
Chiedo a Maria Santina Delfino, se è possibile vedere la zona, dove durante la seconda guerra mondiale, accadde un fatto raccontato da Giovanni Ghigliazza e descritto nei “I Ricordi di Gino” da me pubblicati sui social.
Siamo in ta Canaetta al cospetto di un bel panorama, nel cortile della casa di Santina.

Qui durante un rastrellamento, a seguito di una delazione, uno dei Scoppola, al secolo Delfino Giulio, che aveva disertato, si nascose nel forno.
Una struttura esterna dove era cotto il pane.
La nonna di Santina, Molinari Santina, aiutò il fuggitivo e mise una fascina davanti alla bocca del forno.
Sanmarco e camice nere, perquisirono l’abitazione ma non guardarono nel forno.
Quel forno non esiste più, come tante altre cose che erano funzionali ad un’economia, che traeva il suo sostentamento esclusivamente dalle risorse del nostro territorio.
Si parla del lavoro dei nostri vecchi.

Santina mi accompagna lungo un tratto della Via del Legno, che da Canaetta proseguiva verso S.Bernardo.

Raggiungiamo il pilone da Madonna che a se gia.
Da questo bivio con la Muntò di Buei, passavano le lese che rifornivano di materia prima i Ciantè de Vase.
Era una zona molto antropizzata, dove oggi sono visibili notevoli manufatti, di buona fattura, Ciappin, Miagge de Pria, Fasce e Seccou.
La borgata della Canaetta sovrasta l’ex tenuta vinicola de Cian de Banna e il Sciu da Teiru.

Nel pianterreno della sua abitazione, Santina ha conservato un’antichissima forgia in legno.

Con rivestimento refrattario, utilizzata da suo padre e proveniente dall’officina dei Ciodà.

Con ancora gli attrezzi adoperati da suo nonno Nicola Macciò che insiema al fratello Giobatta avevano un’officina da fabbro.

Bello e interessante, un rarissimo tornio da legno a pedale.

Appesa ad una pareta, fa bella mostra una Ressia, come quella adoperata dai Arsioi du Lurbascu, i segantini, che dal Biun, tronco, posato sopra u Bancà d’Arsiou, un cavalletto, lavorando in coppia ricavavano le assi e le traversine per la ferrovia.
I Ciodà
Nella prima decina del “900 in località Cin-a, c’era la bottega da fabbro dei Ciodà, di proprietà dei fratelli Giobatta e Nicola Macciò, provenienti da Masone

Erano alloggiati in una casa-bottega, nella curva del Sciu da Teiru, in località Cin-a, dove il fiume si restringe, prima del Turtaiò de Gambun.
A piano strada dell’abitazione avevano il loro laboratorio.
I Ciodà erano specializzati nella forgiatura dei chiodi per ogni tipologia di impiego.
Annoveravano come principali clienti i Cantieri Navali.
Dediti anche alla fabbricazione di utensili per uso agricolo.
Chiedo informazione alla memoria storica da Cin-a, Marisa Rebora classe 1931 e lei gentilmente mi accompagna a vedere dove un tempo c’erano I Ciodà

La finestra che dava aria al locale dove c’era la forgia.
Marisa mi indica la zona, dove in un locale dalla parte opposta della strada, esercitavano anche l’attività de Ferrò e Bestie, maniscalchi

Molto probabilmente erano attrezzati anche con l’apposito paranco, per sollevare e Ferrò Vacche e Buei
Ringrazio ancora una volta Marisa per la sua gentile disponibilità!

Berto Delfino e Maria Santina, figli di Delfino Giobatta e Macciò Maria sono nati nell’abitazione dei Ciodà.

Un residuato bellico, diventato paracarro in tempo di pace
L’officina da fabbro fu chiusa a inizio anni 60
Era una delle innumerevoli attività che erano nel Sciu da Teiro, dove gente laboriosa e tenace avevano insediato, quasi tutte in sponda sinistra del fiume, molteplici attività lavorative perlopiù “giocavano con l’acqua” con le quattordici ruote a pale che traevano la forza idraulica dal nostro fiume.
Ma c’era anche chi “giocava con il fuoco” erano i fabbri, costruttori come i Ciodà dei preziosissimi chiodi, ferri da cavallo, attrezzi agricoli, e tanti altri oggetti in ferro.

Anche le gigantesche pale per muin, frantoi e cartee , costruite o riparate .
Ringrazio per la loro cortese disponibilità, Maria Santina Delfino, Marisa Rebora e Berto Delfino.
.
