
Chissà di chi erano e che storie potrebbero raccontare, le cose accantonate, abbandonate e poi ritrovate per caso sotto uno strato di polvere fra le ragnatele, cataste di cose, escrementi di topi, in un trasloco o uno sgombero de na Trabacca un Suttuscaa o na Cantina.
Oppure cose ancora perfettamente conservate, come lo sono certi libri, da chi per tanto tempo, ha avuto cura che non si sciupassero, che non fossero preda dell’umidità e degli insetti e dei roditori.
Ma a quel nuovo proprietario, un Forestu, non gli interessava proprio niente di vecchie cose, libri o altro di quei balordi liguri, criticoni e gelosi delle loro cose vecchie!
Gli interessava aver libera quella cantina o soffitta il più presto possibile.
Ordinò di svuotare quel locale a chi gli faceva quello sporco lavoro al miglior prezzo
Lo “Svuotacantine” di razza italica ma dall’incomprensibile
parlata, era interessato solo agli oggetti di metallo da poter rivendere al rottamaio.
Per lui quella grande catasta di libri, riviste, spartiti di musica e
quaderni tutti molto ben conservati, era solo carta da macero.
E così è capitata a me una di quelle strane coincidenze della vita, quando ci si trova, bene o male al posto giusto al momento giusto.
Riuscii recuperare alcuni libri riviste e quaderni dalla risulta dello sgombero de na Trabacca de Numascelli, destinati al macero.
Ebbi un timore reverenziale a sfogliar quei quaderni sottili, scritti con una perfetta fitta calligrafia, da una giovinetta nei primi anni del 900, belle scritture anche in alcuni libri contabili
Molti gli spartiti di musica buttati in ordine sparso, con le pagine sfogliate da un refolo di vento.
Poi ancora romanzi con belle copertine in similpelle, alcune ben rivestite di carta come si faceva un tempo per non sciuparle.
Giornali e riviste con foto a colori.
Libri di storia e di tecnica.
C’erano almeno tre generazioni di lettori, sedimentate in quella biblioteca allo sfascio.
Testimoniate dalla presenza di un manuale del 1878, molti libri di inizio 900 e una cospicua collezione dei Read Digest degli anni 70 del secolo scorso.
Altra strana coincidenza, ma con miglior sorte, ebbe invece un pregevole manoscritto, ritrovato nel 2019 a Savona.
Nessuno ricordava più dell’esistenza di questo voluminoso manoscritto, destinato ad essere perso per sempre.
Fu ritrovato fortunosamente, nel 2019 durante lo sgombero di una cantina.
L’addetto ai lavori, si soffermò ad esaminare questo volume e si rese conto di aver per le mani un’opera unica, di importanza storica e religiosa.
Ebbe subito la tentazione di venderlo in un mercatino, ma forse consigliato o ravveduto, decise di donarlo all’Archivio Diocesano di Savona.
Questa la sua storia.
Nel 1937 Amedeo di Savoia-Aosta è nominato Vicerè d’Etiopia e nel 1938 regala il Manoscritto Etiope come dono di nozze al maresciallo Urbano di Savona, suo attendente in terra d’Africa.
Un dono poco apprezzato, la caduta in disgrazia dei Savoia la causa del suo oblio? Puo essere!
Il voluminoso manoscritto di oltre 10 kg, è una raccolta degli “Atti
dei Santi” scritto in dialetto etiope datato al XIII secolo.
Con una pregevole scrittura su pergamena, di manifattura etiope e con la copertina in pelle di pecora, fu probabilmente opera di un grande centro monastico africano.
E’ un’oggetto di valore e dona prestigio alla sala letture dell’Archivio Diocesano.
Spenti i riflettori del suo ritrovamento del restauro e della sua collocazione, resta pur sempre un manoscritto in dialetto etiope……
Perchè non pensare di riportarlo nella sua terra d’origine, quella dove fu stesa la pergamena, conciata la pelle della copertina e minutamente scritta la storia dei santi.
Sarebbe un bel gesto di riguardo verso uno dei popoli più massacrati dalle guerre coloniali.
Depredati di tutto, anche di questo prezioso manoscritto.
Una guerra dove gli italiani, per domare il popolo etiope, non si fecero scrupolo di massacrarlo, usando armi di distruzione di massa.
Amedeo di Savoia-Aosta, nel 1941 fu sconfitto dagli inglesi nella battaglia dell’Amba Alagi.
Nel 1921 Amedeo di Savoia-Aosta fu allontanato da corte è partì per il Congo Belga; a causa di una sua infelice battuta sul re e sulla regina «Ecco che arrivano Curtatone e Montanara!»: Il riferimento alla battaglia risorgimentale era velatamente rivolto alla bassa statura di Vittorio Emanuele III e alla nazione di provenienza della regina, il Montenegro.

