Maria de Spunciun

Anna mi racconta di sua zia Maria, nata l’8 marzo del 1913.

Ragazzina negli anni venti del secolo scorso, operaia a 12 anni nel Cotonificio Ligure di Varazze

Dalle sue parole emerge tutto l’affetto che la legava a Maria de Spunciun

Spunciun è una località che sovrasta la Natta (Celle).

Chi arriva in questa località, capisce il perché di questo curioso toponimo.

Anni fa c’era proprio bisogno de un Spunciun, una spinta per superare la ripida salita del Tabor

Alla prima curva, a destra una bella vista aperta, verso Varazze.

Sotto la strada all’apice di una grande zona prativa una casetta rosa a Ca de Spunciun

Qui visse buona parte della sua esistenza, Maria con il fratello Vittorio, sua moglie Miglietta e il figlio Giorgio.

Insieme a loro, Carlin suo fratello

Maria era l’ottava de quella Nio’ de Figgi.

Angela Damonte diede alla luce dodici figli, Gilli,Rina, Ginetta,Gustu, Pina, Carlin,Nitta, Maria, Lina, Vitto, Stevin, Piero.

Guardo la foto di famiglia dove al centro è il nonno, Giovanni Calcagno è chiedo a Anna ” Sono undici i figli, ne manca uno”.

E invece poi i conti purtroppo tornano.

In quella foto, manca la mamma di tutti quei bambini, chi tiene in braccio quel neonato è una sorella maggiore.

Angela morì di parto alla nascita di Piero, aveva 40 anni.

Il racconto famigliare di Anna è tutto un susseguirsi di accadimenti, parentele, fatti storici.

La zia Maria gli raccontava della nonna Angela, sempre imbiancata di farina per sfamare tutti quei figli.

E di quell’ultimo struggente ricordo, quando sempre Maria da bambina, sorprese sua mamma che stava piangendo.

E gli chiese” Perché ti ciansi?” la mamma le rispose “ Ninte vanni a zugò cun i otri”e Maria le disse “ Nu voggiu sto cun ti” e così rimasero a lungo abbracciati in te quella fascetta sotto al lavatoio da Ca de Spunciun.

Era l’ultimo ricordo che aveva Maria di sua Mamma.

Poi la vita sarebbe cambiata per tutti

Le sorelle maggiori accudirono i fratelli più piccoli.

La piccola Maria a 12 anni entrò in Cotonificio

Non esisteva un limite d’età all’assunzione nel Cotonificio Ligure.

Oggi fa tenerezza e rabbia pensare a Maria, una bambina di 12 anni, ancora troppo piccolina per arrivare alle trame e all’ordito.

Ma per i bambini come Maria, erano pronti degli sgabelli

da mettere sotto ai piedi.

E rimanere 12 ore al giorno, in quell’inferno del reparto tessitura.

Da scoppiare di caldo d’estate e tremare di freddo d’inverno

Ma era così, bambini e bambine, spesso figli di dipendenti, erano molto richiesti nelle industrie.

Veloci con le manine piccoline per annodare i fili spezzati,

Sfruttati e sottopagati

La mamma di Anna, Lina invece rimase a casa ad accudire i fratelli più piccoli.

Ogni due mesi Maria per compensare l’impegno di Lina costretta a casa, le dava il suo stipendio.

Maria amava la nostra città, dalla casa natale sull’Aspia,  poteva ammirare quell’arco di case in riva al mare e le colline che la circondano.

Che bello, poi la sera quando nelle case si accendevano le luci, riflesse sull’acqua.

Non tutti abitavano au Suò o in tu Burgu.

Molti arrivavano dalle frazioni o dalle città vicine

I mezzi pubblici negli anni 20 del secolo scorso in pratica non esistevano poche le strade che diventavano inpraticabili dopo un rovescio d’acqua, alcuni andavano a lavorare in bici, molti a piedi a valicare Bricchi e Rian per arrivare alle industrie di Varazze.

Maria quel tragitto casa/lavoro lo fece sempre a piedi per tutta la sua vita lavorativa.

Passando per la località, Bastardo un tratto di sentiero molto ripido, poi attraversando il Rian del Termine, risaliva  verso l’Aspera e scendeva fino a sbucare da quella guardiola dove un tempo c’era u Scoggiu Sciappo’.

Qui toglieva le scarpe consunte ” de tutti i giurni”, li nscondeva in mezzo alle pietre e calzava le scarpette quelle per andare a lavorare.

Mica si poteva attraversare con le scarpe infangate la città!

Che cosa avevi ai piedi era la prima cosa che notava la gente de Vase

Arrivò l’amore.

Un giovane aspettava Maria all’Aspera, quando era di ritorno dal lavoro e l’accompagnava lungo quella stradina.

Un’antica strada, dove sono capitato per caso un giorno, con qualche tratto con sedime in pietre, ridotta a poco più di un viottolo, con i cipressi le agavi e l’ombra delle querce.

Il sole era al tramonto, si stava bene in quel posto di quiete 

Non conoscevo ancora, la storia che mi ha raccontato Anna, ma quel giorno ho avuto come una percezione che quel luogo avesse qualche cosa da raccontare.

Lei si affrettava per arrivare prima possibile all’appuntamento.

Stavano bene insieme, lui la teneva per mano.

Lei non sentiva più il peso delle dure giornate di lavoro.

Poi un giorno, quello che era stato così bello, finì.

La famiglia di lui mica poteva imparentarsi con dei contadini

Maria rimase sola con i suoi famigliari in quella Casa du Spunciun.

Non cerco’ o non arrivo’ mai più nessuno a farle battere il cuore come quel suo primo grande amore.

Ma c’era il suo lavoro al Cotonificio.

E quello sgabello chissà a quante giovinette sarà servito.

Divenne maestra era la mansione di chi doveva insegnare a lavorare con i telai.

A Fabrica sciu da Teiru, era come un’altra famiglia.

Nelle foto ritrovate da Anna, in una scatola la vediamo un’altra volta come una mamma, insieme a giovani operaie sorridenti nelle gite organizzate dal Cotonificio.

Ringrazio Anna Giulia Venturino, per avermi raccontato di Maria sua zia che fu una sorella ma anche una mamma.

Sta facendo buio e vedo se riesco a  far qualche foto a Ca de Spunciun.

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