I Liguri

Ci fu un’adorazione del dio Pen anche sul Monte Beigua, uno dei tre luoghi sacri del popolo dei Liguri?

La toponomastica sembra escluderlo, ma le nostre alture fanno pur sempre parte degli Ap-penini.

Questo dio, per i Liguri aveva la sua dimora, nelle grandi pietre e pareti rocciose.

Sopra gli Armuzzi località dell’ Alpicella, il cui toponimo deriva da armuzzu, arma, armisu, armussi, che in dialetto significa, riparo sotto roccia o capanno di montagna, ci sono possibili testimonianze di questa devozione.

Nel pianoro sottostante, al cospetto della grande parete delle Rocche Raggiose (già Rocca de Giuse) sono evidenti le tracce di antichissime frequentazioni.

In un’ambiente primordiale, enormi megaliti, giacciono sovrapposti, incastrati, incastonati formando dedali, cunicoli, gallerie e ripari, oggi parzialmente interrati.

Un masso con alcune pietre ben sistemate a formare una superfice piana potrebbe essere stata un pira funebre.

Bellissime in questo periodo dell’anno le colture di Erba Cocca che rivestono con un manto verde questi macigni.

Dinanzi a questa esibizione di forza della natura, non si può restare impassibili, fatalisti o indifferenti!

Qui si scateno’ una forza mostruosa, che fece precipitare enormi massi, rimasti lì immemori da millenni a rappresentare con la loro fissità, un tremendo enorme cataclisma.

Non è da escludere, l’ipotesi di una grande tragedia, quando queste enormi rocce rovinarono sopra degli esseri umani, che qui in una zona soleggiata e riparata dai venti avevano trovato dimora.

L’antefatto

Seguendo delle prede, un gruppo di cacciatori scoprì questo luogo, riparato dai venti da un’alta parete rocciosa, esposto al sole e con un vasto pianoro.

L’acqua, poco distante cadeva dall’alto di quella rupe.

Forse questo luogo ideale per un’insediamento umano, si svelo’ casualmente, durante il recupero di un grande animale, inseguito e fatto precipitare nello strapiombo.

Il pianoro sottostante, era perfetto per costruire le capanne e mettere in pratica le prime colture.

La posizione sopraelevata permetteva di spaziare con lo sguardo i territori sottostanti.

Potevano continuare a cacciare facendo precipitare le prede da quel dirupo, nei pressi di quel piccolo villaggio dove altri componenti di quella tribù erano pronti a far la loro parte.

La tranquillità di quel villaggio, venne stravolta un pomeriggio assolato di fine estate.

…..si alzò un vento strano, aria calda, un uomo di religione, percepì qualcosa, alzò lo sguardo come se intuisse una strana presenza mai sentita prima.

La terra sussultò come una cavalletta impazzita e un rombo assordante accompagnò il precipitare della rocca frantumata in grossi massi che crollò su quel villaggio di capanne.

I Liguri erano abituati a fuggire velocemente ad ogni pericolo molti si salvarono, ma qualcuno meno lesto, rimase inesorabilmente sepolto sotto quei macigni.

Perché quella disgrazia?

Un Dio che viveva nelle rocce aveva parlato!

Pochi sacrifici erano stati fatti, il dio Pen, li aveva puniti facendo rotolare quelle pietre.

Lui, la grande roccia che li proteggeva, voleva sacrifici in suo onore.

Il cerchio di pietre a lui dedicato,era stato risparmiato da quella pioggia di massi.

Quello era il segnale!

Il dio Pen, non voleva cacciare via gli uomini ma la loro devozione.

Così sentenziò quell’uomo religioso.

Il dio Pen aveva dato prova dell’immensa forza che celava la grande roccia!

I Liguri per ingraziarsi quella divinità, iniziarono ad erigere ai piedi di quella roccia alcuni altari, usando le sacre pietre che Pen aveva scagliato su di loro.

Oggi appare evidente che alcuni di questi megaliti furono spostati dalla forza di molti di uomini.

Un lavoro immane!

I secchi colpi dati alle pietre per modellare gli altari, eccheggiarono in tutta la valle, attirando altri gruppi di umani.

Circospetti si avvicinavano a quel luogo, dove si lavorava alacremente e anche loro finirono per aggregarsi agli omaggi al dio Pen.

Prima che la sua ira si riversasse anche su di loro.

Durante le notti del solstizio estivo, chi aveva dimora, in quella immensa valle si recava a rendere omaggio in quello che divenne un grande centro di culto dei Liguri.

In quelle notti d’estate si potevano scorgere fuochi sparsi per tutto il pianoro. Animali sgozzati sugli altari posti leggermente in discesa per raccogliere il sangue in ciotole di pietra.

L’apoteosi di quella cerimonia era sopra un’altare, più grande, in posizione rialzata rispetto a tutti gli altri, dove era sacrificato l’animale più grande, di solito un magnifico cervo maschio.

Il sacerdote pronunciava parole e formule antiche mentre il coltello penetrava nel collo dell’animale, il sangue arrossava rocce e terra ed era canalizzato da quell’uomo religioso con un lungo bastone.

Lui in quei rivoli di sangue sapeva leggere il futuro.

Iniziava un nuovo anno solare.

Erano raccolte alcuni tipi di erbe e si beveva la rugiada del mattino

Tutti, radunati ai piedi dell’altare ripetevano, come un mantra la nenia del sacerdote.

Poi iniziava la festa, intorno a quei fuochi, si attraversavano le fiamme con danze e canti.

Le donne si appartavano, seguite dagli uomini.

Qualche essere superiore aveva pianificato tutto, la primavera successiva sarebbe cresciuto il numero di individui in quella tribù

Per molti solstizi quel luogo fu usato dai Liguri come un grande santuario in nome di quel dio.

Il tempo passò, altri uomini arrivarono dai monti e poi dal mare, con nuovi attrezzi e nuove armi.

Gente violenta e non più rispettosa della natura.

Quei sacri megaliti divennero la materia prima per edificare le loro abitazioni in pietra e per il sedime di un’importante via di comunicazione.

Altre religioni si sovrapposero a quelle antiche venerazioni, ma sempre lì in quei luoghi.

Sacri per sempre.

Altre litanie vennero pronunciate da uomini religiosi.

Altri canti in coro echeggiarono in quella valle, in nome di un solo Dio.

Ma questa è un’altra storia.

Francesco Baggetti

+16

Lascia un commento