A Grangia

L’edera ha invaso anche la Grangia, questo grande monumento di rilevanza storica del XII secolo o poco di più, costruita dai Cistercensi.

 Dai Munaghi Gianchi era adibita a magazzino.

Caduta in disuso suo interno furono costruite delle vasche che servivano per la produzione del sapone, un’incendio distrusse la copertura.

La Grangia Cistercense, tanto decantata dagli storici locali, ma da pochi miei concittadini, vista veramente dal vero.

Con quel grande arco del suo portale, unica pregevole opera di architettura.

Reso invisibile oggi dalle piante rampicanti

Oggi la Grangia è abbandonata all’incuria dell’uomo e al degrado del tempo, ma l’edera che soffoca gli alberi, per nostra, non meritata fortunata, fortifica le strutture in pietra, mattoni e calce.

L’ingresso è interdetto, ma con un ampio giro, si può entrare dall’alveo del Teiro.

Si passa davanti a Savunea, anche lei conquistata dai rampicanti, la foto è degli anni 90, quando in questo opificio esercitavano l’attività di marmisti, i fratelli Regnasco

Animali del bosco razzolano fra queste mura, con discreti abbandoni di rifiuti, una scena emblematica del degrado ambientale e culturale della nostra città.

 In altre realtà dove è forte il rispetto della propria Storia, che non deve essere sempre e solo quella religiosa, ma anche quella della vita reale, del lavoro, questi ex opifici, sarebbero già stati aquisiti dall’Ente Pubblico, Comune Sovraintendenza, Beni Culturali ecc. manutenuti e valorizzati.

Ci sono finanziamenti per far tutto, possibile che non esista niente per l’archeologia industriale della nostra città?

Il colle de San Dunò, e u Muin a Vapure

Che cosa c’è lì, dove tutti sono andati via?” Un amore che nessuno si ricorda”. Servono libri che mettano in salvo quell’amore

Grazie ad un’uomo geniale abbiamo il libro!

Quello di Lorenzo Arecco “Gli Opifici ad Acqua nella Valle del Teiro” una meritevole opera che ha messo in salvo la memoria del Sciu da Teiru e da cui ho preso spunto per questo articolo.

Grazie Lorenzo!

Questo testo che parla dell’immensa mole di lavoro, che era propria del Sciu da Teiru, dovrebbe diventar libro di testo per le nostre scuole!

Un libro che fa pensare a quella moltitudine di operai, che a pochi metri dalle proprie abitazioni traevano sostentamento.

Ragazzini a caricar carbone nella Cornovaglia, du Muin a Vapure, uomini bestie da lavoro, a scaricar corbe de sansa, strassi unti de grassu, sacchi de soda pe fo u savun.

Gente laboriosa, ma anche geniale, visitando questi ex opifici, penso a chissà quante soluzioni tecniche, migliorie, modifiche apportate nel tempo dall’esperienza o da innovazioni specifiche per ogni tipo di attività, sono state effettuate con alterne fortune in questi opifici.

 Magari un tempo anche segreti industriali, che si celano ancora fra questi impianti, marsi da ruse, ingugii da lelua, ruvei e pin de rumenta.

Sarebbe bello poter, con le dovute precauzioni, visitare l’interno di questi locali, ma bisogna accontentarsi di guardar le cose da una finestra o attraverso la breccia di un muro.

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