
Un giorno di primavera, Beni abbandonò il lavoro a Ciampanù.
“Mi devu a me vitta a un po de stivè!”
A Beni è successa una di quelle circostanze strane della vita.
Spesso neanche si indaga del perché uno è scampato alla morte, si grida al miracolo.
Più bello pensare che c’è qualcheduno nell’aldilà che ci protegge.
E se succede una disgrazia allora era destino.
Meglio però sempre indagare e fare in modo che certe cose non accadono piu
La regola universale è quella di “trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato e viceversa”.
Era arrivata la primavera quella del 1956, nel Lurbasco le strade erano finalmente sgombre da neve
La settimana non era ancora finita, ma Beni doveva ritornare a casa a Sciarborasca aldi là dal Beigua.
C’era ancora qualche residuo di neve sul Beigua la terra era zuppa pregna di acqua che usciva che sgorgava da ogni parte, in alcuni punti c’era da attraversare impetuosi corsi d’acqua di disgelo

Gli fu consigliato di prendere la corriera di buon mattino.
Sarebbe partito a piedi con il buio, da Ciampanu per arrivare a Urbe, ma poi poteva starsene seduto comodo sul pullman, continuare il sonno interrotto, volendo poteva portarsi qualcosa da mangiare, come facevano in tanti, d’altronde erano interminabili quelle due ore e forse più, di viaggio tra curve saliscendi fermate e cambi di corriera.

Non esisteva la viabilità attuale, dal passo del Turchino c’era solo una strada militare che arrivava fino a forte Geremia.

Gli anziani ricordano l’arcivescovo Siri, originario di Urbe, negli anni 60 che si fece promotore di una strada per veicoli a motore, per unire Voltri, Masone con l’Alta Valle Orba, passando da quel stupendo scenario naturale che è il Passo del Faiallo .
Il tragitto per Genova nei primi anni del Secondo dopoguerra per chi abitava nell’Alta Valle dell’Orba era molto lungo, da Urbe si andava in direzione di Rossiglione, Ovada, Masone Turchino e Voltri.
Arrivati a Genova si cambiava mezzo di trasporto con le Autolinee Lazzi, per arrivare fino a Cogoleto poi Sciarborasca, ancora almeno un’ora da sommare alle altre del tragitto S.Pietro d’Olba – Voltri.
Ci voleva troppo tempo, se fosse passato da Cian Ferretto anche a piedi avrebbe fatto molto prima.
Sarebbe partito a metà mattinata per essere prima di mezzogiorno a Sciarborasca.
Beni aveva da poco acquistato un bel paio di stivali in gomma di quelli a mezza gamba e con quelli poteva affrontare qualsiasi tipo di intemperia.
Ringraziò Olga la moglie di Franco Siri che gli aveva consigliato il viaggio in pullman ma aveva i stivali di gomma e preferì, stracuò u Briccu, passare per Cian Ferretto.
“Mi devu a me vitta a un po de stivè!”
Con il senno del poi possiamo dire che quelle calzature probabilmente salvarono veramente la vita a Beni.
Quel giovedì 5 aprile del 1956, piovigginava e per cause non ben chiarite, forse per eccessiva velocità, la Freccia del Turchino l’autobus su cui doveva salire Bene, proveniente da Masone e diretto a Genova, uscì di strada, poco dopo aver oltrepassato il tunnel del Turchino e iniziato la discesa verso Voltri.

All’uscita di una curva l’autista perse il controllo del mezzo che urtò contro la scarpata, si capovolse e precipitò in un canalone con un volo di 50 metri.

Nell’incidente morirono 10 persone.

Tutti operai di Masone che si recavano al lavoro a Genova, nell’impatto perirono anche l’autista e il bigliettaio, i feriti furono 25.

Oggi a lato di quella curva un cippo ricorda quella tragedia dove perirono quei 10 lavoratori.
Beni non ritornò più a Ciampanu, alla guida di quel Dodge a far vita grama su quelle strade sconnesse, con i rigori dei lunghi inverni, le grandi nevicate e altrettante gelate, a caricare e scaricare il camion con una pala nel greto di un fiume.
Quel pomeriggio, di quella tragica giornata, Beni prese accordi per andare a lavorare alla Stoppani.

Il suo nuovo autocarro fu un Lancia Esa Tau.
“U l’ea grande e grossu ma quandu u vedeiva na salita…u se truvava puia”
Ma questa è un’altra storia.
Ho consegnato copia di questo scritto a Beni, un pomeriggio di fine agosto, per le ultime correzioni e modifiche.
Sono rimasto un’oretta con lui a parlar di quel suo primo lavoro alle prese con il Dodge de Ciampanu, mi ha offerto un bicchiere di buon vino bianco frutto di un’innesto tra moscato e uva francese Maluea di tante altre cose.
Beni aveva un suo grande amico collega, insieme a lui in ta Tubi Ghisa un brav’ommu che era capace a far di tutto u Gino …mio papà
foto dal Web
