U Can de San Roccu

Stella Gameragna, nel 1830/31, rimase indenne da un epidemia di colera che aveva colpito alcune località nel savonese.

U Moi, un migrante arrivato dal sud America, della famiglia dei Magliotti, disse che quello era un miracolo e che si doveva ringraziare S.Rocco, santo protettore dalle epidemie.

Gameragna ha due chiese, una dedicata a S. Caterina d’Alessandria.

E l’altra consacrata proprio a San Roccu

Si decise di così di onorare il santo con una processione.

Ma per far bella una processione, serviva una cassa con il santo, da portare in giro per il paese.

San Roccu u l’eiva fetu a grazia! U culera u l’ea a Sanna ma nu s’ea fermò a Gameagna !

 I fedeli, povera gente sudditi, succubi di ogni potere, che campavano in miseria, solo grazie alle loro forze, parteciparono alle spese per la cassa di S.Rocco, convinti della grazia ricevuta.

Gambalunga al secolo Bartolomeo Rebagliati, uno scultore della scuola del Brilla di Savona, si mise all’opera e realizzò una bella raffigurazione di San Roccu.

La statua del santo visibile nell’oratorio di S.Rocco a Stella Gameragna è un giovane uomo, vestito da pellegrino, con sopra il mantello le immancabili conchiglie del Cammino di Santiago di Compostela, il bastone del viandante, una fiasca dell’acqua alla cintola, il ginocchio sinistro in bella evidenza e la mano del santo che indica la cicatrice di guarigione dalla peste

Finalmente una bella statua per santificare il santo!

Ma la storia completa de San Roccu, racconta di un cane, che quando il santo si ritirò morente in una grotta, ogni giorno gli portava un filone di pane.

Alua ghe vò un can.

Ma non si poteva chiedere ancora altri soldi a quella comunità già stremata dagli stenti e poi per un cane….

Antonio Brilla, scultore di Savona in quel periodo era in villeggiatura a Stella Gameragna.

Fu reso partecipe di questa necessità coreografica, ma anche della mancanza di risorse finanziarie, per realizzare quella statua, che raffigurava il cane di San Rocco.

L’artista oramai affermato e famoso, si offrì per realizzare quel cane con la pagnotta in bocca.

Non volle alcun compenso, solo una bottiglia di vino bianco del Figallo, una zona di Gameragna, rinomata per il suo vino.

E così il cane del Brilla, da quel dì fece bella figura, con quella pagnotta in bocca su quella cassa insieme a San Roccu.

La processione era un momento conviviale e di preghiera, ai bambini per farli star buoni, era raccontata la storia di quella brava bestiola, che portava un filone di pane in bocca, per il santo che era tanto malato.

 Anche se dal quell’aspetto statuario, traspariva forza e gioventù

Quel cane portato in processione, era anche il giusto riconoscimento per il miglior amico dell’uomo.

Ma da Vase nel 1905 arrivò un nuovo parroco Bartolomeo Ferro u pre Balun

Era un giansenita, la predicazione che vedeva nell’uomo, un essere vivente istintivo e destinato per natura, a commetter peccati, soprattutto di tipo sessuale.

Così in chiesa, impose la separazione fra i due sessi, con le donne in prima fila e gli uomini in fondo alla navata.

 Anche i bambini dovevano essere separati dalle bambine, sotto il rigido controllo delle suore.

Il sesso era l’incubo di quel prete!

E quel cane, sulla cassa del santo con gli attributi maschili….in bella vista, non poteva essere tollerato da un giansemita.

Turbava le donne incuriosiva le giovinette.

Chissà forse erano anche altri particolari, di quel gruppo scultoreo, che turbavano il sonno del sacerdote, quel ginocchio desnudo di S.Rocco, quella veste appena alzata…e quel filone in bocca al cane.

Pre Ballun non aveva nessun potere su quella cassa, di proprietà della Confraternita dell’Oratorio di San Rocco.

La diatriba se castrare o meno quella statua che raffigurava il cane, andò avanti per vent’anni.

Finchè una notte pre Ballun, diede seguito al suo perverso, a mio parere, intendimento.

Fece castrare quella povera inerme bestiola, di notte, lontano dalle proteste dei confratelli, da Maxin di Saè al secolo Cerruti Tomaso, uno scultore che con scalpello e pialla evirò il sesso da quella statua….

Poviu can l’han capunò, ma u l’è ancun lì, cun quellu toccu de pan in bucca, pe San Roccu

foto e spunti storici da ” Fra Terra e Cielo” di Renato Rebagliati

   

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