A Minea de Teccio Grep o di Pian dei Corsi

Negli anni sono stati molti i misteri, le favole le balle madornali, raccontate su l’ex base militare dei Pian dei Corsi

Sono con Francesco Canepa, stiamo salendo lungo la statale del Melogno, la nostra giornata non sarà finalizzata alla sola visita dell’ex base americana.

Tutto il monte dei Pian dei Corsi faceva parte di un grande insediamento militare americano

I racconti degli abitanti, ma soprattutto le testimonianze di chi ha lavorato nella base fanno pensare che quegli edifici costruiti a Pian dei Corsi, siano la classica punta di un’iceberg.

Cosa nasconde il ventre di questa montagna?

Probabilmente solo un bunker poi cementato.

E quella vecchia miniera del Teccio Grep o di Pian dei Corsi?

Ma partiamo dal mistero, insoluto per decenni, noto a Finale e dintorni

Quello degli automezzi militari, che transitavano in direzione del Melogno e sparivano nelle viscere delle montagne.

Il quesito è stato risolto, quando nel 2014, fu resa pubblica, a seguito di un’esplorazione nelle viscere del Settepani, l’esistenza di una vasta rete di cunicoli e di grandi locali, scavati sotto la base italiana che dista circa 3 km da quella americana di Pian dei Corsi

Quegli autocarri erano quindi destinati alla base italiana, dove gli americani avevano un deposito di cosa non è dato sapere.

Svelato questo primo mistero, venne meno anche l’ipotesi di rampe di lancio di missili balistici, con testate nucleari!

A seguito di quel sopralluogo, le bufale leggende o teorie strampalate, sulla base del Monte Settepani, furono smentite definitivamente.

Ma ad oggi a Pian dei Corsi accade il contrario.

Sono molti gli interrogativi al cospetto di queste opere militari.

E quella miniera di grafite abbandonata, poteva essere collegata alla soprastante base?

Con Francesco seguiamo il percorso di alcuni cippi che indicano il percorso interrato della tubazione, dei cavi elettrici e della linea telefonica per l’approvvigionamento idrico della base di Pian dei Corsi

Con buona approssimazione dopo aver raggiunto la sorgente a poca distanza dovrebbe esserci la miniera.

Il percorso della tubazione è molto acclive, sempre contrassegnato da cippi in cemento con placca metallica, attraversa un bosco, ma stranamente questa zona di rispetto è stata negli anni sempre ben mantenuta libera da alberi e arbusti

Come mai questa cura se la base è chiusa dal 1992?

Seguendo quel tracciato si arriva ad una grande strada sterrata.

Perché questa enorme carreggiata?

In alcuni tratti la larghezza è non meno di cinque metri.

Lo scenario è quello di una bellissima secolare faggeta, numerosi gli accumuli di pietre, che testimoniano anche qua la destinazione in passato per uso fienagione di questo versante del Pian dei Corsi.

La viabilità scende verso il fondo valle con moderata pendenza e comprende tubazioni in cemento anche in corrispondenza di piccoli corsi d’acqua.

In un tratto pianeggiante, si biforca in un’altra strada

A ogni curva un grande spazio di manovra.

Franceso consulta le mappe digitali individua le due strade che scendendo verso il fondo valle, raggiungono le località di Cravarezza e Carbuta.

Quei camion si disperdevano anche lungo queste due viabilità?

Erano eventuali via di fuga?

La strada dalle generose proporzioni a tratti con l’originale sedime in ghiaia continua sempre con una pendenza regolare.

Arriviamo ad una curva, dove una diramazione, conduce alla stazione pompante per l’approvvigionamento idrico della base americana.

L’opera di presa è circondata da un recinto alto circa tre metri, con relativo filo spinato sommitale.

Un limite ancora oggi perfettamente invalicabile, se non fosse per un varco creato a seguito di uno smottamento.

All’interno di una piccola costruzione seminterrata, ci sono due vasche una di decantazione e l’altra di aspirazione per le pompe multistadio, ancora presenti e potenzialmente efficenti, che dovevano vincere la contropressione di circa 20 bar, per pompare l’acqua al soprastante serbatoio di accumulo all’interno della base di Pian dei Corsi.

Completano questo locale il quadro elettrico e un telefono.

La presenza di un grande masso dalla forma appiattita e di altre pietre impilate dall’uomo fanno pensare ad un’antichissima frequentazione umana di questa sorgente.

Lì vicino una seconda vasca che era probabilmente funzionale all’attività estrattiva della miniera

Proseguiamo verso Teccio Grep il nome di una cascina che compare all’improvviso tra la vegetazione.

La strada in questo punto è stata completamente cancellata da un grande smottamento ancora attivo.

Eccolo l’ingresso della miniera!

Quasi completamente occluso da uno smottamento.

Stranamente la bocca d’entrata si trova ad un livello molto più basso rispetto al piano viario, praticamente un pozzo in cui è impossibile entrare.

E’ stato formato un terrapieno davanti all’ingresso della miniera lasciando comunque una parziale apertura.

Senza il suo naturale sbocco la miniera a questo punto sarà completamente allagata

Grazie ad una pianta in scala, di questo sito estrattivo possiamo immaginare, a grandi linee, come poteva essere questo luogo quando era in attività.

L’ingresso della miniera era a piano del piazzale dove era installato un compressore per i martelli demolitori, da qui partiva anche una teleferica che trasportava il minerale verso un altro mezzo di trasporto che partiva in direzione del Melogno per essere lavorato nel basso Piemonte Arriviamo al cospetto di alcune costruzioni dirute, una era la direzione lavori nelle altre due erano ospitati gli opifici, adibiti alla lavorazione e al cofezionamento del minerale.

Un’edificio diruto attrae la nostra curiosità con quei grandi contrafforti in cemento armato opere murarie evidentemente costruite in tempi più recenti.

Forse era la Santa Barbara in essa erano depositati gli esplosivi.

E poi una curiosità, con quel telaio, ultimo pezzo di una Lambretta, arrivata fin qua con le sue ruote e poi depredata delle sue parti.

La miniera come per altri siti estrattivi è stata chiusa negli anni 50, anche a seguito delle sacrosante nuove norme antinfortunistiche e di igiene sul lavoro per la salvaguardia della salute dei lavoratori.

I minatori bestie da lavoro, al buio nelle viscere della terra a respirar polvere per sputarla poi mista a sangue.

Nello mi ha raccontato del suo primo giorno di lavoro, nello scavo di una galleria.

Un vecchio minatore gli disse di tenere sempre d’occhio il tubo che portava l’aria compressa e di mantenerlo protetto sotto terra, perché se erano sopravvissuti ad un crollo, l’unico contatto con l’esterno era quel tubo, da dove poteva arrivare anche acqua e cibo.

Poi capito’ a lui, rimasero isolati per qualche giorno, dentro una galleria a causa di un crollo.

E con quella tubazione dell’aria riuscirono a comunicare con l’esterno.

Mi raccontò delle sue crisi di panico, di quel lavoro pesante pericoloso infame, della perdita di alcuni suoi compagni e del vino unico conforto come una droga per sopportare quella vita grama.

A guardar la pianta della miniera con quelle lunghe gallerie, viene da pensare come saranno oggi quei cunicoli, certamente allagati qualcheduno occluso da cedimenti, ma che cosa potrebbe essere stato celato al suo interno?

Perché quella grande strada arrivava alla miniera ?

Facile dar risposte scontate banali da salotto, ma quando si è immersi in questa natura, dove sono tangibili le testimonianze di una parte di storia recente, volutamente oscurata per interessi indicibili, allora cadono le certezze e quel modo superficiale e conformista di dar giudizi, risposte avventate, banali oggi imperanti nella nostra società dove tutto non deve scuotere coscienze e far pensare.

Ringrazio Francesco per questa escursione, insieme avevamo precedentemente visitato la base di Pian dei Corsi.

Il resoconto sarà descritto in un prossimo articolo.

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