
Il Ricordo di un Amico
A volte, senza alcun preavviso, proprio quando siamo intenti, nelle nostre cose, quelle di tutti i giorni, improvvisamente succede qualcosa, che ci distoglie dalle nostre attività.
E come una parentesi, che si apre, ecco che i nostri ricordi più belli, le nostre sensazioni quelle custodite con affetto e che mai dimenticheremo, riaffiorano diventano a poco a poco nitide e ci avvolgono completamente e come una reazione a catena, il nostro pensiero corre a cercarne altre, chissà dove nel nostro magazzino dei ricordi, altre immagini, emozioni, volti gesti, frasi, risate.
Tutto questo è successo all’improvviso, ascoltando all’autoradio, le prime note di quel brano musicale, di tanti anni fa.
Ho fermato l’auto a bordo strada, incurante del traffico e delle cose di tutti i giorni.
Non sono riuscito a trattenere le lacrime.
Ho chiuso gli occhi, ti ho rivisto e insieme con te sono tornato indietro a quella lontanissima estate.
Era il mese d’agosto, l’anno quello incredibile del 1977!

Io, te e Enzo eravamo in villeggiatura, in campagna ospiti nella casa dei tuoi nonni, a Ciapela de Vara.
Noi tre, per la prima volta lontani da casa, voi due però già esperti, per l’esperienza vissuta l’anno precedente, proprio lì nello stesso posto.
Ricordo la casa su due piani, con il tetto a falda e le tegole rosse, appena sotto la strada che proseguiva in discesa verso Martina.
Vi si accedeva, tramite una breve rampa carrabile, tutto intorno i campi erano coltivati.

Il terreno continuava poi con altri prati, con l’erba alta, fino al limitare del bosco di castagne e faggi
Un cane, di nome Zingara, era legato ad una catena, che poteva scorrere lungo un filo di ferro, teso per delimitare la sua zona di guardia.
Il nome era stato scelto, forse per simboleggiare le variegate razze d’origine di quell’animale.
Le galline, libere di razzolare, erano ospitate al piano terreno della casa, insieme con altri animali domestici.
Per salire al piano superiore, si saliva una scala esterna, un’altra scala di legno a pioli, garantiva l’accesso al sovrastante fienile.
I nonni di Giorgio erano gentili, parlavano dialetto, con le parole pronunciate a voce alta, colpa della sordità senile.
Le nostre giornate iniziavano presso il lavatoio, sistemato all’aperto, dove l’acqua gelida e l’aria pungente del mattino, toglievano gli ultimi residui della notte, dai nostri volti

Eravamo in preda ad un’euforia incontenibile, sfogata a stento, nelle innumerevoli scorribande, nei paesi vicini a bordo della mia 500 io la guida voi due a turno al mio fianco.
Il tettuccio era aperto e sopra di noi un cielo blu intenso, il mangianastri sempre acceso, con quella musica che accompagnava le nostre giornate spensierate.
Anche adesso, mentre sto scrivendo, se chiudo gli occhi, rivedo ancora quella strada in discesa verso Urbe.
Il rumore del motore, la musica, il profumo dell’erba appena tagliata, le nostre risate.
I nostri vent’anni!
Scoprimmo, che non era poi tanto facile, organizzare la vita domestica.
All’inizio di quella nostra vacanza, fummo vittime di un incauto acquisto, comprammo una quantità esagerata di salsiccia!
Dopo quattro giorni, il nostro menù comprendeva ancora quel tipo di insaccato!
Ogni pezzo, doveva essere tagliato a metà, per far sì che cuocesse uniformemente.
Dopo l’ennesima cottura veniva la nausea a sentire l’odore di quella salsiccia!
Facemmo felice Zingara, con l’ultimo bel pezzo rimasto.
Finito di pranzare, dopo il caffè, si faceva a turno per lavare i piatti.
Mentre gli altri due tranquillamente seduti sull’erba sotto casa, si fumavano una sigaretta.
Il fine pranzo era allietato dal budino, lasciato raffreddare sulla piana del balcone.
I servizi igienici, erano in una costruzione di legno, nei pressi della casa, ma noi preferivamo il bosco, dove ognuno di noi aveva la sua zona, da dove poi sbucavamo dopo qualche minuto con l’aria soddisfatta.
E con il rotolo di carta in mano.
A volte questa cerimonia, era fatta in contemporanea, tutti e tre insieme ci appartavamo, per espletare i nostri bisogni corporali.
Al termine, i prodotti erano messi al voto, secondo precisi parametri.

Giocavamo spesso a pallone, in prossimità di quel bosco, evitando però di indirizzare il tiro verso gli alberi…….
Le nostre giornate, trascorrevano veloci, come veloci passarono quei giorni e quegli anni.
A spasso con la 500, ispezionammo tutte le strade e le viuzze delle borgate vicine.
Durante questi viaggi, si cantavano le canzoni di De Andrè, Battisti, Baglioni.
Vista la relativa vicinanza ad Acqui Terme, organizzammo una spedizione in direzione di quella città, per andare a ballare al Palladium, ma tutti i nostri buoni propositi, di conquiste femminili, furono drasticamente ridimensionati dagli innumerevoli rifiuti di ballo, ricevuti in quell’occasione.
Solo Giorgio riuscì a ballare.
In estate i paesi del Lurbasco si ravvivavano con feste patronali e sagre, ricordo in una festa campestre, la gara di lancio, con sputo dei semi di anguria, a cui partecipammo.
Alla sera, le feste erano allietate dall’immancabile orchestra di ballo liscio.
Noi si andava a chiedere il ballo alle ragazze, che erano tutte ben vestite e curate per l’occasione.
A differenza delle ragazze cittadine, loro non rifiutavano di ballare.
Il rientro a tarda ora, con il buio, le curve della strada, il canto dei grilli nei prati e quel cielo così intensamente stellato.
Quando si rincasava, arrivati a salire le scale, le parole erano sussurrate, per non svegliare i nonni

Non mancavano i pranzi al sacco, panini col salame, birra e niente piatti da lavare!
Furono giorni felici, spensierati, ma la mia vita presto sarebbe cambiata.
Telefonando a casa, mi informarono dell’arrivo del cartolina percetto, per la partenza militare.
Meno di un mese mi separava da quel giorno.
Ormai quei giorni di vacanza stavano finendo e anche quell’estate, con i primi temporali, stava volgendo il termine.
Il mangianastri acceso, quella musica, durante il viaggio di ritorno, verso casa.
Oggi guardando quelle foto, che abbiamo scattato durante quei giorni, rivedo i nostri volti e per ogni foto una sensazione un’emozione vissuta insieme.
Ho scritto questo racconto a ricordo di Giorgio, amico mio, non solo in quella lontanissima estate, ma compagno di gioventù, insieme con noi negli anni più belli delle nostre vite.

Ho scritto queste righe qualche anno fa, con Enzo è stato come tornare indietro, rivederti ancora insieme con noi in quei momenti in quell’estate.
Abbiamo ricordato quelle giornate, trascorse con te, lo abbiamo fatto solo per noi tre perché quelle sensazioni, quelle emozioni che abbiamo vissuto, insieme non si possono descrivere su un pezzo di carta.
Fanno parte delle nostre vite e resteranno per sempre nel profondo del nostro cuore.
Ti vogliamo ringraziare Giorgio per tutto questo, per tutti quei momenti trascorsi insieme, quelli furono gli anni più belli della nostra vita e tu eri insieme con noi.
Ciao Giorgio





