L’Este’ de Carlin

Carlin era il più piccolo dei fratelli, ma si capiva che era speciale.

I due fratelli maggiori, che se chiudo gli occhi rivedo, di tutt’altra pasta, erano fatti.

Dicevano che prendevano tante botte, ogni sera quando il papà rincasava.

Era uno di quelli uomini, molti Bergamaschi, i minatori che stavano costruendo l’autostrada.

Ubriachi per poter resistere a scavar dentro quei buchi, con la polvere nei denti e le ossa squassate dai barramine.

Dopo il lampo della dinamite, si giocavano ogni giorno la pelle.

A star sotto quelle rocce appese per un filo.

Il Capo Avanzamento era il primo che entrava e poi dopo l’ok entravano gli altri.

Quel giorno non aveva visto quella spaccatura

E così avvenne il crollo improvviso mortale.

Non si può morire così a due giorni dalla pensione!

Il Capo partecipò al recupero del povero operaio.

Poi sparì nessuno sa dove.

Suicida o gettato da chissà chi, in una cassaforma.

Arrivò la mamma di corsa a chiamar i tre figli

Era successo qualcosa tra Varazze e Celle.

Mi ricordo quei ragazzini pensarono a quel papà manesco.

Ma che portava lo stipendio tutti i mesi.

Andò bene fu solo sfiorato dal crollo.

Ritardo’ a rincasare e quella sera forse non alzò le mani.

Storie dimenticate di gente comune.

Sul campetto a gambe nude sporche di sangue e terra giocavano interminabili partite e lui Carlino il migliore di tutti.

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