Che Barba!

Barba, parola in Zenseise, con duplice significato, in questo caso se davanti a Barba, zio in italiano, si mette il Che, allora tradotto diventa Che Noia!

Impossibile pronunciare “Che Barba” senza emettere uno sbadiglio!

Provate!

Alzi la mano chi zuenottu o figgia anni 70, non si è mai annoiato/ta?

La noia, compagna, in diverse fasi della nostra gioventù.

Non c’era la tv a riempir quelle ore vuote, interminabili.

Quando la pioggia, vento o freddo, impediva le nostre scorribande Sciu da Teiru.

Ma io ero un bambino fortunato potevo andare nella falegnameria, a fare i salti nel deposito dei riccioli di legno.

Le cose cambiarono, in quell’età ” nè carne nè pescio” quando ci si approccia alle cose da grandi.

Ma si rimane a metà strada fra l’età dei giochi e quella delle cose serie.

Lunghi pomeriggi d’estate, gli amici in vacanza e non sapere dove andare.

Ma era l’inverno, il periodo dell’anno, della noia, le copiose piogge autunnali annunciavano i primi freddi e obbligavano a star chiusi in casa.

Si smettevano i pantaloncini corti sparivano quelle vistose cicatrici delle ultime scorribande estive.

La domenica si andava al cine Teiro o Verdi.

Li per tutti c’era una sorta di cerimonia di iniziazione, all’età adulta.

Effettuata nelle gallerie dei cinema.

Con le prime sigarette, non aspirate perché veniva da tossire.

E le serata fuori casa nel Bar Marilena.

A giocar a biliardo e calcetto, al mercoledì a veder le partite di coppa.

Poi neopatentati nelle noiose serate al bar, che fare?

Un rimedio era quello di andare dalla stazione vecchia, dove avevano appena asfaltato il grande piazzale dismesso dalle Ferrovie.

A far le derapate.

In seconda marcia 40/50 km/h, freno a mano, leggera sterzata e almeno un paio di testa coda e Piruette, cun a Sinquesentu, erano assicurate.

Anche quattro se la strada era bagnata.

E se poi c’era la neve….

Se c’era la neve allora si montavano le catene e ci si sfidava a chi arrivava sul Beigua.

Nessuna paura neanche il freddo o il rischio di finire in un fosso ci fermava.

Con la 500 bastava poco, per tirarla fuori e quando la neve era troppa e la macchinina non avanzava più, allora bastava scendere ruotarla e ritornare indietro!

Una sera a seguito della perdita di una catena mai più ritrovata, fu piu difficoltoso del solito avanzare sullo strato di neve e allora l amico al mio fianco scendeva a spingere l’auto ogni volta che slittava la ruota.

Arrivati sulla cima c’era sempre un sorso di grappa o altro, portato da qualcheduno come corroborante.

Ricordi di voci volti risate e dell’orgoglio di aver fatto qualcosa di grande.

Guidare sulla neve è anche un’ottima scuola per affrontare poi le strade di tutti i giorni.

Conoscevamo bene la strada del Beigua e dove poter far gli scemi con quella macchinina, senza pericolo.

Ancora oggi, quando scende la neve, si perpetua la “tradizione” delle auto, che illuminano la notte del Beigua.

Come noi molti anni fa.

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