
Ai piedi del Colle di San Donato, dove il Teiro è sbarrato dalla Ciusa da Fabrica, gli edifici di questa ex zona industriale, sono tutti nascosti alla vista dai vegetali.
Lelua anche nella Grangia.
Questo grande monumento di rilevanza storica, del XII secolo o poco più, fu costruito dai Cistercensi.
A riprova dell’importanza in antichità, di questa zona della nostra città
Dai Munaghi Gianchi, era adibita a magazzino, ma qui risiedeva anche l’autorità che governava le attività agricole e industriali, dei monaci Cistercensi
Caduta in disuso e in disgrazia, al suo interno furono costruite delle vasche per la produzione del sapone, effettuata nella adiacente Savunea.
Un’incendio distrusse la copertura.
La Grangia Cistercense, conosciuta dagli storici locali, ma da pochi miei concittadini, vista veramente dal vero.
Con quel grande arco del suo portale, unica pregevole opera di architettura della nostra città.
Reso praticamente invisibile dalle piante rampicanti
Oggi la Grangia è abbandonata all’incuria dell’uomo e al degrado del tempo
Ma la Lelua, che soffoca gli alberi, per nostra non meritata fortunata, trattiene le strutture in pietra, mattoni e calce.
L’ingresso è interdetto, ma con un ampio giro, si può entrare dall’alveo del Teiro.
Si passa davanti a Savunea, conquistata dai rampicanti.
In questo opificio esercitavano l’attività di marmisti, i fratelli Regnasco
Animali del bosco razzolano fra le mura della Grangia
Discreti gli abbandoni di rifiuti, una scena emblematica del degrado ambientale e culturale della nostra città.
In altre realtà dove è forte il rispetto della propria Storia locale, che non deve essere sempre e solo religiosa, ma anche e sopratutto quella della vita reale, del lavoro, questi ex edifici industriali sarebbero stati manutenuti e valorizzati.
Ci sono finanziamenti per far tutto, possibile che non esista niente per l’archeologia industriale della nostra città?
Prendo in prestito una bella frase di Cognetti
Che cosa c’è lì, dove tutti sono andati via?” Un amore che nessuno si ricorda”. Servono libri che mettano in salvo quell’amore”
Grazie ad un’uomo geniale abbiamo questo libro!
Quello di Lorenzo Arecco “Gli Opifici ad Acqua nella Valle del Teiro” una meritevole opera che ha messo in salvo la memoria del Sciu da Teiru e da cui ho preso spunto per questo articolo.
Grazie Lorenzo!
Questo testo che parla dell’immensa mole di lavoro, che era propria del Sciu da Teiru, dovrebbe diventar libro di testo per le nostre scuole!
Un libro che fa pensare a quella moltitudine di operai, che a pochi metri dalle proprie abitazioni traevano sostentamento.
Ragazzini a caricar carbone nella Cornovaglia, du Muin a Vapure, uomini bestie da lavoro, a scaricar corbe de sansa, strassi unti de grassu, sacchi de soda pe fo u savun.
Uomini alle prese con la grande ruota fatta ruotare dall’acqua del Beo du Pasciu che dopo aver azionato ruote dentate e pulegge sotto San Donato, continuava per altri servizi, fino ad arrivate al mulino Valle nei pressi dell’Assunta.
Gente laboriosa, ma anche geniale, visitando questi ex opifici, penso a chissà quante soluzioni tecniche, migliorie, modifiche apportate nel tempo dall’esperienza o da innovazioni specifiche per ogni tipo di attività, sono state effettuate con alterne fortune in questi opifici.
Magari un tempo anche segreti industriali, tramandati da padre ai figli, che si celano ancora fra questi impianti, marsi da ruse, ingugii da lelua, ruvei e pin de rumenta.
Ancora le parole di Gognetti
Che cosa c’è lì, dove tutti sono andati via?” Un amore che nessuno si ricorda”. Servono libri che mettano in salvo quell’amore”
Servono uomini di buona volontà
Sarebbe bello poter, con le dovute precauzioni, visitare l’interno di questi locali, ma bisogna accontentarsi di guardar le cose da una finestra o attraverso la breccia di un muro.
E vietato visitare la zona degli opifici du Muin a Vapure e consiglio vivamente di non oltrepassare la zona interdetta per il serio e concreto pericolo di crolli.





