscare i beni della chiesa, mettendo così in pericolo il suo potere temporale.

I credenti, aizzati dai sacerdoti, non esitavano a segnalare la presenza delle truppe francesi, tramite il suono delle campane, degli innumerevoli campanili, presenti nel territorio della nostra città.

Il Santuario di Nostra Signora della Croce, occupato usato come dormitorio e ospedale dalle truppe di Massena, fu sconsacrato.

Per tutta la giornata del 9 e del 10 aprile, presso il Munte Crusce, si susseguirono attacchi degli austriaci e contrattacchi francesi.

Al comando del 63° fanteria, al termine della giornata, Massena aveva comunque consolidato la sua posizione sul Monte Croce e affidò la bandiera del reggimento ai suoi uomini, ricevendo la promessa, che mai gli austriaci sarebbero riusciti a conquistarla, rincuorato dal morale dei suoi uomini, Massena alle ore 17.30 insieme all’aiutante, un capitano, un luogotenente e due soldati si dirige verso u Briccu de Furche.

Sul Bricco si aveva una bella visione della Valle del Teiro e du Malacqua e dell’anfiteatro del Beigua, per scrutare le mosse dei nemici.

Salito sul Briccu de Furche scorge un lontano passaggio di truppe.

Convinto che fosse la brigata del colonello Sacqueleu, che doveva prendere alle spalle il nemico, lungo la direttrice, Briccu de Furche, munte Sucau, si affida ad un pastore, incontrato sul posto come guida, per la ricerca di questo reparto francese.

Ma il pastore, male informato o forse per partito preso, indirizzò Massena e i suoi uomini in bocca al nemico, che era accampato poco distante in località S.Martin.

In soccorso del generale, arrivano tempestivamente, sette granatieri francesi, che si trovavano “per caso” in zona durante una “maraude” ovvero un’operazione di saccheggio e di furti a danno delle popolazioni locali.

L’incontro avvenne nella zona du Maegua, sotto Roccaguardioa tra u Curno` e u Briccu de Furche.

Massena non ha tempo per indagare, d’altronde questi granatieri lo hanno appena salvato da sicura cattura e si dirige, verso l’Arpiscella, dove si trova il grosso della brigata di Sacqueleu presso il munte Greppin.

Massena è visibilmente in collera, probabilmente l’intera brigata si è data al saccheggio della zona, invece di dar manforte ai suoi assediati sul Monte Croce.

Massena chiede spiegazioni a Sacqueleu, del perché non fosse intervenuto contro gli austriaci.

Il colonello cerca di discolparsi, ma inutilmente, al calar del sole di fronte a tutti i suoi soldati viene degradato e ridotto al rango di soldato semplice.

A questo punto Massena, prende il comando della brigata e scende a Varazze, mettendo in fuga e inseguendo una colonna di austriaci, verso Cogoleto, erano le ore 22 del 10 aprile del 1800.

Ma il giorno dopo, l’11 aprile, cambiarono le sorti della battaglia e Massena, dopo uno scontro ai Piani di S.Giacomo, è costretto alla ritirata nella città di Genova

Le operazioni militari continueranno poi con la strenua difesa, durante l’assedio de Zena.

Forse furono gli esiti di quella maraude, la causa di uno strano e misterioso fatto, avvenuto a metà dell’800 au Pei.

U Tesou de Rocca Guardioa

Nel periodo estivo, arrivavano in città e nelle frazioni di Vase i “careghitti” diminutivo affibbiato agli impagliatori di sedie, sempre gli stessi che arrivavano dal Piemonte, per rivestire le sedute delle sedie, ed erano soliti, finita la giornata di lavoro, passare la notte in una casa/ magazzino al Pero.

Un giorno però, sparirono alla vista, abbandonando anche i loro attrezzi del mestiere.

Ci fu chi raccontò di aver visto, nottetempo, la direzione da loro presa e appena fatto giorno, cercò di rintracciarli, nel folto dei boschi, in direzione del Maegua, Briccu de Furche.

Li sorprese nei pressi di Roccaguardioa, intenti a scavar buche e a prendere delle misure contando i passi, partendo da un albero secolare in mezzo a una zona prativa, gli scavi portarono alla luce vecchie pentole arrugginite.

Ritrovate poi vuote del loro contenuto e di questi uomini da quel giorno nessuno ebbe più notizia.

I careghitti avevano recuperato le monete, i preziosi e altri oggetti, qui seppelliti.

Probabilmente erano il frutto di quelle “maraude del 9-10 aprile del 1800.

Ma una parte di quel tesoro, era senz’altro proveniente anche da altri scenari di saccheggi, avvenuti nella nostra regione.

E una quota della “spartizione del tesoro” sarà stata elargita a qualche nostro compaesano, presente e prestante aiuto, durante gli scavi per il recupero del bottino di guerra.

Ma questo non lo sapremo mai!.

Forse a seppelire quel tesoro, erano stati proprio quei sette granatieri che salvarono la vita a Massena e chissà quale sarà stato il loro destino, dopo aver trafugato e occultato quell’esito di scorribande e depredazioni .

Solitamente quando qualcosa arrugginisce, restando troppo tempo sottoterra, nella vana attesa di essere recuperato, significa solo una cosa, la menomazione o la morte di chi lo aveva seppelito.

Ma allora chi dei careghitti, e sopratutto, come, era venuto a conoscenza di quel luogo di sepoltura, magari descritto e dettagliato sopra una mappa?

Con il senno del poi, oggi, meglio sarebbe stato, se quei beni trafugati con la minaccia, violenza o con la morte dei proprietari, per i contadini il frutto di una vita di sacrifici e di lavoro, fossero restituiti ai legittimi proprietari o a godimento delle comunità depredate in quelle campagne napoleoniche.

E invece furono predati, una seconda volta, da una categoria già attiva nell’800 quella dei furbi/opportunisti.

Il fenomeno dei saccheggi durante le campagne napoleoniche in Europa, fu un “male necessario” che ricompensava in certo modo, i soldati della grande armèe.

Napoleone inflisse alcune severe/simboliche punizioni, agli artefici di questi reati, ma non riusci’ o non volle, porre fine a questo fenomeno.

Il bottino era in gran parte trafugato dalle case dei nobili o nelle Chiese.

Le razzie compiute nel nostro povero entroterra, erano solo alla ricerca di cibo e di animali da trasporto e traino o per carne.

Altri detti popolari, raccontano che il tesoro di Roccaguardioa, fosse stato nascosto lì, da ricchi possidenti, per paura di essere depredati dai soldati, che in quei giorni scorazzavano nel territorio della nostra città.

Ma perchè sotterrare monete e preziosi proprio in quel luogo e come mai quel tesoro non fu più recuperato?

C’è molto scetticismo su questa vicenda.

Come per altri racconti tramandati dal passato, anche questa può essere una storia realmente accaduta, ma ingigantita e modificata , fino a farla diventar una favola.

E ancora c’è chi dice che qualcosa sarà ancora seppellito sui nostri monti, sul monte Beigua dove i due eserciti si contrapposero in sanguinosi scontri e il monte Sciguello?

Dalla inconfondibile sagoma, dove stranamente stazionò per un paio di giorni la brigata del Sacqueleu.

Che cosa c’era di così prezioso, da trafugare in quella zona?

Tanto prezioso, da rischiare la pena di morte, disubbidendo gli ordini del Massena?

E quanto c’è di vero nella storia dell’asino d’oro di Napoleone?

Quell’asino che avente sul dorso un prezioso carico di oro e preziosi, scappò al controllo del suo conduttore, mentre le truppe francesi si acquartieravano ai Piani di S.Giacomo.

Fu poi ritrovato ma privo di quel carico di oro e preziosi.

Saccheggi e stupri, erano effettuati anche dagli eserciti amici, nei confronti delle popolazioni locali.

All’Alpicella si è persa memoria dell’erbu tedesco, una pianta dove era stato seppellito, un soldato austriaco, sorpreso e ucciso dai contadini, durante un tentativo di furto o di violenza.

Ma a renderere verosimile questi racconti di depredazioni e occultamenti, fu il ritrovamento di un gruzzolo di monete d’oro, nei pressi de Munte Crusce effettuato qualche anno fa, tramite l’utilizzo di un metal detector.

foto b/n Archivio Storico Varagine e dal Web.

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