I Ricordi de Bastian

Bastian, Sebastiano Delfino

Una foto dall’alto, dei Cien d’Invrea, restituisce alla vista, quella grande zona ortiva e da frutta, citata in antichi testi come “paradiso in terra prodigo di tanti frutti”.

Anche per i Piani d’Invrea fu l’uomo, che rese coltivabile questa ampia area, bonificandola da vegetali e pietre, creò un grande sbarramento, na Ciusa e un Beo alla confluenza du Rian de Sevisse cun l’Arenon, per l’acqua irrigua.

Sono con Bastian, Sebastiano Delfino, nella sua casa affacciata in quello stupendo anfiteatro sul mare, che è la località Terrarussa de Rensen.

Bastian è del 37 i suoi sono ricordi da bambino, quando chi coltivava quella grande piana nei pressi del Castello d’Invrea, erano tre famiglie contadine, Delfino, Calcagno e Pastorino, affittuarie dei lotti di terreno di proprietà del marchese d’Invrea.

Ogni Famiggia a dava reccattu au so Toccu de Tera, la coltivazione prevalente era il pomodoro, da dove si ricavava anche la salsa e la conserva

E poi c’erano gli alberi da frutta e la vigna.

E Perseghe du Marcheise, i cui primi frutti erano di diritto del marchese. 

Bastian ricorda u Ciccia, Delfino Giobatta, che con il suo camion trasportava le cassette di frutta ai mercati di Genova.

Le primizie erano coltivate nelle vetrine, i Calcagno riscaldavano la serra con una stufa a legna.

Ognuno aveva le sue semenze, scelte dalle piante più vigorose

L’acqua per irrigazione, proveniva dalla Ciusa, il canale era a pelo libero, ed erano i bambini, che dovevano mantenere pulito il Beo.

Ora per uso irriguo, visto l’inquinamento dell’Arenon, non è più utilizzata l’acqua della diga. Il fabbisogno irriguo è prelevato da una sorgente, nei pressi delle Sevisse, che convoglia l’acqua in una vasca in cemento, costruita negli anni sessanta.

Questa zona è chiamata da Porta di Murtè, era un varco fra le mura che cingevano questa parte della tenuta d’Invrea chiuso da un cancello.

Le mura, furono in parte demolite dal passaggio della Camionale e poi scomparvero, definitivamente a seguito della costruzione del raddoppio autostradale.

A ridosso delle mura, erano coltivati i vitigni di Rollo e Bosco, un’uva bianca per vino da pasto.

Da bambini era difficile resistere alle tentazioni di gola, veder e non assaggiare tutta quella bella frutta.

Gli adulti erano molto severi, tolleravano se era preso qualche pomodoro, tagliato a metà e mangiato con un po’ di sale, ma guai a Pittò l’Uga!

Si doveva chiedere il permesso, a volte concesso, di prendere un grappolo intero.

E poi bastava aspettare, quando la frutta doveva essere spedita ai mercati, e Perseghe Tucchè, erano scartate e destinate al consumo famigliare.

Bastian con i fratelli e gli amici facevano a gara a chi mangiava più pesche a testa.

C’era la grande festa dell’uva, si facevano grandi tavolate, arrivavano i parenti da l’Eguasanta, si mangiavano i Taggen cun u Tuccu de Cuniggiu.

C’era un occasione, per guadagnare qualche soldino, nelle giornate piovose, quando prestavano soccorso alle auto incidentate, che erano andate a sbattere, a causa dell’asfalto viscido, nella dura roccia d’Invrea.

La dinamica era sempre la stessa, si sentivano i rumori di un’auto che sbandava in curva, e andava a sbattere contro la roccia. La scena che si presentava a chi accorreva per prestare soccorso, era uguale a tante altre, il parafango si era accartocciato e bloccava la ruota anteriore impedendo o limitando la sterzatura dell’auto.

A questo punto entrava in azione Bastian e la sua banda di ragazzotti, per raddrizzare quei parafanghi devastati dall’urto, con dei legni, già predisposti per lo scopo. Chi guidava l’auto ringraziava e dava il dovuto per quel provvidenziale aiuto.

Se il danno era maggiore del previsto e non si riusciva nell’intento, allora si chiamava Cuneo, il soccorso stradale che era alla Mola.

Al disotto della curva, presso l’entrata del Castello d’Invrea, c’è un’edicola votiva, un Ex Voto di chi è scampato ad un’incidente stradale.

Tutte le curve dell’Invrea, del Portigliolo e soprattutto quella di Puntabella, negli anni sono state costellate da incidenti con vittime.

Coetaneo e compagno di giochi era Gaudenzio, figlio del marchese d’Invrea.

Una famiglia numerosa quella di Giorgio Invrea e la moglie Giulia Del Mayno di Crespiatica erede Centurione Scotto, ebbero sette figli.

In ordine di nascita

Ferdinanda Torino 1925, Maria Beatrice Brescia 1926, Raffaella Varazze 1927, Marosia Varazze 1928, Luca Abbazia Fiume 1929, Isabella Abbazia Fiume 1931, Gaudenzio Abbazia Fiume 1932, Clara Ascoli Piceno 1935.

La Famiglia del Marchese abitava in ta Ciasetta.

Giorgio d’Invrea, era un colonello dei carabinieri e si diceva che durante un safari avesse ucciso una tigre.

Nei loro giochi all’interno del Castello, aprirono un baule dove all’interno c’era veramente una pelle di tigre con tanto di testa imbalsamata!

Negli anni sessanta la grande tenuta agricola degli Invrea fu attraversata dalla Camionale.

Era il progresso che avanzava, con la costruzione delle infrastrutture autostradali che tanto sfacelo hanno fatto al nostro territorio.

La famiglia Delfino Giuseppe con la moglie Campani Maria e i cinque figli in ordine di nascita, Giobatta, Paolo, Sebastiano, Angelo e Roberto. Un’altro fratellino di nome Angelo era mancato per malattia.

Abitavano in una piccola casetta, dove la zona notte, da quella giorno era separata da una tenda.

Le auto che di notte passavano sull’autostrada, illuminavano con i fari l’interno della casa.

 Era uso tenere le biciclette in casa come quella di suo padre.

Durante un dormiveglia, Sebastiano vide un’ombra inquietante! Quella bici, illuminata improvvisamente dalle luci di un’auto sulla Caminonale, gli sembrò un mostro! E quel manubrio le corna di un diavolo!

I rapporti con i marchesi erano cordiali, i bambini erano di tutti, Liliana la moglie del marchese, quando vide quel ragazzo ossuto arrampicato sopra un albero, amorevolmente le disse “Sebastiano stai attento scendi giù che cadi!”

Il ragazzo nella foto, arrampicato su di un palo è Sebastiano.

La marchesa, era molto attenta all’economia della Tenuta d’Invrea, un giorno ebbe da lamentarsi, perché gli affittuari tagliavano l’erba per i conigli e raccoglievano la legna nel bosco, al di fuori del loro appezzamento di terreno in affitto.

Uno di loro, le rispose che era vero, prendevano erba e legna, ma l’erba e legna secca, era un buon innesco per un incendio, e loro facevano un’opera di bonifica preventiva contro gli incendi.

Il fattore degli Invrea, era u sciu Bozzano Stefano, che regolava le attività all’interno dei patrimoni terrieri degli Invrea, disponeva del taglio degli alberi e delle giornate di lavoro.

Nel sottostante Spurtigiò, abitavano tre famiglie i Comoli, provenienti da Genova, i Delfino con la lalla Moma e la famiglia di Valle Francesco.

I Cannoni d’Invrea

La Todt sulla punta d’Invrea posizionò tre batterie armate di cannoni antinave e contraerea.

Chi aveva assistito all’intervento della contraerea, contro un’incursione degli aerei alleati, riferiva di una probabile protezione di gomma di quei bombardieri, perchè i proiettili rimbalzavano, quando era colpita la carlinga.

Dopo l’installazione delle tre batterie e del telemetro, la Punta d’Invrea divenne un bersaglio per le incursioni aeree.

La Famiglia Delfino si trasferì au Cian de Spesie dove si sistemarono in un fienile.

Un giorno Sebastiano, fu morsicato da un Senestru, nero con i segni rossi, da anni estinto nel nostro entroterra.

Per prestare le cure del caso, fu chiamato il dott. Massone che arrivò au Cian de Spesie salendo dall’Invrea

La scuola per i bambini era dove ora sorge il complesso dell’Orizzonte, con la maestra Canestro. Nella foto il Cabiria

Bastian ricorda lo smantellamento di un grande traliccio, per radiocomunicazioni poi rivenduto come ferrovecchio.

Poco distante anche la postazione dell’aerofono.

Si racconta che nel campeggio del Cabiria a guerra finita, arrivarono due tedeschi, ma dopo qualche giorno, si dileguarono abbandonando lì la loro tenda, dopo qualche giorno, fatta irruzione nella tenda si scoprì una grande buca, scavata dai quei finti campeggiatori. Sotto quella tenda, probabilmente due ex soldati tedeschi, erano ritornati per riprendere le cose che vi avevano seppellito. Il frutto di qualche ruberia, compiuta quando durante la Seconda Guerra Mondiale, erano di stanza nella nostra città.

Durante la ricostruzione post bellica, dalla spiaggia de Ciassa Grande era prelevata la sabbia, sollevata fino ad arrivare sull’Aurelia tramite un verricello a scoppio.

In prossimità dell’entrata al castello d’Invrea, lato mare, c’era un sentiero che scendeva a Ca da Rei in Ciassa Grande, dove gli Invrea tenevano la barca da pesca, oggi questa viabilità non è più percorribile.

Bastian ricorda le tombe dell’Invrea, tumulate sotto la chiesa di S.Maria in Latronorio.

Per i funerali di ogni abitante dell’Invrea, la confraternita indossava una cappa bianca e partiva con la crocetta in testa, seguendo il carro trainato da cavalli fino al cimitero di Varazze.

Era obbligo di tutti i confratelli, essere presenti alla cerimonia funebre, in caso di indisponibilità, si doveva essere sostituiti, pagando eventualmente la persona che ne faceva le veci.

Era grande la festa dell’Invrea, celebrata nei pressi del Castello. Il 29 settembre in ta Ciassetta e nel parco si allestivano i banchetti, gh’ean e Reste de Nisoe Fistecchi e i Dusci da Vasin-a

Per l’occasione erano all’opera le cucine del castello, con il tipico piatto degli asparagi con formaggio e funghi.

Le funzioni religiose erano officiate da don Monti.

Bastian ricorda quando la notte, don Monti rincasava e per far luce, adoperava una torcia dinamo, che faceva un ronzio inconfondibile.

Durante le loro scorribande al castello videro nei seminterrati le bellissime carrozze degli Invrea

Finisce qui il racconto del periodo dell’Invrea di Bastian

Con una buona Parola di don Monti, Bastian fu assunto nei Cantieri Baglietto, lui aveva già una pregressa esperienza di maestro d’ascia nel cantiere di Protto.

Mercoledì 7 giugno nella bellissima sede della L’Associazione Culturale Storica Torre dei Saraceni di Arenzano, presenti Sebastiano Delfino, Roberto Delfino e Mario Traversi, grazie alla gradita ospitalità, ho presentato questo mio articolo.   

foto Archivio Storico Fotografico Varagine e Famiglia Delfino

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