“In uno splendido pomeriggio di primavera, il 15 maggio del 1970, fummo anche noi con mons. Parodi Vescovo di Savona, il Soprintendente Mazzino, i Marchesi Invrea, da tempo naturali Patroni dei luminosi terrazzi i Piani a cui han dato il loro nome.
Con noi anche don Lorenzo Vivaldo, presidente della Società Savonese di Storia, ed una folla di amici di Savona e di Genova.
Tutti presenti all’inaugurazione e consacrazione del restaurato S.Giacomo di Latronorio o di Areneto, discoperto tra i ruderi di una vecchia cascina e riscattato al culto, alla storia dalla tenacia, confortata da spirito apostolico di don Giovanni De Micheli, l’amico nostro di S.Siro di Struppa”
Così scriveva De Negri, nella prefazione di “S.Giacomo di Latronorio, un fortunato recupero”
Il 30 settembre del 1966 era stato emanato il decreto di vincolo storico per l’ex complesso monastico.
La marchesa Giulia di Invrea cedeva la proprietà dei ruderi del monastero allo stesso Don De Micheli.
Don Giovanni De Micheli morì prima di veder realizzato il suo intendimento, la proprietà fu ereditata dal fratello.
Che la cedette poi alla Curia di Savona.
I lavori di restauro furono affidati all’Arch. Leone Carlo Forti.
In quel periodo ci fu anche la lottizzazione dei Piani di S.Giacomo con l’edificazione di palazzine e villette ad uso residenziale.
Negli anni 60 Don Giovanni De Micheli, arciprete della chiesa di S.Siro di Struppa, riconosceva inglobati in una cascina dei particolari d’epoca romanica.
De Micheli era già stato sul pianoro di S.Giacomo, lo aveva frequentato per anni, insieme agli scout della parrocchia di Struppa.
….e poi c’era quella curiosa, strana consuetudine tramandata da generazioni, per cui ogni anno i contadini che abitavano l’ex monastero esponevano una bandiera, il 25 luglio festa di S.Giacomo!
Nel manoscritto “Liguria Sacra” Accinelli menziona la Bolla Papale, di Innocenzo IV del 1252, in cui è scritto che la chiesa posta sopra un piano a vista di Cogolitus apparteneva ai monaci di Vallombrosa.
Questo documento era successivo ad un’altra Bolla Papale di Alessandro III del 1168 che sempre affermava la presenza di una chiesa ai Piani di S.Giacomo.
Il monastero, è poi citato ancora in relazione alle attività della chiesa di S.Bartolomeo del Fossato a Genova.
Entrambe dipendenti dai Vallombrosiani di Fiesole.
Ancora più datato l’arrivo a Genova di questo ordine religioso, nel1080.
A questo punto si può ipotizzare che la costruzione di questo monastero risalga alla prima metà del XII secolo.
S.Giacomo in Latronorio era coevo con il monastero femminile di S.Maria in Latronorio, oggi facente parte del complesso del Castello d’Invrea, fondato nel 1192 dai marchesi Del Bosco e poi dei Cistercensi.
I due monasteri furono entrambi abbandonati intorno al 1520.
S.Giacomo in Latronorio era posto ai lati della strada medievale, che risaliva da Cogoleto, tramite il ponte della Maddalena sull’Arrestra.
Divenne ospizio per i pellegrini, che si recavano a Santiago di Compostela.
Il corpo architettonico della chiesa è a croce latina a navata unica, con l’abside rivolta a levante.
L’ospizio era a pianta quadrata edificato a monte del complesso religioso.
Oggi quello che era rifugio per pellegrini è completamente diruto.
Il corpo verso mare, adiacente alla chiesa, presenta a ponente una pregevole finitura, con finestre a bifora e capitello.
In parte ricostruiti durante il restauro dell’edificio
Questa zona del monastero era adibita a sala capitolare con al centro un pilastro di sostegno della copertura.
Nel sottotetto stava il dormitorio per i monaci.
A levante, da dove si inerpicava la via medievale, il monastero era accessibile da una porta, presente sotto un porticato.
Ben sorvegliata, da chi sbirciava dalle tre feritoie presenti all’interno della chiesa.
La presenza di una caditoia, sopra il porticato, poteva aver avuto la funzione di difesa, da quell’apertura era possibile far cadere dall’alto, pietre o altri oggetti addosso a eventuali malintenzionati!
D’altronde il Latronorio era lì vicino…..
Tutto il complesso monastico, era circondato da un alto muro di recinzione, un’ulteriore separazione muraria, divideva la zona antistante l’entrata della chiesa, dalla parte destinata agli alloggi dei monaci.
Nel XV secolo, l’ospizio cambiò la sua destinazione d’uso, divenne una seconda cappella, con sacrestia.
Una costruzione rustica di più recente edificazione fu addossata, lato mare, della sala capitolare.
A partire dal 1522 il monastero, durante la guerra fra Carlo V e Francesco I, fu abbandonato dai monaci.
A seguito del conflitto che coinvolse Genova e la nostra regione le strade divennero veicolo di violenze e ruberie
Nel 1772 Accinelli descrisse S.Giacomo come rudere e il Brusco come “Monastero distrutto”
Ma ben altre devastazioni dovette subire ancora il monastero di S.Giacomo in Latronorio.
Il 13 aprile del 1800 le truppe Francesi del generale Massena, dopo i sanguinosi scontri a fuoco e all’arma bianca sulle alture di Varazze e sul Monte Beigua, si erano radunati ai Piani di S.Giacomo.
Qui ci furono altri scontri tra le truppe francesi del generale Soult e quelle austriache.
Ma a seguito dell’arrivo di navi inglesi e dello sbarco di un contingente di soldati furono costretti a battere in ritirata, verso l’abitato di Cogoleto.
Un gruppo di veterani per difendere le spalle dei loro compagni d’armi francesi, si asserragliò all’interno delle mura del monastero.
Quell’improvvisato fortino, fu preso di mira dall’artiglieria austriaca e dalla flotta inglese.
Furono rasi al suolo, l’ex ospizio e la navata a nord della chiesa.
Nel XIX secolo il fu monastero di S.Giacomo in Latronorio divenne abitazione, fienile e ricovero per animali.
A seguito di quella nuova destinazione d’uso, furono però effettuati ripristini murari e nuove coperture, salvando quello che rimaneva dell’antico monastero, da sicura definitiva rovina.
Durante i lavori di restauro, che comportò anche la realizzazione ex novo di numerose opere murarie, fu realizzato un sagrato nuovo davanti alla porta di entrata della chiesa.
Gli scavi portarono alla luce una fossa comune, dove erano state seppelliti 6 persone, che potrebbero essere i veterani francesi, asserragliati nel monastero, per difendere la ritirata dei loro commilitoni verso Cogoleto.
Quegli scheletri sono stati lasciati nella loro tomba e fanno parte anche loro della storia di S.Giacomo di Latronorio.
I Piani d’Invrea e di S.Giacomo erano molto famosi come grandi zone di coltivazioni.
Rese tali dal lavoro di chi era al soldo o al solo comando, di monaci e nobili, spianando grandi appezzamenti di terreno, costruendo grandi opere murarie di contenimento e a scopo irriguo.
Ma occorre ricordare che tutto questo fu reso possibile da tre grandi opere idrauliche u Beo de Gambin che a giorni alterni versava le acque du Rian da Sera e del rio Gambin verso l’Arenon e l’Arzocco.
Dal beo da Ciusa che portava l’acqua dell’Arenon ai Piani d’Invrea.
https://quellisciudateiru.com/…/10/08/a-ciusa-du-spurtigio/
E poi quello che ritengo sia, il manufatto piu significativo presente oggi nel territorio della nostra città, il Beo di S.Giacomo che con un percorso di circa cinque chilometri preleva l’ acqua dall’Arrestra e la convoglia, oggi intubata ai Piani di S.Giacomo.
Chissà chi erano quelle persone, bestie da lavoro che in un ambiente ostile impervio realizzarono questa grande opera, costruendo il canale sorretto da muri, spaccando pietre e spaccandosi la schiena.
Di quella moltitudine di miserabili morti di fame neanche un nome è mai giunto alla nostra conoscenza
Anche e sopratutto per onorare le loro immense fatiche che oggi si devono preservare i tanti manufatti che ci hanno lasciato
Ricordarli insieme ai potenti, papi, re, cardinali e nobili, che idearono e fecero costruire quelle grandi opere, è il minimo dovuto
Pubblico il gradito contributo storico ricevuto da Sergio Cosseria
“Un lavoro davvero interessante che meriterebbe di essere approfondito e pubblicato su carta.
Per quanto riguarda l’episodio di Massena, relativo al cosiddetto “Assedio o Blocco di Genova” del 1800″, vorrei fare alcune precisazioni.
Vado a memoria per cui sono pronto ad essere a mia volta corretto, nel caso ricordassi male (mi ti prometto di essere più preciso in un secondo momento, una volta controllate le carte). ![]()
Innanzi tutto le truppe dislocate ai piani di San Giacomo, davanti a Cogoleto, erano quelle che il giorno prima (10 aprile 1800 o 20 germinale an VIII, secondo il calendario rivoluzionario introdotto nel 1792)
avevano tentato di risalire da Albisola, Celle e Varazze verso Pontinvrea, per ricongiungersi a quelle di Soult che avrebbero dovuto arrivare da Sassello (e che non arrivarono quel giorno perché in ritardo).
Massena non riuscì ad andare oltre i Brasi e il Bric delle Forche e al calar delle tenebre dovette ritirarsi sulle alture della Croce di Castagnabuona, dove i soldati stremati si difesero a pietrate avendo pochissime munizioni.
La notte, i francesi fuggirono a Cogoleto e una parte fu appunto lasciata ai Piani di San Giacomo l’11 aprile e non il 13.
Verso le 13.00 di quel giorno furono attaccati dagli austriaci che si erano a loro volta portati nottetempo al castello dei Marchesi d’Invrea sulla collina di fronte ma in ritardo di qualche ora.
I francesi furono attaccati dagli austriaci passati attraverso il torrente Arenon e alla fine si diedero a fuga disordinata verso le Canisse (zona Arrestra) a Cogoleto.
Contemporaneamente una cinquantina di ussari ungheresi (truppe leggere a cavallo), che erano sfigati via mare sotto i piani di San Giacomo, aggredirono bisogno francesi alle Canisse.
Altra fanteria francese era posizionata alle Canisse ma non poteva usare la poca artiglieria di cui era dotata perché il terreno era paludoso e quindi era impossibile sfruttare il cosiddetto effetto rimbalzo delle palle di cannone.
Per cui i soldati francesi in fuga furono salvati dal pronto intervento di Massena stesso (che ricordiamo era il Generale in capo dell’Armata d’Italia) che caricò gli ussari comandando personalmente la sua scorta a cavallo (poco più di 40 uomini).
Non mi risultano sbarchi inglesi.
In realtà, gli inglesi erano presenti ma si limitarono a mettere a mare 4 barche a remi dotate di cannoncini (come dimostrano le dimensioni della piccola palla di cannone ancora esposta a Cogoleto dalle parti della Chiesa, murata sulla facciata di una casa) con scarsi risultati sostanziali.
La sera dell’11 aprile Massena lascio Cogoleto con le sue truppe e si ritirò verso Voltri.
Riguardo ai resti umani ritrovati, dubito si tratti di soldati francesi ma questa è solo una mia considerazione personale non suffragata da alcuna prova.”
Nota dell’autore
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