La Naia

Il primo luglio 2005, fu promulgata la legge che aboliva il servizio di leva.

Ma già chi poteva, il militare lo scansava, bastava oliare le persone giuste o essere amico degli amici.

In quegli anni chi era di famiglia benestante, mica andava a perder tempo a fare il soldatino!

È sempre stato così in Italia armiamoci e partite.

Nella carne da macello mica ci finivano i rampolli.

Nella foto, un soldatino di leva nel 1977, fotografato sulla cupola di S.Pietro a Roma.

Le risorse, di cui aveva necessità l’esercito italiano, per il mantenimento di un contingente di circa 600 mila militari, creava la cosiddetta “economia di guerra in tempo di pace” un corposo sperpero di fondi pubblici.

A vent’anni, non ancora compiuti, sono stato precettato a fare il servizio di leva.

Insieme a me, tanti altri ragazzi della stessa età di ogni regione dai dialetti incomprensibili.

Inquadrati in un reggimento, con un numero di matricola, inciso in duplice copia, su una medaglia da tenere con una catenella, sempre appesa al collo

Incarico 43A meccanico e conducente automezzi.

Obbligato a far vita militare, prima con il CAR ad Ascoli, poi la SMECA alla Cecchignola e infine al 121° Art.CAL Caserma Viali Bologna.

Vita militare, fatta di cose assurde, in gelidi o cocenti casermoni, persi nelle periferie di grandi città.

Pestapota e mangiapue.

Vitto scadente, guardie, marce, saluti, sull’attenti sbattentendo i tacchi.

Soprusi di sottufficiali presuntuosi e ignoranti.

Obbligati a far sempre le stesse cose ripetitive banali inutili senza logica.

In questo scenario, arrivò la triste vicenda nel 1978 con il sequestro Moro e noi diventati un’inaspettata risorsa, per la Patria in difficoltà, a seguito del dilagare del terrorismo.

Diventammo bersagli umani per proteggere politici giudici e ufficiali segregati in una caserma nel centro della città.

Qualcheduno sapeva, che mai le brigate rosse avrebbero sparato a dei soldati di leva

A Bologna, due anni dopo il mio servizio militare , proprio in quella sala di aspetto, di seconda classe dove tante volte ho sostato aspettando un treno, una bomba fascista, fece strage, nel mucchio.

Incurante di donne bambini gente comune, soldati di leva.

Lo stato si è preso i miei vent’anni!

Io non ho mai avuto vent’anni!

Restano i buoni ricordi di tutti i miei coetanei, conosciuti in quell’anno di naia, ragazzi di ogni parte d’Italia, dai mille dialetti.

Mai più rivisti chissà come sarà stata la loro vita.

Storie di ragazzi, gente comune, anche tragedie che non si dovevano raccontare.

Serate in allegria, in un locale da ballo o all’ultimo bicchiere di vino in una trattoria.

Rientri in caserma, lunghi viaggi, su traballanti pullman dai vetri, lo scorrere di luci, case, quartieri, strade persone, campagna.

Molte cose.

Forse troppe in quell’anno con le stellette.

Lascia un commento