
Grazie a chi mi ha raccontato delle sue paure da bambino, ho compilato questo elenco di storie inventate dagli adulti, per far star bravi e allontanare dai pericoli i bambini.
7a parte A Burda a Benua u Senestru u Stregunessu.
Con l’articolo n° 7 termina questo elenco, non esaustivo di minacce, paure, racconti e bestiasse, in uso nel territorio della nostra città, suscettibile di modifiche e di ulteriori inserimenti, grazie al contributo dei commenti a questo articolo
Cambiano i nomi degli esseri maligni o mitologici ma lo scopo perseguito era sempre lo stesso, anche a diverse centinaia di chilometri dalla nostra città.
Incutere paura per ottenere l’ubbidienza e preservare inconsapevoli, sbadati bambini dai pericoli.
Chi è nativo del Savonese, aveva la Benua, che arrivava di notte e “resuggiava” le orecchie ai bambini cattivi.
Dau Rian di Tecci a Quiliano, la sera non si usciva per paura du Lauccu, l’allocco.
Ad Albisola u Senestru, era il diavolo fatto animale, è nota o forse sono fantasie, che la salamandra è capace di attraversare le fiamme.
Ma se malauguratamente si era morsi da questo animale, per aver salva la vita, dall’effetto del suo veleno,(inesistente) allora bisognava contare le macchie nere sulla pelle di quella salamandra e far visita ad un numero uguale di chiese.
A Lerca ad una certa ora bisognava chiudersi in casa, perché le streghe praticavano lo stregunessu, che erano incantesimi, cattiverie, magie nere.
Chi arrivava dal Sasselese aveva paura delle peschee perché all’interno “u iera a Burda che ad tia zu”.
Da San Martino i vecchi hanno tramandato i racconti dei fuochi fatui che si vedevano verso u Briccu de Furche, dove probabilmente erano stati seppelliti dei soldati, durante gli scontri fra le truppe francesi e austriache nell’aprile del 1800.
E poi sarebbero da elencare tutti i gesti, i modi di dire e le azioni scaramantiche, alcune ancora in uso, come quel numero 13, assente nelle numerazione delle cabine dei bagni marini della nostra città, e poi ancun
- Nu passò a spassuia in se scarpe a un fantin
- Porta ma giò u pan in sa toa
- Nu tegnì u pegua avertu in ca
- Attentu au gattu neigru
- Le posate incrociate portavano male
- Ne di venere nè di marte non ci si sposa né si parte
- Il verso della civetta
- I sottoscala con la tenda dove poteva nascondersi chissà chi
- I tuoni era il rumore che faceva il diavolo quando faceva rotolare la botte con la moglie dentro
- In te prie u gh’è sta u Diau ( nelle pietre ci sta il diavolo)
- A na serta ua tutte e prie diventan strie
Rinnovo l’invito a chi ha avuto la pazienza di leggere questo articolo, per dare un gradito contributo raccontando i suoi ricordi di giovanili paure, storie ecc. per arricchire il contenuto di questo elenco.
Grazie!
