Una Piccola Storia

È una piccola storia…. forse neanche si doveva scriverla.

Rimasta lì, appesa per tanto tempo, nella mente di chi poi un giorno, me l’ha raccontata.

Oggi più nessuno la ricorda.

Lei fece parlar molto in quel paesino, quando arrivò, in sposa ad un compaesano.

Lui diceva che l’aveva conosciuta in riviera, in quel bellissimo locale davanti al mare di Varazze.

Ma per gelosia o per dispetto alcuni, non proprio degli amici, dissero che nei caruggi di Genova, frotte di uomini rimpiangevano la sua partenza.

Il solito, per vanteria di sapere cose più del diavolo, disse che era stata l’amante del duce.

In quel grand hotel di Arenzano.

Bigotte e zitelle andarono nella chiesa di quella piccola borgata aggrapata al monte.

“Padre ci aiuti a tener lontano da noi il peccato!”

Un uomo di fede con la tonaca, mai vorrebbe una pecora nera nel suo gregge.

E allora quel prete per il quieto vivere le parlò, non chiedendole del suo passato, ma di stare attenta al suo futuro lì in mezzo a quei monti

Abituata alla città come poteva accettare una vita di fatica e di disagi?

Ma lei sapeva di esser cosa poco gradita, testa dura e cocciuta, seguì chi le faceva battere il cuore.

Aveva conosciuto in una città di mare, quell’uomo, già con qualche capello bianco.

Ogni mese lui portava un carico di legna e poi andava nella casa chiusa a cercar di lei.

Capitava alla domenica, il suo giorno di libertà, la portava in giro con il calesse e quel cavallo bianco.

In una stradina persa fra grandi pini, con il canto delle cicale, sospesa sopra il blu del mare.

Gli raccontava di una verde valle, dei suoi alberi, di una grande casa che sarebbe diventata sua.

E poi la faceva tanto ridere, quando raccontava delle storielle, forse inventate, solo per avere il suo sorriso.

E così lascio quella vita di facili costumi, lui pago’ la madama e si portò via quella ragazza.

Accorsero anche dai paesi vicini, per veder quella poco di buono sposar lo scapolone del paese!

Pero’ era bello vederli sorridenti passar con quel calesse, come in un famoso film americano.

Nel dopoguerra la vita era ancora grama nei boschi e nei campi.

Ma c’era una gran voglia di una vita migliore e si sognava a guardare quel film arrivato dall’America

Poi le cose precipitarono il ferro si sostituì al legno.

Non volevano più le tavole che lui portava ogni mese.

In questi casi c’è chi cambia mestiere o emigra.

Ma anche chi si dispera.

Vendette quel calesse e il cavallo bianco.

Annego’ la sua vita prima nel vino e poi in un fiume.

Lo riportarono a casa, ma non c’era più niente da fare, questione di ore disse il dottore.

Era un uomo forte, il suo calvario duro’ per un mese intero.

La morfina alleviava il tremendo male che aveva, ma non durava tanto.

I suoi lamenti riempivano di dolore quella grande casa.

Lei era lì sempre accanto al suo uomo, notte e giorno.

Il primo ad arrivare fu il prete, le disse di andare a riposare, sarebbe rimasto lui a vegliare.

Ma poi altri uomini e donne si prestarono a dare una mano a quella povera disgraziata.

Anche solo per una parola buona.

Rimasta vedova fu da molti richiesta in sposa

Fu moglie per molti ma solo per una notte.

Per fame e per non esser sola, con i ricordi, in quella grande casa.

Poi un giorno lasciò per sempre quei monti.

Dove sarà andata e dove oggi si può portare un fiore, se ne è persa memoria

Più nessuno conosce questa piccola storia dei nostri monti

Che forse neanche si doveva scriverla.

Francesco Baggetti

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