L’Haven
L’11 aprile del 1991al largo di Ge Voltri, si sviluppò un grande incendio a bordo della petroliera Haven.
Seguito da alcune esplosioni, che provocarono la morte di quattro membri dell’equipaggio e del comandante.
La nave, alla deriva arrivo’ davanti allo specchio d’acqua di Cogoleto.
Agganciata da un rimorchiatore, fu trainata verso fondali più bassi, in direzione di Genova.
All’altezza di Arenzano, lo scafo indebolito dalle esplosioni, si spezzò in due tronconi.
Il 14 aprile l’Haven affondo’
Del disastro dell’Haven restano ancora grandi depositi di catrame, in fondo al mare, prospicente la nostra città e quelle del levante savonese.
Ogni tanto questi residui di greggio, trascinati dalle correnti nelle profondità marine, restano impigliati nelle reti e finiscono nelle cronache dei giornali locali.
Per farci ricordare quello che fu il più grande disastro ecologico del Mediterraneo.
Molto spesso non si dà notizia o non sono denunciati questi ritrovamenti.
In quel mese di aprile del 1991, ci fu una strana coincidenza, con il tragico incendio avvenuto il giorno prima della Moby Prince.
Dove perirono bruciati e soffocati dalle fiamme 140 persone.
Un’altra strage d’Italia che dopo trentadue anni ancora aspetta giustizia.
La tragedia del Moby Prince è stato definito da alcuni un “‘intrigo molto appassionante” con tutti gli ingredienti di un thriller dove la realtà supera di gran lunga la fantasia di uno scrittore dell’orror.
Ma è solo un’altra Triste Vergogna d’Italia, dove è evidente che i poteri forti, occulti anche stranieri, avevano permeato a tutti i livelli la nostra classe politica negli anni 90.
La giustizia che doveva appurare la verità della tragedia del Moby Prince è stata ingabbiata da mille bugie e depistamenti, efficente con i deboli, ma in palese difficoltà e remissiva con i potenti.
Una serie allucinante di menzogne, nebbia fittizia, mancati soccorsi, navi fantasma, bettoline sparite, sospetti di traffici d’armi, di nafta e di rifiuti, transizioni finanziarie in paradisi fiscali, anche una partita di calcio.
Le solite prove contenute in documenti e tracciati radar spariti nel nulla e poi la strana mancata richiesta di risarcimento alle compagnie assicurative del Moby Prince, da parte dell’Agip Abruzzo la petroliera speronata dal traghetto.
Due vicende apparentemente separate da poche centinaia di miglia di mare, ma avvenute in due giorni consecutivi, fanno comunque pensare ad un nesso fra l’Haven e l’Agip Abruzzo, accumunato ai tanti misteri della tragedia del Moby Prince.
Risulta strana la tempistica della rotta, che fece l’Agip Abruzzo per arrivare a Livorno, in un maldestro tentativo di depistaggio.
La petroliera secondo le prime indagini, riuscì a colmare il tratto di mare partendo dal terminal di Sidi Kerir in Egitto, fino a Livorno in soli quattro giorni improbabile, ma non impossibile, per una petroliera di quasi 100.000 tonnellate che viaggia a 16 nodi, ma perché tutta quella fretta?
Una nuova indagine della procura di Livorno, fatta tramite un incrocio di documenti a distanza di anni e con colpevole ritardo, ha appurato che l’Agip Abruzzo era partita dal porto di Genova!
Ma se neanche le rotte delle navi nelle acque territoriali italiane è possibile conoscere a questo punto tutto è possibile!
C’era forse stato un travaso di petrolio o meglio di nafta, clandestino tra le due petroliere ?
I cui fraudolenti proventi furono depositati in paradisi fiscali?
E l’Haven incendiata a seguito di queste operazioni o per depistare e attrarre l’opinione pubblica su un disastro ecologico?
Per dimenticare quei poveretti chr a bordo della Moby Prince, con i giubbotti di salvataggio indossati, stavano aspettando quei soccorsi che mai arrivarono?
Troppi testimoni!
Meglio lasciargli morire carbonizzati!
Un’altro Mistero e una Vergogna del bel paese!
Che poteva capitare ad ognuno di noi
Consiglio la lettura del bel libro di Enrico Fedrighini “Moby Prince un caso ancora aperto” del 2005, dove le ipotesi dello scrittore, sulla tragedia di Livorno, hanno trovato conferma nelle conclusioni della seconda inchiesta parlamentare.
L incendio dell’Haven avvenne il giorno 11 aprile del 1991, davanti a Multedo, preceduto da un’esplosione che fece 5 morti fra l’equipaggio.
La petroliera alla deriva fu trainata verso fondali più bassi, dal rimorchiatore Ischia il cui comandante era il nostro concittadino Benedetto Prato, che lascio’ poi il traino al rimorchiatore Olanda
Ma arrivati davanti ad Arenzano lo scafo che già aveva subito una importante riparazione, a seguito dell’esplosione a bordo di un missile iraniano, durante la prima guerra del golfo, non resse allo sforzo e si spezzò in due tronconi.
Il 14 aprile con un’ultima esplosione affondò, adagiandosi in un fondale di 80 metri.
Lo sversamento in mare specie delle componenti più dense fu spannometricamente calcolato in circa 10.000/50.000 tonnellate di greggio, in parte ancora custodito sul fondo del mare.
Di quel disastro ricordo l’enorme spessa colonna di fumo nero, visibile da ogni dove, in una giornata serena e quell’improvviso calo di luce e la sensazione di freddo, quando la colonna di fumo oscuro’ il sole.
Impressionante la nave in fiamme vista dal porto di Arenzano, circondata dalle barriere di contenimento si vedevano fuoriuscire le fiamme dalle stive della nave e si sentivano i rumori dello scafo che si stava deformando dilatandosi per il calore.
Durante l’incendio e dopo l’affondamento dell’Haven ci fu un grande spiegamento di mezzi grazie al comandante Alati del porto di Genova che prese le decisioni giuste, al comandante dei rimorchiatori Capato che coordino’ le operazioni a mare e all’ing Bovo comandante dei VVF di Genova, che comando’ le operazioni antincendio e di salvataggio degli altri membri dell equipaggio.
Il comandante Cerutti e per le operazioni di aggancio e traino e il comandante Prato.
Ad Arenzano vigilava la dott.sa Brescianini pronta a far evacuare la città in caso di mutata direzione del vento.
Grazie alle condizioni di calma marina, la quasi totalità della chiazza oleosa che galleggiava, fu recuperata, ma una parte di questa massa oleosa era già spiaggiata sui nostri litorali.
La densità era tale, che poteva essere raccolta manualmente.
Straordinaria la mobilitazione dei cittadini per togliere dalle spiagge i grumi di catrame.
Messi nelle borse di plastica per poter essere portati via
Le operazioni affidate alla ditta Castaglia, durarono dei mesi, per ultimo ci fu la pulitura degli scogli tramite idropulitrici ad acqua calda in pressione, che tramite l’uso di lunghissime manichette, riuscirono a staccare dalle rocce il catrame che le onde vi avevano depositato.
I comuni costieri furono risarciti, dopo qualche anno con i cosiddetti Finanziamenti Haven
A Varazze furono destinati 620.000 Euro, utilizzati per realizzare Lungomare Europa, facente parte di un progetto che aveva, tra gli altri, l’obiettivo del raggiungimento della certificazione ambientale dei Comuni della cosiddetta “Riviera del Beigua”
Oggi l’Haven è il relitto più grande del Mediterraneo.
L’enorme scafo è stato completamente colonizzato dalla flora marina e nei suoi anfratti trovano rifugio molte specie di pesci e crostacei.
Le foto e i racconti di chi ha visitato questo relitto, visitato da migliaia di sub, sono di grande suggestione dopo la tragedia anche l’Haven ora fa parte delle attrattive della nostra regione.
La maledizione dell’Haven
Purtroppo ad oggi sono 15 le morti fra i subacquei che hanno visitato i due tronconi di scafo che giacciono da 50 a 80 metri di profondità.
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