A Ca du Punte

Questo post è dedicato a chi era insieme a me ragazzino, in un’estate di molti anni fa in ta Ca du Punte

A Carla che prematuramente ci ha lasciato.

E a tutti i me barba e lalle, a nonna vegia, Claudina che a n’ha lascio’ un annu fa

Pe arrivou a ca’ du punte, primma u ghe u giu de carosse….

Ricordi di bambino, la mia bisnonna, abitava nella “Ca du Punte” ad Albisola Superiore, conosciuta da tutti, per l’ inconfondibile unicita’ di un ponte, che con un’ardita opera muraria, superava un notevole dislivello.

Ma prima di arrivarci c’ era da fare il giro della carrozze… chiamato così, per il racconto, tramandato da generazione a generazione, del ribaltamento, nell’affrontare questa curva in discesa, delle carrozze nobiliari.

Magari una di quelle carrozze era quella che trasportava proprio lui il papa Sisto IV.

Il nativo più famoso di Celle Ligure, cappottato nel fare quella stretta curva, mentre era di ritorno dopo una visita alla casa natale, in località Narichetti.

Un’altro giro pericoloso era quello del ponte, prima di arrivare dalla bisnonna,e’ una specie di cavatappi, da effettuare, dosando bene lo sterzo, per non rischiare di dover far manovra.

E poi c’era la casa un’ex stazione di posta, imponente agli occhi di un bambino, al piano terra, l’ampia cucina e sala da pranzo, la grande cantina, le camere da letto erano al primo piano.

A cui si accedeva tramite una ripida scala, i letti non bastavano per tutti e noi bambini dormivamo sui materassi appoggiati al pavimento.

Ricordo le notti insonni ad ascoltare tutti i rumori che portava il vento, sempre presente ” in su punte” quando faceva buio.

E poi quel quadro appeso in cima alla scala.

Una foto in bianco e nero dell’incrociatore leggero Armando Diaz.

Fece una tragica fine, quel vanto della marina italiana della seconda guerra mondiale.

Il termine leggero non era sinonimo di agilità, ma della deficitaria consistenza del suo scafo.

Colpito nel canale di Sicilia da due siluri inglesi, il 25 febbraio 1941, l’incrociatore affondò in poco tempo.

Ricordo la ricerca, fra tutti quei volti, incorniciati nella foto dell’incrociatore, per trovare il volto di Valcalda Emilio.

Lo zio di mia mamma disperso nell’affondamento, insieme ad altri 480 marinai, in quel tragico giorno.

Quando si parlava di lui, gli adulti lo ricordavano sempre con la commozione nelle parole.

Si menzionava anche il nome dell’altro incrociatore, il Giovanni delle Bande Nere quello che presto’ soccorso ai naufraghi.

Chissà perché Giovanni delle Bande Nere era il nomignolo che mi fu affibiato da un mio zio.

Quest’altro incrociatore faceva parte della stessa squadra navale, che stava scortando delle navi da carico, dirette in Libia per rifornire l’African Korps di Rommel.

Il Bande Nere era rimasto illeso e aveva salvato tanti naufraghi dell’Armando Diaz, ma Emilo Valcalda era tra i dispersi

Non avere una tomba dove mettere un fiore è una tragedia infinita.

Anche a distanza di anni, i suoi cari sperarono nel suo ritorno.

Si andava in Veggia con il lume ad olio, con il canto dei grilli e quel cielo nero.

Ancora pieno di stelle.

Da mio barba Pierino e a lalla Rina che abitavano in Narichetti vicino alla casa natale del papa

Di giorno si giocava alla guerra con quella pistola vera a tamburo.

Aveva l’anello in fondo al calcio.

Era riposta nel sotto sedile di una sedia della cucina, gli adulti ci facevano giocare a patto di rimetterla al proprio posto

Chissà che storia quella pistola.

Ci si radunava a guardare le partite di calcio con quella grande televisione de me barba Angelo.

Dau Punte a Melina e Narichetti era un apoteosi di bei terrazzamenti gente laboriosa li coltivava a Tumote, Verdua, Armugnine e Perseghe.

In ogni fascia u gh’ea na giara.

In aderenza a Ca du Punte c’era l’inquietante vasca per la raccolta dell’acqua piovana.

Un pericolo per noi bambini che eravamo sul bordo da Peschea, a buttar pietre in quell’acqua verde nera.

Nelle ultime fasce verso il fondo valle c’era un campetto da calcio.

Su questa striscia di terra si alzavano nuvole di polvere, durante le interminabili partite di calcio, con i miei cugini e i bambini du Punte, da Melina de Narichetti e du Palassu.

Quanti ricordi sono in ta Ca du Punte, e in quel verde dove fanno confine Arbisoa e Sele.

Lascia un commento