1) A Stra de Lese da Cappelletta

La Stra de Lese, che arrivava da Ciampanù, oltrepassata la Cruscea de Vie, tagliava trasversalmente le praterie e i contrafforti del versante sud del Monte Beigua.

I Cien de Prariundu, posti da fen, funsi e cun tanti posti, che pe teitu g’han na pria.

U gh’è anche a Pria du Can

A partire da questa località la strada era sempre in discesa.

Era buona cosa, per gli animali da tiro, che negli anni 50 del secolo scorso, ancora transitavano lungo questa via del legno, trainando le Lese, slitte o tregge, con il loro carico di tavolame, legna da ardere e fieno, in direzione della della nostra città

I Bo Cabanin, animali molto intelligenti, arrivati in vista del mare, sapevano che la strada era ancora lunga e tortuosa.

Per quei poveri animali da tiro, erano terminate le grandi fatiche, ma ora iniziava un percorso pieno di insidie.

Con il loro andirivieni sul Beigua, conoscevano a memoria il percorso sapevano dove mettere i zoccoli nei passaggi più difficili.

Bastava un solo conduttore per tre quattro anche più Lese. 

Ho ascoltato racconti struggenti, da chi conduceva i Bo Cabanin, capaci di affezionarsi ad una persona e capire al volo il da farsi, solo con uno sguardo o con un breve comando vocale.

Uomini anziani con gli occhi lucidi a ricordar quegli animali, compagni di tanti giornate di lavoro in questi boschi.

E poi racconti che sembrano esagerazioni, ma non lo sono.

I bo Cabanin, avevano una sensibilità e una memoria straordinaria, sapevano che la fatica e anche la loro vita, dipendeva da quel pesante carico, che stavano trascinando e allora intelligentemente, lo governavano al meglio delle loro possibilità.

Quella che stiamo percorrendo è forse la Stra de Lese più importante, quella che portava il tavolame, proveniente dal Lurbasco in riva al nostro mare,materia prima per i Cantieri Navali.

Erbui de rue e toe impilè, rubelè su dau Beigua, d’invernu cun u giassu, neive e ventu fin a maina de Vase.

Quante lese sono passate di qua!

Centinaia di migliaia nei secoli, per far grande Varagine e poi Vase.

Se noi viaggiatori nel tempo, fossimo atterrati un paio di secoli fa, sopra u Briccu dell’Aquila, una cima dominante e panoramica di questa parte del Beigua, avremmo visto le carovane di Lese, che scendevano dal nostro monte.

 Un’andirivieni con altri buoi, liberati del loro carico, sulla via del ritorno, verso la loro stalla, senza la Lesa o u Cavalettu, venduti come legna da ardere, agli abitanti della riviera.

 C’era la neve, ma lo strisciar del tavolame e i zoccoli dei buoi, avevano creato una pista, ben marcata visibile a perdita d’occhio, nel biancore dello strato nevoso.

Oggi, possiamo ancora percorrere queste antiche strade, intuirne la direzione, trovare i segni che ci hanno lasciato quelli che prima di noi sono stati in questo mondo, su questa montagna.

Nelle praterie erbose, du Cian de Pra Riundu, la Stra de Lese, è evidente, alla vista di una lunga fila di pietre, che era il sedime della strada, poi divelto, reso instabile, dall’acqua piovana e accatastato ai lati del percorso.

Antichissimi manufatti, mai censiti, nè indagati, seguono il tragitto della Stra de Lese.

Con un breve saliscendi, si attraversa un boschetto, dove fa bella mostra una bella Trunea, di forma circolare priva della copertura e in parte diruta.

All’inizio del bosco, la strada ha un brusco cambio di pendenza e ora passa in uno stretto canalone.

Lecito essere curiosi e domandarsi perché è stato scavato, la risposta è il riempimento, effettuato con la terra di risulta dello scavo, di un’acclive avvallamento.

Un sostegno della strada, verso valle è realizzato da un’antichissima Miaggia, con pietre di grandi dimensioni.

C’è una grande pietra smussata, cerco e trovo la testimonianza del passaggio delle Lese.

Per il faggio è già iniziato il periodo de Foggerusse, con le prime avvisaglie giallo rosse.

Bellissimi i boschi monopolizzati dal faggio, con il loro spettacolare apparato radicale.

 E poi scoprire, guardando le foto di essere stati spiati da un essere antropomorfo!

Solo se ci si addentra in uno di questi maestosi boschi, si può capire con quanta forza, la natura governa questo habitat.

Ai primordi degli insediamenti umani, chi su questo monte emetteva il primo vagito, divenuto adulto, trovava sostentamente per se e per la sua famiglia dalle risorse dei boschi.

Faceva vita tribolata, ma era parte anche lui dell’equilibrio della natura, il suo umore seguiva il ciclo delle stagioni, gioiva all’arrivo della primavera, si scaldava al sole di agosto e restava come noi ammirato da questo bosco autunnale dalle tante tonalità di colori.

Aveva timore della natura, la adorava e la rispettava.

Gli alberi, i grandi monoliti rocciosi, le sorgenti, facevano tutti parte della sua religiosità.

Ma altri uomini, inventarono un simbolo e lo fecero anche per assoggettare, incuotere timore e depredare.

I cristiani furono inviati a convertire il popolo della montagna e lo fecero parificando il loro adorare la natura, alle pratiche eretiche e di stregoneria.

Si spartirono le loro terre, posizionarono delle pietre di confine.

La croce cristiana fece la sua comparsa e modificò le Pietre Scritte.

A cercarla anche sulla Rocca dell’Aquila, troveremo un cruciforme.

Ma oggi io e Francesco stiamo seguendo il percorso di questa Stra de Lese e il tragitto da fare è ancora lungo.

La si potrebbe chiamar la via delle Amanite!

Decine di esemplari di questo bellissimo fungo ci stanno indicando la direzione della strada.

Speriamo di non trovare un Serciu de Manite …è un simbolo della presenza delle streghe!

Seguiamo il segnavia croce rossa, ma non sempre il suo percorso coincide con la Stra de Lese.

Inconfondibile la sagoma della strada.

Sono le pietre posate per dar sostegno e guida alla strada, i tratti di sedime con Ciappin e le pietre consumate dalle Lese che ci indicano la giusta direzione.

 Se un Rian interrompe il percorso, a ben vedere si trovano ancora le basi di un ponte che doveva essere in legno.

Una Trunea con la copertura in travi dove ripararsi in caso di pioggia o di tormenta.

Questi manufatti erano funzionali a chi transitava lungo le Stra de Lese e durante la fienagione.

La strada ora scende verso e Ligge, u Briccu du Ventu, Canain per arrivare alla Cappelletta delle Faje.

Ma noi proseguiamo in direzione del Monte Cavalli.

 Qui si incontra la strada carrabile che con una discreta salita, raggiunge le prese dell’acquedotto.

Si interseca il segnavia del percorso napoleonico e il sentiero Triangolo Rosso che porta alla vetta del Beigua

Proseguiamo dalle Giare, verso a Peioa, qui il percorso è finalmente in piano e negli spazi lasciati liberi dagli alberi, si può godere di belli e suggestivi scorci verso il mare e il Monte Beigua.

La strada carrabile e in discesa, interseca altri percorsi che salgono verso la vetta.

Raggiungiamo la mia auto lasciata nella zona del Grupasso.

Si sale verso la vetta del Beigua e il Belvedere, dove è parcheggiata l’auto di Francesco.

Il Belvedere spettacolo della natura!

 Sosta obbligata davanti ad un panorama di incomparabile bellezza.

Oggi una coltre nuvolosa nasconde il mare, ma in strappo fra le nuvole , si intravede Bergeggi e Capo Noli.

Il tramonto del sole svela la sagoma della luna, già alta nel cielo.

Tra poco quella grande cascata di pietre, il Pian della Luna, U Lunò, una pendice del Monte Cavalli, riverbererà la luce della luna piena.

Chissà come nacque questo bel toponimo U Lunò, con le sue leggende e quella antica foa dei taglialegna

A questo link “A Foa du Lunò” una favola dei boschi, rivista, modificata e inserita in un periodo storico della nostra città.

A Foa du Lunò

Ringrazio Francesco Canepa, insieme abbiamo percorso questa antichissima strada, dove sono ancora sono visibili le testimonianze del passaggio degli innumerevoli carichi di tavolame per l’energivora industria cantieristica di Varazze.

Lascia un commento